[Il commento] Salvini tiene la Manovra ferma un altro giorno
La Lega aspetta che il Cdm avvii il percorso per l’autonomia di Lombardia e Veneto per dare il via libera al maxi emendamento che contiene la Manovra. Previsto per ieri sera, sarà depositato solo oggi alle 14 e diventerà legge “a scatola chiusa” con il voto di fiducia prima al Senato e poi alla Camera. Ricalcolati al ribasso i costi di reddito di cittadinanza e quota 100, si riduce anche la flat tax per le partite iva. Il Pd minaccia di occupare l’Aula del Senato. Intanto la conferenza stampa di fine anno di Conte slitta a dopo Natale.
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Per due ore, a frenare la folle corsa della maggioranza per riuscire ad approvare in meno di una settimana una delle leggi di Bilancio più importanti della storia repubblicana è stata la Lega. Il vicepremier Matteo Salvini si è voluto prima accertare che il Consiglio dei ministri, convocato proprio per questo motivo ieri, desse il via libera al “percorso per l’autonomia” di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Il leader della Lega temeva uno stop da parte dei Cinquestelle, contrari ad accettare le richieste venute dalle Regioni del Nord “ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione” in quanto convinti che inevitabilmente, se accolte, penalizzeranno quelle del Sud dove loro sono fortissimi. Matteo Salvini però non poteva permettersi di arretrare e, soprattutto, di ritrovarsi contro Attilio Fontana e Luca Zaia, i governatori leghisti che devono rendere conto degli impegni presi coi loro elettori e che, oltretutto, hanno sempre tenuto aperto il filo del dialogo con Silvio Berlusconi, che li cerca e li incoraggia perché “sente” il malessere del Nord a causa di alcuni interventi legislativi del governo.
Il capo del Governo assicura: “C'è assoluta unanimità, pieno consenso di tutte le forze politiche che sostengono il governo". Alla conferenza stampa di fine Consiglio dei ministri, però, tutti hanno potuto notare che, al fianco di Conte si sono presentati solo due ministri padani: quello dell’Interno e quello degli Affari Regionali. In mezzo proprio il premier, che si è proposto come “garante della coesione nazionale". Incassato l’impegno di tutto l’esecutivo ad avviare il processo di autonomia con un incontro previsto per “il 15 febbraio”, il leader della Lega ha sbloccato la situazione.
Per tutto il pomeriggio, nell’ufficio del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti hanno continuato a giungere proposte di modifica e controproposte sui principali punti della legge di Bilancio. A furia di fare modifiche e di spedirle alla Ragioneria generale dello Stato perché verificasse coperture e costi, M5S e Lega hanno così sforato i tempi, perdendo un altro giorno ma guadagnando un’altra lunga notte per le trattative. Spazio per errori non ce n’è più. La “Manovra del cambiamento” è già un unico nella storia: non è stata discussa nemmeno in commissione, ma prenderà forma direttamente nell’Aula del Senato, dove sarà votata domenica con un voto di fiducia, dunque senza dibattito, per poi passare alla Camera dove seguirà la stessa trafila.
A Montecitorio il voto, inizialmente previsto per il 27 dicembre, slitterà dunque al 28. “Ci prendiamo tutte le responsabilità e chiediamo scusa per il ritardo, dovuto, e a nostro giudizio giustificato, alla trattativa con la Commissione europea”, ha detto il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, durante il dibattito in aula sul calendario dei lavori. “Ci vuole più tempo, la Ragioneria non è abituata". Anche il presidente dei senatori M5s, Stefano Patuanelli, ha ammesso, non senza un qualche imbarazzo dei suoi, che "la situazione complessa" è "legata al fatto che solo mercoledì Bruxelles ha sciolto le riserve su una possibile procedura di infrazione". Questa strozzatura del dialogo già ha causato il dissenso di una senatrice pentastellata, Elena Fattori: “Voterò la fiducia, anche se ci sono parti decisamente discutibili. Non c'è stato di fatto un passaggio parlamentare serio e questo è piuttosto grave. Dopodiché ho già comunicato al capogruppo che non voterò più fiducie”, ha anticipato alla Adnkronos.
Al di là del disagio che serpeggia tra i parlamentari e delle dichiarazioni rilasciate a futura memoria, resta il fatto che il maxi-emendamento contenente la Manovra arriverà al Senato oggi alle 14. Tiscali, però, è riuscito a vedere l’ultima bozza, di oltre trecento pagine. Rispetto alla versione originaria di settembre, scendono gli stanziamenti per i Fondi destinati a finanziare le due misure spot del governo, reddito di cittadinanza e quota 100: una drastica riduzione che è la conseguenza degli accordi raggiunti dal Governo con le autorità di Bruxelles. Per il reddito di cittadinanza vengono stanziati 7,1 miliardi di euro per il 2019, circa 8 miliardi per il 2020 e altri 8,3 miliardi all'anno a decorrere dal 2021. La riforma delle pensioni, invece, viene ridimensionata a 3,9 miliardi per il 2019, a 8,3 miliardi nel 2020 e a 8,6 mld nel 2021. La “flat tax” al 7% per i pensionati che vivono all'estero e che si trasferiscono nelle regioni del Mezzogiorno è confermata ma con una limitazione: dovranno trasferire la residenza in una paese o, comunque, in una cittadina con popolazione non superiore a 20mila abitanti. Diminuisce la portata anche dell’altra flat tax, quella a favore di professionisti e imprenditori. La tassa piatta al 20 per cento per le partite Iva con regime forfettario tra i 65mila e i 100mila euro non varrà infatti per “gli esercenti di attività d'impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all'esercizio dell'attività, a società di persone, ad associazioni o a imprese familiari”. Secondo i calcoli della Ragioneria, l’impatto della misura sarà ridottissimo.
Aumenta invece da 45mila a 50mila euro il limite al di sotto del quale scatteranno gli eco-incentivi per l'acquisto di automobili poco inquinanti, ibride o elettriche, mentre resiste l’ecotassa sulle auto nuove inquinanti, che pure la Lega si era impegnata a togliere. La Manovra non si è dimenticata nemmeno delle voragini aperte nelle strade di Roma, prevedendo stanziamenti per la viabilità nella città governata da Virginia Raggi e persino la possibilità che l’Esercito venga utilizzato per chiudere le buche.
Il premier, intanto, ha deciso di rinviare a dopo Natale la conferenza stampa di fine anno che era stata programmata e, per descrivere la situazione di emergenza in cui si trova il suo Governo, è ricorso a una metafora calcistica: “Siamo in zona Cesarini”, ha ammesso nel pomeriggio. Più diretto il capogruppo dem al Senato Andrea Marcucci, che, anticipando l’intenzione del Pd di occupare l’Aula del Senato, ha tuonato: “Siamo contro la Costituzione”, mentre Forza Italia, come forma di protesta, ha deciso che i suoi senatori daranno le spalle ai banchi del Governo.