Tra voci di scissioni e di regolamento di conti, la Lega sta facendo pulizia. Delle scorie del populismo

Ieri l’addio dell’europarlamentare Donato, quella che ha paragonato il motto nazista “il lavoro rende liberi” a “il vaccino rende liberi”. Il gruppo Lega si spacca nuovamente in aula nel voto di fiducia sul Green Pass/2

Salvini e Giorgetti, sempre più le due anime della Lega
Salvini e Giorgetti, sempre più le due anime della Lega

Ancora una giornata nera per la Lega. Ma chi scommette, un bel pezzo di Pd, sulla scissione del partito deve darsi ancora pazienza perchè non è alle viste. Chi invece ha il popcorn in mano per godersi il logoramento e la caduta del segretario - questa volta non solo il Pd - deve sapere che quel film è in programmazione ma non è chiaro ancora quando.

Il bilancio di giornata è pesante: la Lega appoggia il governo ma si spacca a Montecitorio e continua a perdere pezzi. Tra i 132 deputati, ci sono stati solo 80 voti favorevoli alla fiducia sul green pass bis, ben 52 assenti di cui 41 ingiustificati. L'ennesimo passaggio parlamentare conferma il malessere che il via libera al certificato verde sta provocando all'interno del partito di Matteo Salvini.

Di nuovo spaccati in aula

Nel frattempo, Francesca Donato, la pasionaria no vax, lascia il partito. Diventata famosa grazie alle tante comparsate in tv e da qualche uscita molto controversa, l'europarlamentare veneta ha spiegato così la scelta di abbandonare la Lega ima non il gruppo Identità e Democrazia (Id) che poi è lo stesso dei lepenisti: “Non posso più stare in un partito che sostiene l'esecutivo Draghi. La linea contro il green pass, pur condivisa da larga parte della base, è diventata minoritaria: prevale la posizione dei ministri, con Giorgetti, e dei governatori. Io non mi trovo più a mio agio e tolgo tutti dall’imbarazzo”.

Salvini non s’è scomposto più di tanto, Donato è un acquisto recente, non ha una storia legata al partito e tutto sommato durante la pandemia ha messo spesso in imbarazzo il corpaccione della Lega la cui netta maggioranza è a favore di tutto quello che possa essere utile per aprire il paese, crescere economicamente e dare spessore ad una ripresa ancora fragile. “Chi va lo ringrazio, lo saluto e tanti auguri” ha commentato laconico. Poi, più volte durante la giornata, a margine dei vari comizi elettorali che consuma al ritmo di 5-6 al giorno da nord a sud e viceversa, è tornato ad escludere di essere preoccupato per l'unità interna del partito. E ha twittato una serie di foto con i governatori e con il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. La didascalia diceva: “Dedicato a chi ci vuole male. Uniti si vince!", Quanto alla tesi che stia vincendo la linea di Giorgetti, Salvini taglia corto: "Non commento le fantasie, commento la realtà e la realtà sono le bollette, le tasse, ala lotta contro l’Imu”. Il dibattito su Donato e la sua uscita, ha spiegato il segretario, è faccenda che “affascina tre giornalisti qua e là.

“Tutto sommato meglio così”

La consegna nel partito è di abbassare i toni e non dare concime alle speculazioni. La verità è che nessuno sembra stracciarsi le vesti per l’addio di Donato. “Ma non c'è niente da dire....Si tratta di una che e' entrata nella Lega due anni fa, meglio così” ha commentato chiedendo però l’anonimato un deputato leghista di lunga esperienza. La Donato-story inizia per le europee del 2014 ma il “suo” Nord Est (è padovana) non risponde alle aspettative e le riserva solo 6000 preferenze. E’ il Sud, alla fine, che le dà i numeri per essere eletta. Nel 2018 si riavvicina alla politica, guida il circolo della Lega a Palermo - dove abita dal '99 dopo il matrimonio con un imprenditore della città - animando l'associazione “Progetto Eurexit”. Nel maggio 2019 si ricandida con la Lega, sempre alle europee, nella circoscrizione insulare e stavolta viene eletta al Parlamento europeo con 28.460 preferenze. Convinta no vax e no pass, di recente alcune sue uscite infelici hanno fatto storcere il naso a molti nel partito e le hanno scatenato dietro critiche e polemiche. Di recente in tv ha paragonato la frase di un medico “il vaccino rende liberi” ad “Arbeit macht frei”, il motto inciso all’ingresso di Auschwitz e di tanti altri lager nazisti. Qualche giorno fa su twitter ha ironizzato sulla morte per Covid di un medico di 64 anni nonostante la doppia dose del vaccino. Leggendo le parole e l’appello della famiglia del medico che aveva lanciato un appello alla vaccinazione, Donato replicò che erano dichiarazioni “credibili quanto una barzelletta”. Di fronte alle proteste della famiglia, e anche del partito, è stata costretta a cancellare il post e scusarsi.

Occhi puntati sugli altri frondisti

I tifosi della scissione leghista a questo punto vanno a vedere cosa succede dalle parti degli altri frondisti. L'addio di Donato segue di qualche mese quello del collega Vincenzo Sofo che ha sbattuto la porta dopo il voto di fiducia della Lega il 18 febbraio. Allora anche Gianluca Vinci votò contro il nuovo governo. Sia Sofo che Vinci hanno trovato posto in Fratelli d’Italia. Donato può scegliere: Fratelli d’Italia (“Meloni è coerente”) o Italexit di Paragone, il senatore eletto con il Movimento 5 Stelle ora in corsa a Milano. Gli altri frondisti sono quelli andati in piazza del Popolo lo scorso 28 luglio con i no vax e i no pass: Bagnai, Borghi, Pillon e Ferrero. La senatrice, che ha organizzato al Senato il contestato seminario sulle cure domiciliari, “unica e vera soluzione al virus”, ha già fatto sapere che resterà in Lega e che “Salvini è l’unico segretario”. Bagnai ha snobbato il tutto: “Sono al lavoro sui temi fiscali”. Un po’ l’ultima trincea per Salvini. Mollare lì sarebbe per lui la fine. Ma questo è noto anche a Draghi che invece vuole la Lega in maggioranza.

Tasse, Reddito e Quota 100, ultima trincea per Matteo

“Noi siamo e restiamo in maggioranza” ha ribadito ieri Salvini nei vari comizi elettorali dove si è concentrato su Quota 100 (“guai a chi vuol tornare al sistema Fornero”), Reddito di cittadinanza (“guai se qualcuno pensa di tenerlo in piedi”) per altro votato dalla Lega nel Conte 1. Salvini sta andando oltre vaccini e green pass. Alza la sua ultima bandiera contro i vaccini, dopo che tutte le altre gli sono state mangiate, rivendicando al pressing leghista il fatto che non si dovrà ricorrere all’obbligo del vaccino per legge. Ma soprattutto Salvini adesso punta sullo stop al rincaro delle bollette (il governo pensa di intervenire nel cdm di venerdì con un intervento da 3,5 miliardi grazie ad un tesoretto ricavato dall’assegno unico per i figli), sul taglio delle tasse e a far uscire dal tavolo il tema della revisione del catasto che andrebbe alla fine ad aumentare il peso fiscale sulle famiglie. Di ius soli e ddl Zan, cioè sui diritti cvili, non ne vuole neppure sentire parlare. Questo sarà il leit motiv del prossimo mese, quando saranno finiti i ballottaggi

Sono i temi cari da sempre alla Lega. Anche a quella governista di Giorgetti e dei vari presidenti di regione che invece su vaccini e green pass sono stati categorici nel seguire la linea Draghi. Tra loro il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, un salviniano doc, che ieri ha cercato di spiegare come “nel primo partito d'Italia è normale che ci siano correnti diverse, ma dentro la Lega non c'è spazio per i no vax”. Dunque ben vengano le uscite spontanee che tutto sommato levano di imbarazzo la maggioranza del partito.

Nuovi “arrivi” in Lombardia

Ieri pomeriggio, sul tardi, lo staff di Salvini ha comunicato con una qualche urgenza una conferenza stampa che il segretario terrà stamani a Milano. Malgrado le tensioni interne, pare ci siano buone notizie per Salvini: in Lombardia circolano rumors circa una diaspora di consiglieri azzurri pronti a passare alla Lega. Vedremo se le quinte colonne della Lega in Forza Italia, soprattutto al nord, organizzeranno questo colpo che potrebbe essere micidiale per Forza Italia prima delle amministrative e del voto a Milano. Del resto Salvini voleva il partito unico del centrodestra di governo, e magari anche liste uniche, proprio per evitare il sorpasso di Fdi nel voto del 3-4 ottobre.

La verità è che si attende il voto delle amministrative. Allora, ma solo allora, ci potrebbe essere una resa dei conti nella Lega e nel centrodestra. Anche a partire dal fatto che Salvini e Meloni potrebbero aver del tutto toppato la scelta dei loro candidati. Qualcuno, alla Camera, descrive un clima simile a quello del 10 aprile 2012. A Bergamo, quella sera, andò in scena “la notte delle scope” per fare piazza pulita degli scandali che avevano travolto la famiglia e la gestione Bossi. Il capo era Roberto Maroni. Che poi passò lo scettro al giovane Matteo Salvini. Neppure dieci anni fa.

Basta ambiguità, ora Salvini deve scegliere

Il segretario è sicuramente ad un bivio. La strada imboccata a febbraio quando ha portato la Lega nella maggioranza Draghi è stata una scelta importante ma finora vissuta con troppo ambiguità ed è giunto il momento di fare la scelta definitiva: restare nell’orbita delle destre sovraniste oppure entrare a pieno titolo nel mondo di una moderna destra europea e liberal. Il congresso del Partito popolare europeo in corso a Roma in questi giorni è in qualche modo una cartina di tornasole anche per Salvini e lo stato maggiore della Lega. Al congresso partecipa solo Forza Italia tra i partiti del centrodestra italiano, solo uno e anche il più “piccolo”: decisamente troppo poco per una coalizione che punta a governare l’Italia a partire dal 2023, in piena messa a terra e spesa - si spera - del Pnrr italiano.

Occorre avere chiaro in testa questo quadro per comprendere meglio i fatti dell’ultima settimana e delle ultime ore. E perchè è troppo riduttivo palare di due leghe, quella governista e quella di lotta. Se vuoi essere un partito di riferimento nell’Europa post pandemia, devi dimostrare di saper buttare vie le scorie imbarcata durante la tempesta populista degli ultimi dieci anni.