La maggioranza esulta per la manovra. Tra scioperi, studenti in marcia e i rischi sul Ponte sullo Stretto
L’approdo in aula domani alle 17. Sempre che la Ragioneria dia la “bollinatura”, riconosca cioè la regolarità delle coperture. La Regione Sicilia si è opposta all’uso dei Fondi europei di coesione per il Ponte. Ma il governo li ha impiegati ugualmente. Dubbi che sia possibile farlo visto che si tratta di fondi europei vincolati con le regioni. E’ stata informata Bruxelles?

La maggioranza esulta. Dichiarazioni, comunicati, reel e post social, in ogni modo Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia comunicano al Paese che “anche stavolta manteniamo le promesse e gli impegni presi. E’ stata una lunga nottata ma la manovra è nei fatti legge”. Attenzione: il testo è stato “solo” approvato in Commissione, deve ancora andare in aula al Senato e poi alla Camera, prima Commissione e poi Aula. Nella capigruppo di ieri sono stati fissati gli orari con un accordo praticamente bipartisan: domani (ore 17) inizia la discussione in aula, poi la fiducia e il voto atteso per il 22 forse in mattinata. Il 27 si ricomincia alla Camera: in tre giorni il testo dovrà passare dalla Commissione e votato in aula, ordini del giorno compresi. Poiché si tratta di un testo superblindato, neanche una virgola potrà essere cambiata, si considera che la manovra sia nei fatti già legge.
Cosa c'è da esultare?
Ora però i comunicati festosi e trionfanti dei parlamentari di maggioranza, sono come minimo fuori luogo. Prima di tutto per scaramanzia perché il diavolo, si sa, è nei dettagli e qui basta un dettaglio per far saltare tutto. Inoltre è stato ucciso il dibattito parlamentare, quest’anno più che mai e anche questo non un buon segnale per una maggioranza che si accinge a dare più poteri al premier eletto dal popolo togliendoli al Presidente della Repubblica (ieri lo ha confessato il presidente del Senato Ignazio La Russa e di sicuro Giorgia Meloni non sarà contenta). Infine perché la premier aveva promesso l’approvazione entro il 7 dicembre, “come noi nessuno mai prima” era la sua intenzione e invece siamo come sempre alla vigilia di Natale. Esultare, insomma, anche no. Anche perché mentre i senatori facevano la maratona, nel paese accadevano le seguenti cose: nove sale operatorie su 10 bloccate con una stima di circa 25mila interventi saltati, escluse le urgenze (bilancio della nuova giornata di sciopero nazionale indetta da medici e veterinari che dicono no ad una manovra che “uccide” il Servizio sanitario nazionale e per chiedere assunzioni e rispetto della professione); torna in piazza la delusione degli studenti universitari per il caro vita nelle grandi città italiane, torna il popolo delle tende visto non un solo degli emendamenti che avevano fatto pervenire tramite le opposizioni su borse di studio, fondo affitti, alloggi universitari è stato approvato. Senza parlare di potere d’acquisto delle famiglie sempre già basso, stipendi poveri e fermi da decenni e ultimi in Europa, i nove milioni (ma il numero è una proiezione di Bankitalia che avverte che saranno un po’ meno, comunque sempre tanti) di persone che da gennaio restano senza sussidio ma anche senza quella formazione necessaria per trovare un lavoro.
Il caso del Ponte sullo stretto
Fin qui i motivi politici-sociali-economici che suggerirebbero quantomeno di non festeggiare. Poi ci sono quelli tecnici. Uno dei quali si chiama Ponte sullo Stretto. Uno dei diciassette emendamenti del governo-maggioranza (tutti approvati) riguarda la suddivisione e la redistribuzione della spesa relativa al ponte sullo Stretto. E’, come noto, una bandiera di Salvini che ha voluto ad ogni costo dimostrare che il ponte non sono le solite chiacchiere ma fatti e quindi ha “costretto” Giorgetti a mettere un capitolo di spesa ad hoc. Che, per legge, visto che si tratta della manovra, va finanziato. Il Ponte sullo Stretto costerà 11,6 miliardi di euro (ma ci sono stime che dicono 16 miliardi), 9,3 miliardi saranno a carico dello Stato, la somma restante e cioè 2,3 miliardi di euro, sarà coperta attraverso il fondo per lo Sviluppo e la Coesione in capo alle regioni. I lavori dovrebbero terminare entro il 2032. Entriamo più nel dettagli della spese sulla base delle tabelle allegate al testo approvato in Commissione. Entro il 2032 i fondi messi direttamente dallo Stato (9.312 milioni di euro) saranno così ripartiti negli anni: 607 milioni di euro nel 2024, 885 milioni di euro nel 2025, 1.150 milioni di euro nel 2026, 440 milioni di euro nel 2027, 1.380 milioni di euro nel 2028, 1.700 milioni di euro nel 2029, 1.430 milioni di euro nel 2030, 1.460 milioni di euro nel 2031 e 260 milioni di euro nel 2032. Dei 2,3 miliardi di euro che saranno coperti dalle regioni, 718 milioni euro arriveranno grazie a una riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione sulla quota afferente alle amministrazioni centrali, mentre 1,6 miliardi di euro dalla “riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione, periodo di programmazione 2021-2027 e imputata sulle risorse indicate per le Regioni Sicilia e Calabria dalla delibera Cipess”.
La Sicilia aveva detto no
Il dettaglio è forse noioso ma necessario a capire perché la maggioranza sta ballando su un filo. Oltre al fatto che ogni anno dovranno essere trovati questo soldi, sono i Fondi di coesione che destano preoccupazione. Giorgetti e Fitto avranno sicuramente fatto tutto come si deve, rispettando al dettaglio le regole di Fondi europei che vengono erogati da Bruxelles a precise condizioni e sulla base di progetti e investimenti che, a dir la verità, spesso non vedono la luce proprio per l’incapacità di spendere quei soldi. Il problema è che il presidente della Regione Sicilia Renato Schifani si è ribellato a questa decisione. L’altro giorno è arrivato a Roma furente e ha parlato chiaro: “Questo miliardo e 300 che volete sottrarre alla Sicilia, sappiate che è già impegnato in altri e diversi progetti”. Schifani ha voluto fare anche una nota scritta. “Il governo regionale della Sicilia ha sempre espresso totale disponibilità verso la realizzazione del Ponte sullo Stretto, opera che considera strategica, e per questo la giunta si era impegnata a destinare un miliardo di euro di risorse del Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027, dandone tempestiva comunicazione al ministro Salvini con una nota del 18 ottobre. La decisione governativa per cui la quota di compartecipazione della Regione Siciliana debba essere invece di 1,3 miliardi di euro non è mai stata condivisa dall’esecutivo regionale. L’auspicio della Presidenza della Regione - prosegue la nota - è che il ministro Salvini si possa attivare per restituire le maggiori risorse sottratte alla Sicilia, necessarie per sostenere importanti investimenti per lo sviluppo dell’Isola”. E’ finita che i soldi prelevati dal Fondo restano un miliardo e 300 milioni. “La voce di Schifani a Roma conta quanto il 2 a Briscola. Se questi governi (a Roma e in Sicilia) rimangono in sella, per l'Italia e soprattutto per la nostra isola sarà la fine visto che i soldi del Fondo strutturale devono servire a migliorare le nostre infrastrutture, strade e ferrovie, che sono e restano da terzo mondo” denunciano i 5 Stelle dell’isola. In effetti, il Ponte sembra qualcosa di molto avveniristico che arriverà su una terra dove manca tutto il resto.
La bollinatura
Arriverà un momento in cui anche la Commissione europea si dovrà esprimere su questa distribuzione di soldi. Vedremo a quel punto cosa dirà. Non è ora e neppure tra un mese. Vedremo. Resta da capire intanto cosa farà la Ragioneria dello Stato tra oggi e domani quando il testo dovrà avere la bollinatura, cioè l’approvazione delle voci di spesa e delle singole coperture. Il rischio di qualche sorpresa c’è. E sarebbe clamoroso anche perché il tempo per rimediare è praticamente inesistente. A meno che non si metta in conto l’esercizio provvisorio (che scatta se la manovra non viene approvata entro il 31 dicembre), altrettanto clamoroso.
Sul Superbonus il ministro Giorgetti ha tenuto il punto nonostante il pressing di tutti i partiti di maggioranza dei 5 Stelle. L’eventuale proroga richiesta è stata rinviata al Mille proroghe. O ad uno strumento ad hoc. Per il resto sono passate tutte le maggiori modifiche presentate dai relatori e dal governo.
Le opposizioni unite per le donne
Le opposizioni, dai Verdi a Italia viva, hanno unito gli sforzi e i pochi soldi rimasti (40 milioni, 20 in spesa corrente e 20 nelle infrastrutture) nella lotta contro la violenza di genere. La maggioranza, che si era già dimenticata del caso Cecchettin e di tutte le altre, ha accolto. Cambia la discussa norma sulle pensioni di medici, enti locali, maestri e ufficiali giudiziari: si salvano dai tagli gli assegni di vecchiaia, mentre restano penalizzate le pensioni anticipate ma con un taglio più soft per i sanitari. Dirigenti medici e infermieri, inoltre, potranno restare al lavoro fino ai 70 anni: nella maratona notturna era spuntata la proposta di portare l'asticella a 72 anni ma visto l'immediato malumore, il ministro Ciriani ha fatto subito dietrofront. “Una scena imbarazzanti, sono dilettanti, certe scene andrebbero viste per rendersi conto della classe politica al governo del paese” dice la senatrice Lorenzin (Pd) tra le più esperte di manovra. I correttivi del governo non bastano visto medici e infermieri hanno proclamato altri due giorni di sciopero a gennaio. “Non ho memoria - aggiunge Lorenzin che è stata ministro della Sanità - di scioperi a oltranza del mondo sanitario. La situazione è molto grave”. A circa 200 Comuni è concesso un po' di tempo in più per fissare le aliquote Imu. La specifica sugli affitti brevi voluta da FI salva la prima casa dall’aumento della cedolare secca al 26%. Ok alle agevolazioni per i mutui sulla prima casa per famiglie numerose e in base all'Isee. Con emendamenti bipartisan vengono poi approvate le nuove risorse per il fondo Alzheimer, 5 milioni per borse di studio favore di giovani studenti dei paesi africani, 2 milioni per le retribuzioni del personale del Ministero degli esteri e fondi per le malattie rare e i tumori.
Risorse anche per il contrasto al disagio abitativo e per il fondo vittime dell’amianto. Bocciata invece la proroga dello smart working per i fragili. E salta il rifinanziamento dell'Istituto Rita Levi Montalcini. Un premio Nobel, anche questo assai clamoroso.
Nessun fondo per l’Istituto Montalcini
In compenso sono passate una serie di micronorme. Un nuovo rafforzamento del ministero dell’Agricoltura: 6,8 milioni per il sostegno delle aree colpite da calamità naturali, 7,5 milioni l'anno per tre anni per l'ammodernamento delle infrastrutture, 1 milione per il Tecnopolo di Taranto e un altro per le malattie rare, 500.000 euro per Trento capitale del volontariato, 750 mila euro in tre anni per le spese veterinarie, altrettanti sempre nel triennio per installare colonnine Sos in piazze e stadi, 600.000 euro per il nuovo museo archeologico di Poggioreale (Trapani) e altri 600.000 per il centro scolastico di Montereale Valcellina (Pordenone). Viene infine prorogata anche per gennaio e febbraio 2024 l'Iva al 10% per i pellet. Le misure pilastro sono ormai note: Taglio del cuneo fiscale abbinato al passaggio tra 4 a 3 delle aliquote Irpef, sgravi per il lavoro delle mamme, fondi per i rinnovi dei contratti pubblici, canone Rai scontato a 70 euro, Quota 103 con penalizzazioni, finanziamento del Ponte di Messina. Aumenti per gli stipendi e degli straordinari per il comparto sicurezza e difesa. Valore totale 28 miliardi, quindici a debito.