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Marta Cartabia prima premier donna? I precedenti delle esploratrici Iotti e Casellati

Quello dell'ex presidente della Corte Costituzionale è il nome più gettonato. La costituzionalista lombarda è un perfetto “punto di caduta” nell’attuale Parlamento.

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Marta Cartabia prima premier donna? I precedenti delle esploratrici Iotti e Casellati
Marta Cartabia è stata presidente della Corte Costituzionale (Foto Ansa)

La prima volta che si è fatto il suo nome per la presidenza della Repubblica è stata nel 2015. E non se ne fece nulla. La seconda volta che si è fatto il suo nome per la presidenza del Consiglio è stata nel 2019. E non se ne fece nulla. Ma in questa crisi, davvero, se si uscisse dall’ipotesi del Conte ter e da un premier espresso dai partiti dell’attuale maggioranza (Fico, Di Maio, Gentiloni, Guerini, Franceschini, Patuanelli i nomi circolati), il nome più gettonato di tutti è quello di Marta Cartabia, ex presidente della Corte Costituzionale che potrebbe essere il primo presidente del Consiglio dei ministri donna della storia d’Italia.

Del resto, Marta Cartabia, ha una storia di “prime volte”: prima presidente della Corte Costituzionale donna della storia della Repubblica Italiana che – ricordiamocelo – è la quarta carica dello Stato, una che siede davanti allo stesso presidente del Consiglio nelle cerimonie ufficiali, dietro solamente al Capo dello Stato e ai due presidenti delle Camere. E anche i bookmakers la danno in pole position per la corsa al Quirinale della prossima primavera, dopo l’indisponibilità di Sergio Mattarella a ricandidarsi.

La costituzionalista lombarda è un perfetto “punto di caduta” nell’attuale Parlamento, dove il MoVimento Cinque Stelle ha la maggioranza, ma non sembra disposto a votare un candidato presidente della Repubblica del Pd, né tantomeno del centrodestra. E, per gli stessi motivi, gli altri non voterebbero Giuseppe Conte come Capo dello Stato che sarebbe invece gradito ai grandi elettori pentastellati.

Marta Cartabia ha dimostrato nel suo periodo alla Consulta grande equilibrio e terzietà, la sua non è stata una presidenza “di parte” e allo stesso modo è apprezzata dal centrodestra in quanto cattolica vicina a Comunione e Liberazione, non certo organica al movimento ecclesiale, ma comunque profonda studiosa di don Giussani e della sua dottrina.

Del resto, la professoressa Cartabia ha un curriculum da “enfant prodige” in tutti i campi in cui è stata impegnata: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l’ha nominata giudice costituzionale a 48 anni, è diventata presidente della Consulta a 56, una dei più giovani presidenti della storia, e oggi a 58 sarebbe uno dei più giovani presidenti della Repubblica.

Nel frattempo, però, in attesa della primavera del 2022, Marta Cartabia potrebbe “allenarsi” a Palazzo Chigi, qualora prendessero forma tre tipi di governi: o l’esecutivo “Ursula” con la stessa maggioranza che ha votato la presidente della commissione Ue, dai Cinque Stelle a Forza Italia; o un governo istituzionale con dentro tutti e un profilo alto e tecnico; o ancora un esecutivo che accompagni il Paese a un appuntamento elettorale gestendo anche il programma Next Generation UE.

Insomma, dopo Tina Anselmi, prima donna ministro della Repubblica, alla Sanità nel 1978, dopo Nilde Iotti, prima donna presidente della Camera dei deputati (poi seguita sullo scranno più alto di Montecitorio da Laura Boldrini) e infine dopo Maria Elisabetta Alberti Casellati, prima donna presidente del Senato e seconda carica dello Stato, Marta Cartabia potrebbe segnare un nuovo spartiacque “di genere” nella storia d’Italia, esattamente come l’ha già fatto alla Consulta.

Ma due delle figure che abbiamo appena citato sono state già protagoniste in passato di un ruolo attivo nelle consultazioni, non come presidente del Consiglio incaricato, ma per un “mandato esplorativo” portato avanti su incarico del presidente della Repubblica: Nilde Iotti e Elisabetta Casellati.

E qui vale la pena di raccontare bene cos’è il “mandato esplorativo” che non è un mandato pieno a formare il governo, come spiegò bene, nel momento della crisi di un governo Segni, il presidente del Senato Cesare Merzagora che per primo ebbe l’incarico esplorativo nel 1957 dall’allora presidente della Repubblica Giovanni Gronchi. L’incarico non andò a buon fine, come quelli di altri presidenti del Senato: Amintore Fanfani nel 1969; Giovanni Spagnolli nel 1974, che però aiutò a sminare la crisi; Tommaso Morlino nel 1983; Giovanni Spadolini nel 1989 e Franco Marini nel 2008, la prima volta del ritorno di questa figura nella seconda Repubblica, poi replicato con Elisabetta Casellati, come vedremo.  Andò invece bene di nuovo ad Amintore Fanfani, ancora presidente del Senato nel 1986, la cui esplorazione diede il là al secondo governo di Bettino Craxi.

Quattro volte toccò invece al presidente della Camera affrontare l’esplorazione, cioè il compito di sminare il campo di gioco: Giovanni Leone nel 1960 e Nilde Iotti nell’87 non portarono a casa il risultato; Roberto Fico nel 2018 annunciò il successo, che però tale non era, come racconteremo, mentre Sandro Pertini nel 1968 portò a casa il risultato con la nascita di un governo Rumor.

E, visto che siamo in vena di storia, vale la pena anche di raccontare tutti i presidenti del Consiglio dei ministri incaricati (o pre-incaricati, come successe a Pierluigi Bersani nel 2013 che ebbe un mandato vincolato ai numeri da Giorgio Napolitano, un caso forse analogo a quello per il Conte-ter odierno) dai presidenti della Repubblica che non riuscirono nell’impresa di formare un governo: Francesco Saverio Nitti, Attilio Piccioni, Antonio Segni, due volte Aldo Moro, tre volte Mariano Rumor, cinque volte Giulio Andreotti (recordman di questa speciale classifica, esattamente come lo è di governi effettivamente nati, che sono sette), Emilio Colombo, Amintore Fanfani, Ugo La Malfa, Bettino Craxi, Filippo Maria Pandolfi, Arnaldo Forlani, Oscar Luigi Scalfaro, Antonio Maccanico, per l’appunto Bersani, Giuseppe Conte nel suo primissimo tentativo dopo le elezioni del 2018 e, per qualche giorno, sempre in quella crisi, Carlo Cottarelli, quasi un’”esca” di Mattarella per poi far nascere il governo gialloverde con Conte per la prima volta a Palazzo Chigi.

Ma per chiudere questa storia ripartiamo da dove avevamo cominciato: le donne. Perché, in attesa di vedere se Marta Cartabia sarà la prima presidente del Consiglio incaricata e la prima presidente del Consiglio donna della storia repubblicana, nel 1987 Nilde Iotti fu protagonista di una doppia “prima volta”: la prima donna a ricevere un mandato esplorativo dal presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che scelse lei in ossequio all’alternanza con il presidente del Senato Amintore Fanfani a cui era stato affidato l’anno prima il mandato esplorativo che portò alla nascita del secondo governo di Bettino Craxi, che era in crisi nel momento del mandato esplorativo alla presidente della Camera.

Ma Nilde Iotti fu anche la prima esponente del Partito comunista italiano ad andare vicino a Palazzo Chigi, circostanza per cui si sarebbero dovuti aspettare altri undici anni quando Massimo D’Alema diventò nel 1998 il primo premier proveniente dal Pci. Per i primi ministri “d’area” invece occorreva aspettare il 1992 e il governo Ciampi da cui però i ministri del Pds si dimisero nove ore dopo il giuramento in polemica contro le mancate autorizzazioni a procedere nei confronti di Craxi. E invece i primi ministri di storia comunista arrivarono nel 1996 con il primo governo di Romano Prodi.

Insomma, il mandato esplorativo conferito da Cossiga a Nilde Iotti fece la storia. Storia che restò senza un’altra figura femminile con analogo incarico fino al 18 aprile 2018 quando Sergio Mattarella, dopo un giro di consultazioni infruttuose, chiamò al Colle la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati per verificare la possibilità di un’alleanza fra il centrodestra e il MoVimento Cinque Stelle. Ma non se ne fece nulla e al termine della scadenza che le era stata data dal Capo dello Stato, due giorni dopo, la presidente Casellati salì nuovamente sul Colle ad informare il presidente Mattarella che la fumata era nera.

Altri tre giorni e Mattarella diede un nuovo mandato esplorativo, questa volta al presidente della Camera Roberto Fico, anche stavolta con un incarico ben preciso: verificare se era possibile una maggioranza fra centrosinistra e MoVimento Cinque Stelle. Il 26 aprile, dopo 72 ore, Fico annunciò che il mandato era concluso positivamente e lo stesso Luigi Di Maio esultò: “E’ il primo mandato esplorativo terminato con successo nella seconda Repubblica”. E, visto che fino a quel momento, tranne il Marini del 2008 e la Casellati di qualche giorno prima, non c’erano stati altri esploratori, non era proprio un annuncio epocale.

Ma, in verità, la settimana successiva il Pd votò un mandato completamente diverso – smentendo l’esito positivo annunciato da Fico qualche giorno prima -  e poi la storia ha portato al governo gialloverde e poi a quello giallorosso. E oggi a Marta Cartabia, quotatissima dai bookmaker. Prima per Palazzo Chigi e poi per il Quirinale.

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
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