[Il retroscena] Lo scacco matto di Salvini al Sud, ecco i candidati della Lega per diventare destra nazionale. E gli animalisti finiscono dentro Forza Italia
I candidati salviniani correranno verso l’elezione anche in Campania, in Sicilia, in Puglia e in Calabria. Nei due principali “serbatoi” di voti del centrodestra correranno per conquistarsi un seggio sotto le insegne di Alberto da Giussano l’uscente ex forzista poi salviniana Pina Castiello e Gianluca Cantalamessa (nel Napoletano) e il tandem Angelo Attaguile (al Senato nel Catanese) e Alessandro Pagano (a Caltanissetta). Due candidati leghisti (gli uscenti ex fittiani Nuccio Altieri e Roberto Marti) correranno in Puglia, ma pure in Calabria ci potrebbe essere - a Catanzaro - un candidato leghista in un collegio maggioritario. Hanno chance di farcela? Nel Carroccio sono sicuri di sì
Le elezioni del 4 marzo saranno la volta buona, quello del tanto atteso - da Matteo Salvini almeno - “sbarco” al Sud della Lega. Respinto il primo tentativo fatto con “Noi con Salvini”, tolta la definizione “Nord” dal nome del partito che fu di Umberto Bossi, il Carroccio sta per eleggere direttamente i suoi primi parlamentari nel Sud Italia. Dei 232 collegi uninominali per la Camera dei deputati e i 116 per il Senato sparsi per l’Italia, l’eurodeputato che corre come candidato premier ne ha strappati 121 per la sua Lega. Non sono però tutti concentrati al Nord come è stato in passato e si poteva immaginare pure stavolta, ma distribuiti sull’intero territorio nazionale. E’ stato Salvini stesso a reclamare per il suo partito al tavolo con Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Lorenzo Cesa venti candidati della coalizione nei collegi maggioritari nelle Regioni del Mezzogiorno. Non c’è solo il Lazio - dove correrà per esempio Barbara Saltamartini per Montecitorio - e la Lega ha organizzato più di una manifestazione, ma candidati salviniani correranno verso l’elezione anche in Campania, in Sicilia, in Puglia e in Calabria. Nei due principali “serbatoi” di voti del centrodestra correranno per conquistarsi un seggio sotto le insegne di Alberto da Giussano l’uscente ex forzista poi salviniana Pina Castiello e Gianluca Cantalamessa (nel Napoletano) e il tandem Angelo Attaguile (al Senato nel Catanese) e Alessandro Pagano (a Caltanissetta). Due candidati leghisti (gli uscenti ex fittiani Nuccio Altieri e Roberto Marti) correranno in Puglia, ma pure in Calabria ci potrebbe essere - a Catanzaro - un candidato leghista in un collegio maggioritario. Ha chance di farcela? Nel Carroccio sono sicuri di sì. I puzzle dei nomi e dei collegi del leghisti meridionali sarà chiuso lunedì pomeriggio: Salvini ha promesso che ci saranno, oltre ai già citati dirigenti del suo partito, anche diversi esponenti della società civile.
La "quarta gamba" del centrodestra
E’ nelle Regioni del Sud che anche la “quarta gamba” del centrodestra ritiene di essere decisiva e, pertanto, si è provata ad imporre strappando sette seggi aggiuntivi tra quelli che spettavano inizialmente a Forza Italia. I “sacrifici” degli azzurri, per la verità, non sono finiti lì. Con una iniziativa pubblica programmata proprio nel giorno della consegna dei simboli al Viminale, Michela Vittoria Brambilla ha annunciato che il suo Partito Animalista non correrà da solo alle elezioni, ma schiererà “alcuni candidati nelle liste di Forza Italia, unico partito che ha condiviso punti essenziali del nostro programma e, una volta al governo, li realizzerà”. Quotata diversi punti percentuali nei sondaggi dei mesi scorsi, la creatura dell’ex ministro avrebbe tolto voti preziosi agli azzurri e sarà “risarcita” per il sacrificio del passo indietro con alcuni collegi blindati. “Noi siamo amici degli animali, con noi al governo metteremo fuori legge gli allevamenti di animali per le pellicce, le sperimentazioni sugli animali e renderemo il veterinario gratuito”, ha spiegato, allisciando la folla, il Cavaliere, ospite d’onore del comizio all’auditorium del Museo della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci, a Milano.
A furia di “caricarsi” candidati altrui, però, i forzisti stanno entrando in stress. Protesta, per esempio, Gianfranco Rotondi. Segretario di Rivoluzione cristiana, alleato storico di Fi, l’ex ministro dice che “come nella parabola del figliol prodigo” accoglierà con “affetto la mezza dozzina di uomini di governo di Matteo Renzi tornati a casa in forma di quarta gamba”, ma non intende cedere nemmeno un posto da candidato - quasi tutti per donne - che aveva concordato con l’ex premier. “Non saremo noi il vitello grasso”, scherza.
Si chiariscono le cose anche dentro al Pd
Col passare delle ore e sei giorni dalla consegna delle liste si chiariscono le cose anche dentro al Pd. Il primo a dare il “buon esempio” di candidarsi in un collegio uninominale, rischiando qualcosa ma dimostrando di non temere nulla, è Paolo Gentiloni. Il premier in carica, che molti immaginano potrebbe rimanere al suo posto dopo le Politiche, ha deciso di non utilizzare la scorciatoia del listino proporzionale, ma di sfidare apertamente i candidati di centrodestra e dei Cinquestelle nel suo collegio naturale, che è il “Roma 1”, quello che insiste sul centro della Capitale. Lo ha annunciato direttamente via Facebook: “Mi candido in una delle aree più belle e amate del mondo. Alla grande bellezza sono associati, come ovunque nella Capitale, diversi problemi. Ho accettato la proposta del mio partito. Spero di contribuire al risultato del Pd e della coalizione con le liste Più Europa, Civica Popolare e Insieme”. In poche righe Gentiloni dice tre cose. La prima è che l’avversario, per lui, sono Virginia Raggi e i Cinquestelle, la seconda che il partito di Emma Bonino (fresco di endorsement di Carlo Calenda) sarà alleato col Pd e infine che la sua sarà una campagna da presidente del consiglio, non da “soldato semplice”: “La mia sarà naturalmente una campagna elettorale particolare. Sarò impegnato per far vincere il mio partito (...) ma senza sottrarre nulla agli impegni di Governo che restano fondamentali anche in queste settimane e che è mio dovere assolvere”. Come gli avevano suggerito il Capo dello Stato e la prudenza, l’ex ministro degli Esteri che Renzi ha voluto come suo successore a Palazzo Chigi e ha rimontato la classifica dei leader che godono della maggiore fiducia degli italiani, non si dimetterà di modo da poter restare in carica per il “disbrigo degli affari correnti” fintanto che sarà necessario. “Io geloso di Paolo Gentiloni? Mai stato. Abbiamo caratteri diversi”, ha voluto chiarire Renzi, stuzzicato dai cronisti.
La campagna elettorale molto "radicale" della Bonino
Ottenuto l’apparentamento col Pd per il suo partito, strappati alcuni posti “sicuri” nei collegi uninominali, Bonino ha cominciato una campagna elettorale molto “radicale”: “Vedo che la mia popolarità, nonostante gli acciacchi, è piuttosto alta tra i vari leader politici: non nascondo che mi faccia piacere. Una cosa voglio dirvi: “amatemi di meno e votatemi e votateci di più”. La soglia di sbarramento però è alta: 3%. Qualora lei e il cofodatore Benedetto Della Vedova, che sono riusciti ad evitare di dover raccogliere le firme grazie al soccorso di Bruno Tabacci, non dovessero raggiungere quella cifra, i voti andrebbero comunque a sommarsi a quelli del Pd.