Legge di bilancio, Mes, Patto di stabilità, finale d’anno molto complicato per il governo Meloni
La manovra “rapida e senza emendamenti”, non sarà approvata prima del 30 dicembre. Per fare cassa, il governo prende dal fondo migranti ma esonera le aziende energetiche dal pagamento dell’ultima rata degli extraprofitti. Mes e Patto di stabilità come carte di una mano di poker

La legge di bilancio che doveva essere approvata “per la prima volta entro metà dicembre”, vedrà il traguardo pochi minuti prima della fine dell’anno e prima che scatti la fase dell’esercizio provvisorio. La Manovra che - un altro “record” nelle intenzioni di palazzo Chigi - la maggioranza parlamentare non doveva correggere ma solo approvare a scatola chiusa, sarà corretta direttamente del governo e facendo cassa su voci di bilancio come i fondi per l’immigrazione e andando a toccare il già esiguo tesoretto che tradizionalmente ogni governo lascia alla forze parlamentari. Dovevano essere un centinaio di milioni, ne sono rimasti sì e no una cinquantina. “Il governo non solo impedisce ai propri parlamentari di presentare emendamenti alla legge di bilancio, ma taglia anche il fondo destinato alle modifiche. In questo modo anche le opposizioni hanno pochissime possibilità di incidere, e il Parlamento viene ancora più svuotato delle sue prerogative. Assolutamente inaccettabile ridurre di 50 milioni le risorse a disposizione” ha tuonato ieri la senatrice Raffaella Paita, coordinatrice nazionale di Italia Viva e componente della Commissione Bilancio del Senato.
Conto alla rovescia
In questo clima inizia il conto alla rovescia per l'approdo in aula della legge di bilancio - la prima vera e autentica del governo Meloni - che però non arriverà prima del 18 dicembre con la speranza di essere approvata entro il 23. Poi il testo, blindato, passerà alla Camera - ormai dal 27 - avendo cinque giorni di tempo, ultimo giorno dell'anno compreso, per fare almeno la mossa di passare in Commissione, andare in aula ed essere votata. Senza contare che entro la fine dell’anno il governo dovrà trovare la chiave per risolvere altri due dossier assai complicati dal punto di vista della maggioranza: il nuovo Patto di stabilità e crescita dove l’Italia gioca una partita in quasi solitudine con l'unico appiglio alla Francia e il Mes la cui ratifica palazzo Chigi lascia intendere che potrebbe slittare di nuovo, “magari ad anno nuovo”. Quanto meno “una volta chiariti i contenuti del nuovo Patto di stabilità”. Il patto con Bruxelles era che si sarebbe proceduto “entro la fine dell’anno” a prescindere da altri dossier che invece il governo vuole gestire a pacchetto: patto di Stabilità, appunto, riforma bancaria e armonizzazione fiscale. Di quest’ultime due non c’è però traccia. Il ministro Giorgetti ha provato a rassicurare i colleghi europei sulla data (“il 14 è calendarizzata alla Camera”) ma è stato smentito da Palazzo Chigi. Un braccio di ferro che difficilmente porterà qualcosa di buono per l’Italia.
I primi tre emendamenti
Ma andiamo con ordine e cominciamo dalla legge di bilancio. Da oggi entra nel vivo la discussione in Commissione bilancio. Dopo settimane di attesa sono arrivati i primi tre emendamenti del governo che modificano i capitoli relativi alle pensioni dei medici e del pubblico impiego, intervengono poi con uno stanziamento aggiuntivo per gli stipendi delle forze dell'ordine e, infine, con ulteriori fondi ai Comuni ed enti locali per i ristori rispetto alle modifiche dell'Irpef. All'inizio della prossima settimana, inoltre, potrebbe arrivare un altro emendamento del governo - il quarto - che interviene in materia di investimenti. In particolare, tra i punti che potrebbe affrontare, dovrebbe esserci una diversa suddivisione dei fondi per il Ponte sullo Stretto.
Domani c’è il termine per i sub emendamenti a quelli proposti dal governo. Le opposizioni hanno presentato 2.600 emendamenti pur sapendo di non avere alcuna speranza di vederne passare qualcuno. Non è ostruzionismo ma legittimo tentativo di esercitare la rappresentanza per cui sono stati votati ed eletti in Parlamento. La maggioranza è stata alla fine ligia al mandato e non ne ha presentati.
Veloce riassunto della legge di bilancio che vale circa 30 miliardi così ripartiti: la conferma nel 2024 del taglio del cuneo fiscale per i redditi fino a 35 mila euro vale 10 miliardi; la riforma delle aliquote Irpef che passano da quattro a tre vale 4,3 miliardi. Queste due misure riusciranno a dare circa 100 euro netti in più in busta paga. Al rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione sono destinati 7,3 miliardi; tre miliardi per la Sanità; un miliardo per famigli e bonus; alle imprese vanno 3,1 miliardi e altre due per le infrastrutture.
Più soldi alle forze armate e di polizia
Il famigerato articolo 33, che prevedeva un taglio per le pensioni per oltre settecentomila dipendenti pubblici medici compresi nell’arco dei prossimi vent’anni, è stato modificato ma non cancellato come chiedevano i sindacati. Per medici e infermieri, ad esempio, il taglio sarà praticamente annullato se si sta al lavoro tre anni in più. Fino a settant’anni. C’è odore di pasticcio e i sindacati confermano gli scioperi. Anche quello dei medici il 18 dicembre.
L’ultimo affronto, quasi una provocazione, è stato l’emendamento che destina cento milioni in più per il comparto sicurezza, forze di polizia, forze armate e vigili del fuoco. Siamo tutti d’accordo che il comparto sicurezza debba essere sostenuto e che 6 euro per un’ora di straordinario di un agente di polizia, siano un insulto. E quindi ben venga l’aumento delle risorse, il riconoscimento di un lavoro molto delicato e di responsabilità. E però non sono gli stipendi che garantiscono la certezza della pena e l’efficacia della prevenzione e della repressione.
La provocazione consiste nel fatto che questi soldi arrivano per metà (50 milioni) dal fondo destinato alle modifiche richieste dai gruppi parlamentari. Altri cinquanta sono stati presi dal Fondo accoglienza migranti e minori. Per dirla meglio: il governo con una mano dà - giustamente - più soldi alle forze di polizia e con l’altra toglie le risorse per cercare di tenere lontani dal crimine e dalla piccola - ma non per questo meno impattante - microcriminalità quei migranti spesso minorenni che sbarcano in Italia e poi restano fuori da ogni percorso di inserimento sociale. Ora forse si capisce anche meglio perchè in un altro decreto il governo aveva modificato la norma sui centri per i minori aumentando le presenze negli stesi centri.
Ma rinuncia a 450 milioni
La cosa ha fatto andare in bestia tutte le opposizioni, da Avs al Pd, Italia viva e Azione compresi. Anche perché è saltato fuori che in un altro decreto soprannominato Anticipi il governo ha esonerato le società energetiche dal pagamento dell’ultima rata di extraprofitti, una somma pari come minimo a 450 milioni. Una cifra importante, che il governo ha rinunciato ad incassare pur avendo bisogno di fare cassa per aumentare stipendi e indennità alle forze armate e alle forze di polizia. C’è qualcosa che non torna, in effetti. A maggior ragione con questi decreti Anticipi che, accavallandosi nei tempi con la legge di bilancio, dà l’idea di essere uno strumento che ha fatto rientrare dalla finestra cose che erano state escluse dalla legge di bilancio.
Le sorprese non finiranno qua. Nelle prossime ore, il tempo di leggere bene i testi incrociando magari con altri procedimenti come il decreto Anticipi, salteranno fuori altre “curiosità”. Che non depongono per un passaggio facile in Parlamento. Nonostante i numeri molto alti della maggioranza.
L’ultimo Consiglio europeo utile
Un finale d’anno di fuoco sul piano politico-economico e finanziario. Giovedì e venerdì (14-15 dicembre) a Bruxelles i capi di stato e di governo dei 27 si troveranno a Bruxelles per l’ultimo Consiglio europeo dell’anno. E uno degli ultimi della legislatura. Nelle stesse ore, il 14, in aula alla Camera è previsto il disegno di legge di ratifica del Mes prima firma Luigi Marattin (Iv). Il ministro Giorgetti l’altro giorno ha lasciato intendere che potrebbe essere quella la volta buona che il governo fa qualcosa che tanto prima o poi, meglio prima, deve fare. Giorgia Meloni e la stessa Lega (il partito di Giorgetti) non sono così d’accordo. Ma un ulteriore rinvio, ipotesi che sta prendendo piede, sarebbe vissuta molto male da Bruxelles. Che tiene comunque in mano il nostro destino dovendo decidere le regole del nuovo Patto di stabilità.
La sensazione è quella di scivolare sempre di più verso un angolo da dove sarà difficile, comunque molto costoso, uscire.