Analisi: Liguria vince chi porta a votare i suoi e chi prende il centro. La partita si gioca sull'affluenza
Questa terra è l’Ohio d’Italia, già due governi, quello di Massimo D’Alema nel 2000 e di Matteo Renzi nel 2015, sono caduti in seguito al voto per la Regione Liguria e, e soprattutto perché qui va in scena il laboratorio politico del campo larghissimo, da Alleanza Verdi e Sinistra ad Azione
Lo stiamo raccontando passo passo su TiscaliNews, in una sorta di “Tutte le regionali liguri minuto per minuto” perché come abbiamo detto questa terra è l’Ohio d’Italia, già due governi, quello di Massimo D’Alema nel 2000 e di Matteo Renzi nel 2015, sono caduti in seguito al voto per la Regione Liguria e, e soprattutto perché qui va in scena il laboratorio politico del campo larghissimo, da Alleanza Verdi e Sinistra ad Azione.
Fino all’altro giorno c’era anche Italia Viva, ma ora non c’è più, e c’era il paradosso che i renziani sono tecnicamente ancora nella maggioranza che supporta il sindaco Marco Bucci in Comune a Genova. Che, però, è il candidato del centrodestra contro il Campo larghissimo appoggiato fino all’altro ieri da Matteo Renzi.
Insomma, ogni giorno c’è qualche sorpresa in quella che abbiamo definito “la campagna elettorale più pazza del mondo”, come quando eravamo piccoli e c’erano i film con Herbie, il maggiolino tutto matto. Ecco, questa è la versione politica di quei film.
Roba da pop corn, la campagna elettorale più bella di sempre da seguire per gli osservatori esterni, ma forse meno esaltante per gli elettori, tanto che tutta la partita si giocherà sul numero di astenuti. Praticamente impossibile pensare a un nuovo coinvolgimento di chi in questi mesi si è tenuto fuori dalla contesa elettorale, la vera partita di entrambi i principali schieramenti (ma anche dei competitor al di fuori dal bipolarismo, a partire dall’ex presidente pentastellato della commissione Antimafia Nicola Morra, sostenuto da Uniti per la Costituzione e dagli ex del MoVimento che hanno in Mattia Crucioli, già presidente dei senatori ex grillini, il loro punto di riferimento) è quella di portare a votare i propri elettori.
I sondaggi, che pure sono basati su numeri risibili e non “probanti”, raccontano comunque di almeno la metà del campione che non risponde, non sa o non ha deciso come schierarsi. E c’è chi parla di un’affluenza attesa del 38 per cento. Dato per me sottostimato, perché comunque andare attorno al 50 per cento non dovrebbe essere difficile, con un po’ di mobilitazione finale.
E non è nemmeno facilmente prevedibile chi diserterà di più: nel campo larghissimo le defezioni potrebbero arrivare da chi non se la sente di votare per una coalizione dove ci sono Calenda e soprattutto fino all’altroieri c’è stato Renzi che solo tre mesi fa, a fianco di Bucci, diceva: “Se candidano Orlando, Toti vince anche dai domiciliari”. In più il mondo Cinque Stelle è letteralmente a pezzi e non si sa quanto seguirà le indicazioni ufficiali, sempre che restino tali dopo la spaccatura nel campo largo sulla Rai.
Mentre il Partito Democratico sta invece schierando tutte le sue forze migliori, in sostegno di Andrea Orlando, che è il miglior candidato che il centrosinistra abbia mai avuto a queste latitudini e, soprattutto, quello che ha vinto con i suoi uomini le primarie del centrosinistra anche nei circoli, appoggiando Elly Schlein, unica regione dove questo è successo, mentre nelle altre diciannove Stefano Bonaccini ha vinto nei circoli, perdendo poi nei banchetti, anche grazie all’apporto generoso di elettori pentastellati.
E quindi Orlando, che riesce a essere contemporaneamente post-comunista e liberale (è firmata da lui la prima apertura di Esselunga in Liguria alla Spezia o la gestione della giustizia garantista, con juicio, perché l’ex ministro è anche un po’ democristiano), ha messo al lavoro i suoi uomini migliori: Davide Natale, che è il segretario regionale, Simone D’Angelo che è il segretario genovese e Davide Patrone, che viene dai Giovani democratici è consigliere comunale di Genova ed è una sorta di jolly in questa storia.
Nel centrodestra, invece, c’è una certa disillusione dopo il patteggiamento di Toti, ma soprattutto potrebbero venire meno molti voti in libera uscita da sinistra che avevano scelto l’ex presidente della Regione e lo stesso Bucci proprio perché avevano iniziato a raccontare un’altra storia. Insomma, la logica è che, stavolta, non bisogna pensare a “fare punti” in trasferta, ma molto più semplicemente a mantenere i propri voti, a provare disperatamente con le unghie e coi denti a tenere i propri elettori.
Ma, anche nel caso del centrodestra, il candidato è il migliore possibile immaginabile in questo momento. Perchè, ad esempio, Marco Bucci è conosciutissimo anche nel resto della Liguria e quindi – pur avendo assicurato di essere sul territorio – non ha troppo bisogno di popolarità, partendo quindi favorito.
Così la partita è quella per portare a votare i propri elettori fra i 1.348.601 liguri aventi diritti al voto domenica 27 e lunedì 28 ottobre per eleggere il presidente della Regione Liguria insieme ai nuovi trenta consiglieri regionali. E il conteggio di chi portare al voto è già “spalmato” anche sulla regione, alla caccia di ogni piccolo paese, fino a Rondanina, il più piccolo della regione, in provincia di Genova, citato l’altro giorno da Bucci sul palco insieme a Matteo Salvini, e a Armo, in provincia di Imperia, citato dal sindaco di Imperia e presidente della Provincia Claudio Scajola. Insomma, è la caccia ai 653.064 elettori della Città metropolitana di Genova, il capoluogo e il Tigullio; ai 161.132 della Provincia di Imperia; ai 170.806 della Provincia della Spezia, ai 216.985 della Provincia di Savona e ai 146.614 iscritti alle liste degli elettori all’estero.
Ma, oltre a quella per portare al voto i propri elettori, c’è anche una seconda partita. Che è quella di provare a prendere i voti del centro. Il colpo dell’espulsione dei renziani dalle liste elettorali, con il diktat di Giuseppe Conte e di una parte di Alleanza Verdi e Sinistra accettato da Elly Schlein, perché la firma finale su questa decisione è della segretaria Pd, depotenzia moltissimo il fronte centrista della coalizione di Andrea Orlando, che ci aveva lavorato bene e seriamente. Quindi a Orlando resta solo Calenda, ma il veto sui candidati di Italia Viva ha portato alla decadenza dell’intera lista e quindi anche dei candidati di +Europa, perché solo la presenza renziana esentava la lista dalla raccolta delle firme.
Dal canto suo Bucci prova a catturare i voti renziani in libera uscita dall’ex campo larghissimo.
Lì si decidono le regionali liguri.