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L’attivismo di Mattarella e perchè “l’arbitro” della Costituzione sta fischiando così forte e spesso

Dal viaggio in Africa ai messaggi a insegnanti, giornalisti e politici, fino a Ilaria Salis. La destra lo accusa di fare lo sgambetto alla premier

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
La premier Meloni col presidente Mattarella (Ansa)
La premier Meloni col presidente Mattarella (Ansa)

I manganelli degli agenti in divisa contro i ragazzi. La scuola di Pioltello messa all’indice dal ministro dell’Istruzione perchè festeggerà la fine del Ramadan. L’elogio della libera stampa contro la dittatura del pensiero unico. Quel giudizio netto e secco sulla morte di Nalvalny: “La sua morte rappresenta la peggiore e più ingiusta conclusione di una vicenda umana e politica che ha scosso le coscienze di tutto il mondo. Per la libertà ha pagato un prezzo iniquo e inaccettabile”. E dire che intorno a lui, intanto, i leader politici balbettavano. Il j’accuse sui morti sul lavoro, a questo come ad altri governi. La telefonata a Roberto Salis, il padre di Ilaria, detenuta in ceppi a Budapest per un reato che non è stato neppure denunciato. “Farò il possibile” ha detto il Capo dello Stato. “E’ l’unico pezzo di Stato che ho sentito vicino” ha commentato il padre. “Impressionante” ha fatto sapere dal carcere  Ilaria.

L'importanza del garante della "Carta"

E’ più di una sensazione che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella stia facendo assaggiare all’opinione pubblica, senza dirlo, con poche parole e con i fatti, l’importanza e il privilegio di avere come Capo dello Stato  un arbitro dei conflitti, un vero e libero e superiore garante della Carta costituzionale. E perchè sarebbe un gran peccato dovervi rinunciare come prevede la riforma costituzionale in discussione in Commissione Affari costituzionali al Senato. Il premierato infatti, checchè ne dica la stessa premier Meloni, riduce e di parecchio il ruolo e i poteri del Capo dello Stato andando a modificare ben tre articoli della carta.

I "segnali d'allarme" si moltiplicano

Ovviamente questa è una chiave di lettura di analisti e giornalisti, in alcun modo confermata neppure in parte dal Quirinale. Come noto, il Capo dello Stato non ha commentato e mai lo farà il testo di riforma costituzionale. E però è impossibile non vedere che qualcosa è cambiato. Mattarella è sempre stato molto vigile e attento rispetto a ciò che accade ma ha sempre detto e ripetuto che il suo ruolo è quello dell’arbitro e non del giocatore. Il punto è che l’arbitro sta fischiando molto spesso nell’ultimo mese. Erano i primi di febbraio quando il Capo dello stato disse che “quando la polizia usa i manganelli contro gli studenti è sempre un fallimento”. Era successo che a Pisa (il 27 febbraio)  la polizia aveva prima chiuso in una strada stretta e senza via d’uscite una parte dei manifestanti pro Palestina e poi era stata ordinata la carica. Un macello. Meloni dapprima zitta e poi “guai a chi non tutela le nostre forze dell’ordine”. Un cortocircuito che ha impiegato dieci giorni prima di essere risolto.

Promulgare è diverso che firmare le leggi

Il Capo dello Stato ha difeso (era il 5 marzo) l’informazione libera e pluralista e ha messo in guardia dal pensiero unico. L’occasione era l’incontro al Quirinale con i vertici della Casagit e dell’Ordine professionale ma proprio in quei giorno in Parlamento prendeva forma l’ennesima legge bavaglio. Nella stessa occasione il Capo dello Stato ha voluto sottolineare come “frequentemente il presidente della Repubblica viene invocato con difformi, con diverse motivazioni. C’è chi gli si rivolge chiedendo con veemenza: ‘Non firmi questa legge perché non può condividerla, perché gravemente sbagliata’, oppure: ‘Ha firmato quella legge e quindi l'ha condivisa, l'ha approvata, l'ha fatta propria’. Il presidente della Repubblica – ha scandito Mattarella – non firma le leggi, ne firma la promulgazione, che è una cosa ben diversa”.

L'intervento sul grave caso di Ilaria Salis

Quasi ogni giorno il Capo dello Stato si spende per la prevenzione degli incidenti sul lavoro: non è possibile sdegnarsi ogni volta, cioè ogni giorno, e poi dimenticare fino al morto successivo. Il 30 marzo, ricevuta la mail del padre di Ilaria Salis, ha alzato il telefono e ci ha parlato. “Non ho molto capacità di azione ma farò il possibile” ha assicurato il Capo dello Stato. Nessuno lo aveva fatto prima, anzi il governo ha brillato per l’inerzia e le raccomandazioni: “Mi raccomando non buttatela in politica. Noi lavoriamo”. Il giudice giovedì scorso ha impiegato un minuto per dire che non c’è margine per concedere gli arresti domiciliari. Tutto questo nel paese dove Giorgia Meloni si vanta di avere “profonda amicizia con il premier Viktor Orban”. E’ chiaro che le parole del padre e della figlia Ilaria (“ringrazio il Presidente per il coinvolgimento e sono impressionata dalla telefonata in prima persona e in tempi così rapidi”) sono uno schiaffo per premier, ministri e quella diplomazia che si dice essere stata coinvolta nella trattativa.

Il Ramadan nella scuola di Pioltello

Qualche giorno prima ancora il Capo dello Stato ha scritto a Maria Rendani, la preside della scuola di Pioltello, che ha deciso la chiusura della scuola in occasione della fine del Ramadan (10 aprile). Una decisione dettata dal pragmatismo: il 50% degli allievi sono musulmani e sarebbero stati comunque tutti assenti. La decisone ha scatenato l’ira funesta del ministro Valditara, che ha scritto alla preside, al provveditore, ha minacciato nuove leggi, “che c’entra il Ramadan…”. Osservazioni in teoria anche giuste ma che denunciano come il ministro, e non solo lui, siano totalmente scollegati dalla realtà dei fatti. La preside ha scritto a Mattarella, lui ha risposto dicendo di “apprezzare molto il vostro lavoro”. Al di là del singolo episodio “in realtà di modesto rilievo”, l’elogio del capo dello Stato è andato ai docenti dell’Istituto per come svolgono “un lavoro prezioso e molto impegnativo” che cerca l’inclusione e fa i conti con le contemporanee società multietniche. A ben vedere è un sonoro schiaffo alle politiche migratorie di questo governo. Un gesto altamente politico. Come lo sono stati tutti gli altri. E qui ne abbiano dimenticati molti.

I "bastoni fra le ruote a Giorgia"

Ora, da destra hanno iniziato a dire che il Capo dello Stato fa politica, che sta “mettendo i bastoni fra le ruote a Giorgia Meloni”, titoli del tipo “Mattarella usa la Salis contro Meloni” per tacere di quando la stessa Meloni disse a Matteralla “guai mettersi contro la nostra polizia”. E infatti nessuno lo aveva fatto, meno che mai il Capo dello Stato. C’è molto nervosismo a palazzo Chigi rispetto al Colle. Ma devono prendere atto del fatto che il Presidente fa il suo mestiere. Il Quirinale non rema contro nessuno, neppure le destre. Ha sempre promulgato i disegni di legge (anche i più controversi come l’ultimo sui test alle toghe) limitandosi a qualche rilievo. La collaborazione istituzionale è massima e lo sforzo è massimo nel cercare e raccontare una storia condivisa.

In Africa per la "missione energia e cooperazione"

Mattarella è partito ieri per l’Africa. E’ il suo secondo viaggio nel Continente vista l’età e la tipologia dei viaggi. Sarà in Ghana e Costa d’Avorio. E’ già stato in Kenia, Zambia, Mozambico, Etiopia e Algeria. Questa volta è una missione dedicata a energia, sicurezza e formazione, inaugurerà i laboratori organizzati da Confindustria Alto Adriatico per formare manodopera locale. I focus del viaggio sono chiari: priorità alla cooperazione e partnership tra economie oltre che collaborazione più stretta su energia, sicurezza e formazione anche in chiave limitare i flussi migratori. E’ il migliore, più efficace, esempio di cosa vuol dire Piano Mattei per l’Africa. Il testimonial d’eccezione è Mattarella. I beneficiari sono  Giorgia Meloni e il governo. Dunque l’arbitro fischia non perchè sia contro qualcuno o qualcosa ma perché vede falli in continuazione. E ricorda che sono falli.  

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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