Manovra, errori fino alla fine. La maggioranza vuole subito una norma per lo scudo penale - I retroscena
Il via libera è arrivato alle sette del mattino. Due correzioni dopo che era già stata votata la fiducia. Tutta colpa, si dice, del fax. Giorgetti: “E’ solo un po’ di turbolenza come quando un aereo atterra”. Ma Mollicone (Fdi) accusa Giorgetti: “ I tecnici del ministero non ci hanno aiutato”

E’andata meglio la “fiducia” della “manovra”. Sui numeri, s’intende. Ma è solo una questione di resistenza fisica. Perchè ieri sera alle 20 l’aula era quasi al gran completo: 380 presenti, 221 hanno votato la fiducia, 152 i contrari. Alle sette di stamani, dopo una seduta fiume durata tutta la notte senza pause, qualcuno ha ceduto al sonno e veramente con la seduta fiume i voti a favore sono stati 197 e 129 quelli contrari, un centinaio di voti in meno. Il 27 mattina sarà al Senato per un’approvazione lampo: palazzo Chigi è sicuro di poter archiviare la legge di bilancio già la sera del 28.
In modo che la premier Giorgia Meloni possa presentarsi il 29 mattina alla conferenza stampa di fine anno con la stampa avendo il testo approvato. Lo scorso anno Meloni aveva accusato Mario Draghi di averla fatta senza avere ancora l’approvazione in tasca. Certo questa fretta ha un prezzo di cui possiamo avere contezza solo in piccola parte tale e tanto è il caos che accompagna i 170 articoli delle legge più importante dello Stato. Sono stati giorni segnati da colpi di scena, errori, correzioni, sbagli formali e altri sostanziali come i 44 punti che l’altro giorno la Ragioneria ha rimandato indietro perchè non avevavao copertura. L’ultimo stanotte: dopo il voto di fiducia e mentre il consiglio dei ministri aveva già approvato la necessaria Nota di variazione del bilancio, la Ragioneria si è accorta di altri due errori nelle Tabelle che sono stati corretti quindi dopo la fiducia. Formalmente ci sarebbe stato da far saltare il banco. Le opposizioni si sono limitate a denunciare con durezza lo sgarbo. Ma l’alternativa sarebbe stata passare il giorno di Natale in aula. E quindi il malumore e le denunce si sono fermate lì.
Giorgetti la Sfinge
Lo chiama così il presidente dell’aula Giorgio Mulè (su cui poi diremo a parte perchè ha gestito la nottata con metodo, ironia e rigore). Il ministro dell’economia è rimasto in aula, seduto ai banchi del governo quasi sempre, sostituito per qualche ora nelle fase delle votazioni degli ordini del giorno dal sottosegretario all’Economia Laura Albano (Fratelli d’Italia) e dal sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Matilde Siracusano (Fi). Più volte, nei vari passaggi contestati, Roberto Giachetti e Luigi Marattin (entrambi del Terzo Polo) lo provocano cogliendo gesti di disappunto nell’espressione del ministro.
“Ministro, siamo tutti qui, se c’è qualcosa che non va meglio dirla adesso…”. Una trappola a cui Giorgetti non abbocca. E continua a fare facce disappunto restando muto. Mulè lascia fare, nel senso che se il ministro volesse replicare, prego di accomodi. “Niente, nulla da fare, il ministro è una Sfinge…”. E quando i giornalisti lo intercettano in Transatlantico, il titolare del Mef usa una delle sue metafore: “Sapete, io e Gilberto (Pichetto Fratin, titolare ambiente, accanto a lui) abbiamo complessivamente 50 anni di manovre bilancio in due. Ne abbiano viste di tutti i colori e non ci impressioniamo. È come stare su un aereo quando c’è turbolenza, l'importante è atterrare”. La metafora racconta bene anche le ultime ore dell’assai turbolento viaggio delle legge di bilancio tormentato da imprevisti anche ben prima di iniziare l’atterraggio.
Le due modifiche dopo l’approvazione
Ma restiamo alle ultime ore. Villa Verdi, ad esempio, punto d’onore per il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano. L’emendamento per inserire la Carta cultura giovani nei giorni scorsi aveva di fatto escluso i fondi per l'acquisto di Villa Verdi da parte dello Stato, per la cui salvezza un mese fa si era impegnato il ministro Gennaro Sangiuliano. Un errore, una svista, un ripensamento, non è chiaro. “La modifica è arrivata via fax all’indirizzo sbagliato” si prova a giustificare ad un certo punto. Il fax: non ci si crede. Quando è troppo è troppo.
Fatto sta che il governo, a ridosso della maratona notturna in Aula, ha inserito la residenza che fu del compositore fra le esigenze indifferibili: così sono stati spostati 20 milioni di euro dal fondo del ministero dell'Economia a quello della Cultura, modificando una delle tabelle allegate al provvedimento da 35 miliardi di euro complessivi.
“Una forzatura” hanno protestato le opposizioni, anche perché su Villa Verdi “era già stato discusso un emendamento in commissione”. È solo l'ultima di varie retromarce e correzioni in corsa. Come per il refuso che eliminava il tetto al contante assieme alla norma sul Pos. O l'emendamento da quasi mezzo miliardo per i Comuni, senza copertura, che dopo i rilievi della Ragioneria di Stato ha costretto a un passaggio supplementare in commissione Bilancio per lo stralcio.
Oltre a quella per Villa Verdi, c’è stata una seconda modifica alle tabelle giunta dopo il voto di fiducia: quella che stanzia 400mila euro (sempre risorse dell'esecutivo) per contrastare la peste suina in Piemonte, su cui in commissione non si era trovato l'accordo politico per usare il fondo parlamentare (detto “fondino”). La svolta, raccontano le opposizioni, è arrivata per il pressing di Lega e FdI, ed è stata tradotta in due emendamenti del governo alle tabelle approvati tra i fischi in aula dopo la fiducia.
I conti restano in ordine
Sfinge o meno, il merito di Giorgetti è di aver tenuto i conti in ordine. E seguito il solco indicato da Draghi senza cedere alle richieste pressanti di chi arriva finalmente al governo e, semplicemente, batte cassa. Nel complesso è una buona manovra perchè 2/3 del valore, 21 miliardi su 35, sono stati blindati nelle misure contro il caro energia e l’inflazione. Misure corrette e giuste se tutto sommato la nostra economia ha tenuto e mostra segnali di ottimismo mettendo un po’ in ombra lo spettro delle recessione. La disputa politica infatti ha riguardato altro, quelle misure che posono essere definite identitarie. Come l'avvio del taglio del reddito di cittadinanza per le persone occupabili tra il 18 ed i 59 anni: l'anno prossimo sara' erogato per 7 mesi prima di venire rimodulato a partire dal 2024. Ma anche alcune misure come quella - prima portata avanti e poi stralciata in Commissione - sul tetto a 60 euro per gli esercenti per rifiutare i pagamenti con il Pos.
Per non parlare degli undici condoni e delle misure sui contanti. Il governo e la maggioranza parlano di un provvedimento basato sulla “prudenza”, con un ricorso contenuto a nuovo deficit, che mette le basi per alcune misure che danno una direzione di marcia del nuovo corso politico. Le opposizioni, con varie sfumature, giudicano invece il testo “iniquo” e “pasticciato” e valutano la maggioranza “inadeguata”. Clamorosi i 44 rilievi della Ragioneria generale dopo che il testo era già arrivato in aula. Un emendamento sul risanamento dei debiti degli enti locali è stato votato per errore e poi stralciato in Commissione perchè creava un disavanzo di ben 450 milioni di euro. Tra le novità ci sono un nuovo reddito alimentare, una nuova Carta cultura per i diciottenni ma solo con Isee fino a 35 mila euro, la rateizzazione dei debiti delle società sportive, grandi club di calcio compresi (il condono Lotito).
Altre misure riguardano il fisco, le pensioni (la minima sale a 600 euro per gli over 75), la famiglia, le infrastrutture, il Sud e la sanità che ha subito ulteriori tagli proprio nelle ultime ore. Tra gli emendamenti approvati anche norme sui mutui, con la possibilita' di rinegoziare i prestiti da tasso variabile a fisso, per gli Enti locali e a sostegno dei centri antiviolenza. Presente anche una nuova formulazione del contributo di solidarietà per gli extraprofitti che dispone vada versato solo se almeno il 75% dei ricavi 2021 è derivato dalle attività di produzione di energia elettrica, gas metano, estrazione di gas naturale, di rivendita di energia elettrica, di gas metano. “Avete deciso di togliere ai poveri e redistribuire ai ricchi” ha accusato Debora Serracchiani, capogruppo Pd.
Mollicone contro Giorgetti
L’iter di approvazione delle legge di bilancio e le misure fotografano lo stato di salute della maggioranza dopo due mesi di governo. Una fotografia che racconta di tre partiti che hanno lavorato a comportamenti stagni e condiviso poco. Un sentiment che ha serpeggiato in questi giorni, già volte è emerso ma non era mai esploso. Fino a stanotte. Quando il presidente della Commissione Cultura Federico Mollicone, al centro della gran querelle sulla Carta cultura, ha puntato il dito contro il ministro Giorgetti.
“Nelle due notti in commissione non c'era nessuno dei funzionari del Mef e della Ragioneria, dovevamo mandare delle mail con risposte che arrivavano la mattina dopo. C’è stato un caos amministrativo e non politico”. Accuse respinte al mittente. I tecnici, taglia corto Giorgetti, “hanno lavorato tanto, sono tutti stanchi”. Ancora ieri sera hanno dovuto modificare in corsa gli ennesimi errori delle Commissione. Mollicone ha parlato in chiaro.
Ma molti, specie in Fratelli d’Italia, in questi giorni si sono lamentati. Nessuno ha ammesso che probabilmente c’è stata anche molta inadeguatezza da parte degli stessi parlamentari molti dei quali esordiente e alla prima legge di bilancio della vita. Bastava un po’ di umiltà e forse tanti errori sarebbero stati evitati. Quindi non è colpa della Ragioneria anche se già si dice che “qualcuno pagherà il conto nella Ragioneria dello Stato”. E’ un fatto che la Lega stessa non parla col Mef da tre settimane. Che Giorgetti ha scelto un nuovo tecnico sula parte fiscale lasciando da parte Leo che è uomo di Meloni. E che dentro gli stessi partiti cominciano a serpeggiare delusioni e malcontenti.
Forza Italia soddisfatta
Forza Italia ha raggiunto forse più di quello che si potesse pensare: aumento delle pensioni minime; decontribuzione; la norma che aiuta le società sportive e anche i grandi club di calcio. La Lega è stata costretta a fare marcia indietro sul pos e per blindare Quota 103 ha tolto ad altri pensionati. Fratelli d’Italia, i veri padroni di casa, l’hanno punteggiata qua e là di favori e marchette. La più clamorosa è la libera caccia ai cinghiali cittadini. Merita una speciale menzione la battaglia del verde Angelo Bonelli che non ha digerito il fatto che l’emendamento- cinghiali è stato inserito in Commissione alle sei del mattino nell’unica mezz’ora in cui si era un po’ assopito.
“In questa sfida forsennata tra Fratelli d'Italia e Lega per favorire la lobby delle doppiette - ha detto Bonelli - è stato alla fine approvato l'Ordine del Giorno per declassare lo status del lupo da specie protetta. Ecco perché hanno messo nella norma approvata nella Legge Finanziaria in modo generico fauna selvatica, per declassare anche specie protette integralmente come il lupo. E non ci vengano a dire che é per favorire agricoltori e allevatori perché il lupo è l’unico predatore dei cinghiali. La maggioranza è ostaggio della lobby dei cacciatori”. Bonelli porterà la sua battaglia in Europa. Intanto mentre parlava stanotte dai banchi di Fratelli d’Italia sono volate parole pesanti: “Comunista, tossico, ubriaco”. Il presidente Mulè è dovuto intervenire per sedare la sua parte. E non è stata la prima.
La presidenza Mule’
Ha guidato l’aula con polso, equidistanza e molta ironia. Quando il governo faceva fatica sugli ordini del giorno intrecciandosi tra “rifomulazione” e “raccomandazione” e si stava profilando un’altra figuraccia per la maggioranza, Mulè con polso e ironia ha preso in mano la situazione. “Aiutati che Giachetti t’aiuta e poi qualcuno aiuterà anche me” ha detto Mulè invitando Giachetti (Iv-Terzo Polo) già pronto ad andare a nozze sull’impappinamento del governo. A volte una battuta riesce a cambiare il verso delle cose. E’ stato spesso severo con Fratelli d’Italia irrequieti e rumorosi. Ha messo a tacere l’aula quando l’onorevole Guerra (Alleanza Sinistra-Verdi) cercava di parlare (con interventi sempre molto puntuali) ma veniva interrotta da rumori di sottofondo.
A giorni tornerà lo scudo penale
Mentre i deputati lasciano l’aula, la maggioranza guarda avanti. “Lo scudo penale per i reati tributari sarà ripresentato a breve con un provvedimento ad hoc” assicurano i Fratelli d’Italia. Primo sponsor il viceministro economico Maurizio Leo (Fdi). A ruota segue un altro viceministro, l’azzurro Francesco Paolo Sisto. Meloni e Giorgetti però non sono d’accordo. Si sono aperte crepe in maggioranza in queste settimane. Non sembrano destinate a rimarginarsi. Le opposizioni non stanno meglio. L’ultima indiscrezione è che l’accordo per chiudere stamani all’alba sia il frutto di un compromesso Forza Italia-5 Stelle per chiudere sulla Commissione di Vigilanza Rai. In favore di una presidenza 5 Stelle.