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[L’analisi] Il potere logora i Cinque Stelle, elettori in fuga e crisi di identità. Hanno preso i voti a sinistra ma poi hanno svoltato a destra

Quando c’era Gentiloni, i Cinque Stelle avevano votato contro il rifinanziamento delle missioni militari all’estero, inclusa quella in Niger che faceva parte di un piano per ridurre e controllare i flussi di migranti verso le coste italiane (la Lega si era silenziosamente astenuta). Ora però che il ministro della Difesa Elisabetta Trenta è stata cercata e voluta da loro, hanno cambiato idea

Grillo, Di Maio e Casaleggio jr.
Grillo, Di Maio e Casaleggio jr.

Per capire che cosa sta succedendo in Italia, bisognerebbe fare un salto al quartiere Shanghai di Livorno, quello dei palazzoni con i cortili di terra battuta e le vecchie Tipo della Fiat parcheggiate vicino ai marciapiedi divorati dal tempo che tengono ancora la fotina di Berlinguer sul parabrezza, il quartiere più rosso di Livorno, dei portuali e degli operai delle fabbriche, dove il pci prendeva il 94 per cento dei voti. Se vuoi leggere la sua storia, basta guardare i numeri. Qui è cominciato lo smottamento della sinistra in Toscana, senza che i giornali ci facessero molto caso in verità, quando i Cinque Stelle hanno tolto il sindaco al pd e in tanti hanno votato i grillini fra queste case tirate su dal fascismo, con le facciate appena un po’ scrostate e la biancheria appesa sui fili come nei rioni popolari delle grandi città. Ma adesso, proprio qui, in via Wan Bergher o davanti alla Polisportiva, dove tutto sembra rimasto uguale nel tempo, con la gente seduta ai tavolini tra una birra e un giornale a sentire le ultime notizie sul Livorno calcio promosso in serie B, anche i vecchi compagni con la falce e il martello tatuati sul braccio votano la Lega, come le loro mogli, come i loro figli. Famiglie intere e generazioni diverse. Perde il pd. Ma perdono anche i Cinque Stelle.

Se tutto questo non stupisce per ciò che riguarda il pd renziano e quello che ne viene dopo, che poi ha perso solo l’accento toscano ma è abbastanza uguale a prima per propositi veteroliberali e vuoto organico di contenuti, il discorso è molto diverso invece per i Cinque Stelle. Pochi giorni fa La Stampa aveva sottolineato come questo governo si muova in un gioco di specchi: a destra Matteo Salvini, a sinistra Luigi Di Maio, dentro a una complicata convivenza, «in cui ciascuno cerca di riempire lo spazio politico cui aspira. Tanto più il ministro degli Interni alza i toni contro gli immigrati, tanto più quello dello Sviluppo si mostra attento a disoccupati, famiglie, dipendenti di aziende in crisi». Rilascia interviste a giornali cattolici come l’Avvenire (ormai gli unici riferimenti di sinistra in Italia con un pensiero, sembra incredibile, ma sono il Papa e la Chiesa) e promette addirittura di triplicare il reddito di cittadinanza. Ma il vero nocciolo della questione è un altro. Per questo bisognerebbe fare un salto al quartiere rossorosso di Shanghai perché magari troverete il compagno Alessandro L., 45 anni, che spiega come a loro «dei negri non ce ne frega niente. Non è per questo che votiamo Salvini. Lo  votiamo perché è credibile, perché è sovranista, perché è di sinistra andare contro la Germania, perchè è amico della Russia, perché è uno che cerca di mantenere quello che promette». Certo, questo spiega solo il trasferimento politico della Toscana, con l’Emilia al seguito, verso i lidi del centrodestra. In altre parti d’Italia non è la stessa cosa. Ma è uguale dappertutto, invece, l’immagine che stanno consegnando agli elettori Di Maio e Salvini. E quanto è credibile per gli ex di sinistra il leader dei Cinque Stelle?

Qualcosa sta cominciando a muoversi anche dentro il Movimento, e non riguarda soltanto gli smottamenti periferici che lo stanno interessando dalla Campania al Veneto. Anche a Roma adesso qualche voce esce dal coro. Non è un caso che il presidente della Camera Roberto Fico dopo aver a lungo evitato qualsiasi commento sul governo, in questi giorni a Pozzallo abbia deciso di uscire allo scoperto: «Io i porti non li chiuderei. Le Ong hanno lavorato bene, hanno salvato un mucchio di vite umane». A stretto giro di posta la senatrice Paola Nugnes ha detto di essere «d’accordo» con lui. Ma forse è ancora più importante la discesa a Roma di Beppe Grillo, il suo selfie con Fico e la Raggi e la scritta sotto: «I miei ragazzi». Secondo Libero, Grillo svrebbe preso sottobraccio Di Maio dicendogli che «così non va. Dobbiamo puntare di più sui nostri temi, merito e trasparenza, se no Salvini ci asfalta». Non è così semplice, però. E non basta la bacchetta magica. La verità è che il governo a trazione leghista sta ormai appiattendo il Movimento Cinque Stelle sulle sue parole d’ordine che non riguardano soltanto gli immigrati, mentre guarda caso sui vitalizi la presidente del Senato Casellati, di centrodestra, si è già messa di traverso e quindi non se ne farà niente - sicuri che Salvini sia del tutto estraneo a questo scontatissimo voltafaccia?  -. Pensate alle missioni militari. A gennaio, quando c’era Gentiloni, i Cinque Stelle avevano votato contro il rifinanziamento delle missioni militari all’estero, inclusa quella in Niger che faceva parte di un piano per ridurre e controllare i flussi di migranti verso le coste italiane (la Lega si era silenziosamente astenuta). Ora però che il ministro della Difesa Elisabetta Trenta è stata cercata e voluta da loro, hanno cambiato idea. Le missioni vanno bene e possono pure aumentare. Così, se nel 2016 avevano votato contro la missione militare Ippocrate, che doveva aprire un ospedale da campo a Misurata, in Libia, per curare i feriti nella guerra contro lo Stato islamico, perchè, dicevano, «il M5S e la nostra Costituzione ripudiano la guerra», oggi invece Salvini va a trattare da alleato con il governo di Tripoli (e forse è meglio così). In compenso, la scuola l’hanno lasciata alla Lega, e sulla cultura - territorio storico della sinistra - dove sono al governo hanno sempre e solo tagliato.

In questo scenario, completamente trasformato dai doveri e dai lacci governativi, non è la Lega che rischia di perdere la sua identità. Il segnale più allarmante è di qualche giorno fa, quando sulla pagina facebook ufficiale del Movimento 5 Stelle hanno proposto un sondaggio per chiedere agli iscritti se preferissero la Casta o il presidente della Camera Roberto Fico, che cerca disperatamente di abolire i vitalizi, aggiungendovi tutte le foto di D’Alema, Pomicino e De Mita, per togliere ogni dubbio a chi mai ne avesse avuti: il fatto incredibile è che sotto la domanda «Voi da che parte state?», dopo un po’ si sono accorti che il 62 per cento dei votanti era a favore della Casta. Sondaggio annullato. Ora, il sospetto che la domanda sia stata interpretata male o che in un modo o nell’altro siano riusciti a partecipare al voto anche quelli o soprattutto quelli che niente hanno a che vedere con i Cinque Stelle è abbastanza forte. Ma resta anche la sensazione strana che a forza di inseguire altre e nuove parole d’ordine qualcosa sia mutato all’interno del Movimento, come se il potere raggiunto avesse avuto l’effetto di inquinare la sua anima originaria.    

 

 

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno, editorialista   
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