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[L’inchiesta] Il flop del reddito di cittadinanza nella città dei Cinque Stelle: 200 euro per pochi cittadini

La fatica di trasformare le promesse in fatti. Proprio a Livorno, il candidato premier Luigi Di Maio, annunciò trionfante quasi tre anni fa che dalla città portuale toscana sarebbe partito il primo esperimento. Il nodo sono state le coperture economiche. Appena 200 euro per 400 persone

Antonio Mennadi Antonio Menna, editorialista   
Filippo Nogarin
Filippo Nogarin

Com'è difficile il risveglio, com'è difficile la realtà. Se ne stanno accorgendo da un po', i militanti locali del Movimento Cinquestelle. Non solo a Roma. Succede in quelle città che avevano faticosamente conquistato e che avevano indicato come i primi segnali di un successo che sarebbe diventato inarrestabile. Proprio da quei comuni, però, si vede quanto sia faticoso trasformare la promesse in fatti, gli annunci in atti, i sogni in realtà. Questa volta non si parla di Roma, però, dove la situazione del governo di Virginia Raggi è talmente problematica da non consentire neppure un bilancio. Ma di Livorno, una delle prime roccaforti “rosse” strappate dal Movimento alla sinistra.

L'annuncio trionfante

Proprio a Livorno, il candidato premier Luigi Di Maio, annunciò trionfante quasi tre anni fa che dalla città portuale toscana sarebbe partito il primo esperimento Cinquestelle sul reddito di cittadinanza. Un progetto comunale condotto dal sindaco Filippo Nogarin e dalla giovanissima assessora Ina Dhimgjini. «Via al bando per il reddito di cittadinanza comunale» - scrisse Di Maio, secondo quanto ricordato dal quotidiano Il Tirreno. «È una misura che esiste in tutta Europa e che consentirà a chi non ha un reddito di percepire 600 euro al mese in cambio di formazione e inserimento professionale».

Una blanda misura assistenziale

Le cose, in realtà, sono andate diversamente. Non che la giunta pentastellata non ci abbia provato. Ma, come detto, una cosa sono i sogni, un'altra la realtà. E anche per il Comune di Livorno, il nodo sono state le coperture economiche. Nel 2016, fedele alla promessa, Nogarin lancia una misura di sostegno alla povertà: 500 euro al mese per sei mesi. Non certo un sussidio duraturo. Ma non solo. Non un reddito per tutti quelli che si trovavano in una situazione di indigenza ma solo per cento famiglie. Insomma, dal reddito di cittadinanza a una blanda misura assistenziale che, in questi termini, è presente da tempo nei bilanci comunali di tantissimi enti locali.

Ancora più in basso

Ma i drammatici conti con la realtà per gli amministratori pentastellati non finiscono qui. Non solo il primo anno, il reddito di cittadinanza si è limitato a un sussidio limitato nel tempo, nell'importo e nella platea. Ma da quest'anno, la difficoltà si acuisce. Secondo quanto riportato dal quotidiano Il Tirreno, la giunta di Nogarin fa fatica a trovare i soldi. E la misura scenderà a 200 euro al mese per 170 persone. Un sussidio di portata decisamente minimale rispetto al grande tema della povertà.

Bagno di realtà

Naturalmente, come detto, la grande questione è quella di dove trovare il denaro.  Nel 2016, nel bilancio, a copertura della misura, furono stanziati  300mila euro. L'anno successivo un piccolo sforzo al rialzo: gli euro diventano 400mila. Nel 2018, un nuovo bagno di realtà. Il finanziamento è di appena 200mila euro, e il dirigente delle politiche sociali ritiene di poter dare al massimo un contributo di 500 euro (in due rate da 250 euro) l'anno per 400 persone.  

Una proposta che l'assessore al ramo, sempre al quotidiano Il Tirreno, dice di aver sospeso: 

“l’amministrazione – dichiara - vuole aumentare il budget, portandolo a 450mila euro, per mantenere gli stessi standard». Ma l'esponente pentastellata non indica le copertura. Niente tagli, dice. Forse c'è il recupero di un credito ma nulla di definito.

Il Rei di Renzi e Gentiloni

Intanto, però, per fortuna, e per ironia della sorte, comincia a ingranare il Rei (Reddito di inserimento) creato dai governi di Renzi e Gentiloni: progetti individuali per l'uscita dal disagio a cui è legata anche l'erogazione di una somma mensile di denaro. E, ancora una volta per fortuna e per ironia del destino, dalle precedenti amministazioni, Nogarin aveva ereditato già una struttura di welfare comunale. Tra il 2013 e il 2015, infatti, sono stati erogati contributi continuativi, contributi finalizzati, borse lavoro e vari sostegni a circa 700 persone.

Una nuova promessa

«Nella speranza che tra poco ci sia un reddito di cittadinanza nazionale e non più comunale», dichiara ancora l’assessora al Tirreno  «per il 2018 stiamo pensando a una misura su base annuale: 200 euro al mese per 170 famiglie». Una nuova promessa, che però viene inevitabilmente tarata sulle difficoltà di questi anni. Un episodio che insegna due cose. La prima è che non è vero che nulla esisteva: c'erano misure prima, ci sono state misure dei vari governi di questi anni. Descrivere la realtà come un deserto può essere una utile propaganda. Ma contiene sempre elementi di semplificazione e, a volte, di falsificazione. La seconda cosa è che vincere le elezioni facendo promesse non è così complicato, soprattutto se la crisi economica semina disagio e malumore. Ma poi arriva il conto della realtà.

Il naufragio

A Roma, l'esperienza Cinquestelle non è mai decollata e, ad ormai due anni dall'insediamento di Virginia Raggi, come ben sanno i romani non si sono visti segnali apprezzabili di quella rivoluzione promessa. A Livorno, Nogarin è in carica dal 2014. Il mandato scade il prossimo anno, e ci sarà la prova del voto. Ma il sindaco non avrebbe intenzione di correre per il secondo mandato. La crisi tra le promesse e i fatti è già sotto gli occhi di molti osservatori e ne portano il peso gli stessi amministratori, pieni di buona volontà ma inchiodati ad anni di urla e promesse, che poi non reggono il confronto con le difficoltà vere.

Antonio Mennadi Antonio Menna, editorialista   
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