Maggioranza in ordine sparso su tutto, da giustizia a sicurezza. Meloni: "Bastoni tra le ruote su tutto"

La premier “perde” il Csm. Vincono Lega e Forza Italia. Fuga in avanti degli azzurri sulla separazione delle carriere. Stop di Forza Italia e Fratelli d’Italia a Salvini. Triste compleanno dei Cento giorni di governo

Maggioranza in ordine sparso su tutto, da giustizia a sicurezza. Meloni: 'Bastoni tra le ruote su tutto'

Dicono che Giorgia Meloni talvolta si sfoghi con il suo inner circle. Va a giorni alterni, una volta ce l’ha con Forza Italia (“sono faticosissimi”), la volta dopo con la Lega. Il lessico probabilmente è più colorito ma il concetto è lo stesso: sono gli alleati a rallentare l’azione di governo. A “mettere i bastoni tra le ruote”. Anche perchè le opposizioni sono talmente divise e impegnate a capire chi sono e cosa fare che non riescono a coordinare un’azione seria di contrasto alla maggioranza.

Triste e solitario compleanno dei cento giorni, i primi tre mesi di governo, quelli della luna di miele e dove in genere l’azione del nuovo esecutivo dovrebbe dare il meglio di sè. Sono invece giornate amare: sciopero benzinai, Csm, giustizia, immigrazione, nulla va come dovrebbe. Meno male che c’è la politica estera, dove, fedelmente nel solco di Draghi, portando avanti le sue intuizioni - dal tetto al prezzo del gas alla centralità dell’Italia nel nuovo Mediterraneo - la premier riesce a trovare qualche soddisfazione.  Va detto che se l’efficacia del governo prede consenso, la credibilità e la fiducia nella premier restano molto alti, oltre il 40%.    

Avanti in ordine sparso

Su giustizia/sicurezza siamo al tutti-contro-tutti. Dentro la maggioranza.. La sensazione è che sarà così almeno fino alle regionali. Quasi che questo sia il terreno più idoneo per alzare bandierine di partito in vista dell’appuntamento elettorale. O che, al contrario, possa essere un buon argomento per offuscare il pasticcio benzina dove, pur essendo rientrato il secondo giorno di sciopero, il danno di consenso è giù misurabile. Il danno di sostanza anche visto che del decreto Trasparenza voluto a tutti i costi il 10 gennaio da Lega e Forza Italia “per dare un segnale politico ai cittadini furiosi per il caro benzina” alla fine, dopo le estenuanti trattative con i benzinai, resterà poco o nulla. Una pezza peggiore del buco. Un decreto inutile, insomma. Anzi dannoso. Tanto che sarà svuotato. Mentre la benzina, al netto di improbabili caccie al tesoro in cerca del prezzo migliore, viaggia stabilmente intorno ai 2 euro al litro. In città e in autostrada.  

Il nuovo Csm

Ma restiamo sul vivace e poliedrico dossier giustizia. Congelata al momento la polemica intercettazioni, blindato il ministro Nordio da parte di Giorgia Meloni in funzione anti Lega, l’insediamento del nuovo Csm con l’elezione del vicepresidente Fabio Pinelli (area Lega e Forza Italia) ha acceso ulteriori dinamiche. Nella partita del plenum del Consiglio superiore della magistratura il destra-centro ha rischiato di perdere l’occasione di eleggere per la prima volta un laico di destra. C’è mancato un soffio e ieri mattina, nel gioco di veti incrociati tra laici e correnti dei togati, stava per uscire vincitore il laico del centrosinistra, il costituzionalista Roberto Romboli. Uno smacco insopportabile per Giorgia Meloni che in questa partita ha già perso due volte. La prima quando dieci giorni fa è stata costretta a perdere il suo candidato (l’ex sottosegretario Valentino) anche alla vicepresidenza per via di un’inchiesta di cui la premier non era stata aggiornata come avrebbe voluto (da qui strali su due fedelissimi come Ignazio La Russa e il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove). La seconda ieri ha visto naufragare il progetto di “vincere”, dopo via Arenula, anche palazzo dei Marescialli e di farlo con una donna (Daniela Bianchini). La premier voleva avere in mano tutta la Giustizia, ministero e Csm. Gliene resta una.

 La vittoria al terzo scrutino di Luca Pinelli, laico della Lega ma stimato da tutti anche a sinistra, può avere una funzione risarcitoria tanto per Salvini che per Berlusconi. Il Cavaliere è offeso, una volta di più, perché nella divisione dei sette laici in quota destra-centro gliene è toccato uno solo contro i due della Lega e i quattro di Fdi. Il leader di Forza Italia ha sempre mal digerito  la “perdita” di via Arenula e negli ultimi giorni ha rilasciato più interviste per appoggiare il  progetto di riforma del ministro Nordio attaccato invece da Lega e anche pezzi di Fdi.  

Forza Italia va avanti, da sola

Per dare concretezza alle parole, ieri Forza Italia ha ripresentato il vecchio disegno di legge di riforma costituzionale per la separazione delle carriere tra giudici e pm. Un evergreen del Cavaliere riproposto ieri – coincidenza non casuale con l’insediamento del nuovo plenum – in commissione Giustizia alla Camera dal capogruppo Alessandro Cattaneo e i deputati Antonino Calderone, primo firmatario della pdl, Annarita Patriarca e Pietro Pittalis. “Un processo è davvero giusto se chi giudica è equidistante fra chi accusa e chi si difende” hanno scritto gli azzurri in una nota dove sono assenti le firme di Lega e Fdi. “La riforma del sistema giudiziario non può prescindere da questo concetto per garantire ai cittadini italiani una giustizia equa”.

Con un curioso gioco di ruolo, prima di Forza Italia ha presentato analogo pdl costituzionale il responsabile giustizia di Azione Enrico Costa. Sintonie centriste? Sulla giustizia stanno un pezzo avanti. Il Pdl di Costa è già calendarizzato per la prossima settimana in Commissione.

Lo stop sulle ong

Si cambia piano e sede di Commissione e, sempre alla Camera, una manciata di ore dopo,  va in scena un’altra puntata del tormentone giustizia/sicurezza. Questa volta l’asse sembra essere Fratelli d’Italia e Forza Italia contro Lega. Il terreno di scontro è il decreto Ong con cui il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi – che ai tempi del Conte 1 scrisse, da capo di gabinetto di Salvini, i decreti che chiudevano i porti ma i cui rapporti con lo stesso Salvini pare siano da tempo compromessi – pensa di ridurre gli sbarchi sulle coste italiane. Secondo la Lega quel decreto è inutile. Serve a poco o a nulla costringere le navi delle ong ad andare in giro per i porti di tutta Italia ma non quelli del sud (una nave con a bordo 160 persone è in navigazione in queste ore verso La Spezia). Così martedì il fedelissimo di Salvini e capogruppo in commissione Affari costituzionali Igor Iezzi ha presentato un pacchetto di emendamenti che riscrivono il decreto Piantedosi,  ripropongono il vecchio testo smantellato a suo tempo dalla ministra Lamorgese e rivedono in senso restrittivo la Bossi-Fini. Solo che i presidenti della Affari costituzionali (Nazaro Pagano, Forza Italia) e della Trasporti (Salvatore Deidda, Fdi) hanno respinto in blocco il blitz della Lega mai concordato con gli alleati. “Inammissibili per estraneità di materia” hanno sentenziato i due presidenti. Iezzi non è d’accordo. “E’ curioso oltre che un controsenso – ha detto – dichiarare inammissibili emendamenti sulla Bossi Fini a un decreto il cui titolo riguarda la gestione dei flussi”. La Lega farà ricorso. “Ci sono per caso ragioni politiche dietro questo stop?” ha chiesto polemico il braccio destro di Salvini.  Pagani ha cercato di buttare acqua sul fuoco, “vi prego di non seguire strane divagazioni che sono state fatte. Quegli emendamenti erano fuori tema. Punto”. Ma lo strappo è molto serio.

Faccia a faccia Meloni-Nordio

Intanto si aspetta l’incontro a palazzo Chigi tra la premier Meloni e il ministro Nordio. Potrebbe, quello, essere il momento dei chiarimenti almeno per capire il cronoprogramma ed evitare che in Parlamento gli stessi partiti di maggioranza vadano in ordine sparso creando una grande confusione. Serve indicare le priorità e tempi certi. Meloni lo ha previsto con tutti i ministeri. Il primo sarà proprio Nordio. Il giorno potrebbe essere oggi, magari dopo la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario in Cassazione. La prima volta sia per la premier che per il Guardasigilli. Il provvedimento in fase più avanzata è la riforma dell’abuso di ufficio. Ed è molto probabile che sarà questa la prima casella di una riforma assai più complessa e che punta soprattutto – parole di Nordio - “a ridurre i tempi dei nostri processi, nel civile e nel penale”. Le intercettazioni seguiranno. La separazione delle carriere non sembra all’ordine del giorno visto che la riforma costituzionale “urgente” riguarderà il presidenzialismo che si porta dietro quell’altra rogna che si chiama Autonomie. E visto, soprattutto, che si tratta di una misura molto divisiva. Meloni vuole evitare di tornare allo scontro politica-giustizia. Toccherà spiegarlo a Forza Italia. E a Nordio anche, visto che fa della separazione delle carriere una questione di principio. 

La tattica del rinvio

Tutto questo è successo solo ieri. Ma ogni giorno c’è qualcosa che si mette di traverso. La premier con pazienza e “buon senso” - come rivendica - interviene e per lo più rinvia. Prende tempo. Lo ha fatto il giorno prima sui balneari. Lo fa da settimane sul Pnrr. L’obiettivo è scavallare la data delle regionali. Ma se, come dicono i sondaggi, la lista di Fratelli d’Italia arriverà al 30% (il 24 settembre ha vinto con il 26%) e questo significa aver svuotato il consenso degli alleati,  la maggioranza è destinata a ballare ancora di più dopo le regionali. E quando arriverà il voto del Parlamento sulla ratifica del Mes - tra febbraio e marzo, non più rinviabile - i tabelloni elettronici potrebbero colorarsi in modo strano e del tutto inatteso. Spingendo, ad esempio, Fratelli d’Italia verso Pd e Terzo Polo. E rimettendo uno a fianco dell’altro Lega e 5 Stelle. Vedremo. Si tratta solo di aspettare.