[L’analisi] Il fanatico della paura si è mangiato i Cinque Stelle. Ecco perché la Lega è diventata il primo partito d’Italia
Le iniziative a costo zero, la fuga dei voti di sinistra da M5S. L’addio al Movimento di parecchi esponenti locali. Dopo aver divorato Forza Italia, ormai destinata a sparire completamente dentro le sue fila, Salvini ha cominciato a erodere i suoi nuovi alleati, prima riducendone le distanze e poi avviando l’operazione sorpasso
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Quello che dicono i sondaggi, si sente nell’aria, ormai si respira. Per dire che non ci sarebbe neanche bisogno della matematica e di grandi studiosi per capire quello che sta accadendo. La Grande Marcia della Lega travolge tutto e appare sempre di più inarrestabile, inghiotte gli alleati vecchi e nuovi, di ieri e di oggi, e ormai si divora anche gli avversari. Il trionfatore dei primi giorni di governo, ma pure di quelli lunghissimi che li hanno preceduti, è Matteo Salvini.
E lo è a discapito di tutto e di tutti, anche di quelli che non ci credevano, che erano tanti, e anche di Roberto Maroni che gli diceva di lasciar perdere quest’avventura: «Il M5S è poco affidabile. I parlamentari della Lega rispondono a Salvini. Quelli del M5S invece a chi rispondono? A Di Maio? A Casaleggio? A Grillo? Alla rete? Imbarcarsi in un governo che potrebbe non durare 5 anni è rischioso».
Ma a Matteo non importa più quanto dura. Se si va al voto domani, lui ha già l’Italia in mano. E può permettersi pure di aspettare. Il suo è un credito che è solo in ascesa. Prima di cominciare sapeva già quale sarebbe stata la sua scommessa, la questione della difesa serrata delle frontiere, secondo il criterio tolleranza zero e immigrazione zero, in un Paese ormai stremato da anni e anni di invasione e di occupazione anche visiva del territorio, con i centri delle nostre città addirittura sommersi da negozi marocchini, pachistani, africani. Nella sua brutalità, risponde a una logica semplice, che se impedisci alle navi di arrivare e di varcare le acque territoriali, anche a costo di rischi etici tragici, prima o poi quelle zattere e quei traghetti saranno costretti a non partire.
In fondo era quello che aveva promesso in campagna elettorale, e ora che realizza tutto questo, la prova di forza può essere dispiegata con notevole impatto simbolico e politico in una opinione pubblica «fanatizzata dalla paura», come dice Giuliano Ferrara, «da un governo che sembra nato apposta per accantonare scrupoli umanitari e far finire la pacchia». Lo sospinge un vento che non è solo italiano, questo trumpismo trasversale, come dimostrano l’Ungheria e soprattutto l’America stessa, con un presidente che ha definito senza tentennamenti «stupratori» i clandestini venuti dal Messico, animali scappati «da paesi di merda», e accolti generosamente nel ricettacolo liberal dei progressisti californiani.
La musica è la stessa. Ma da noi è solo apparentemente suonata da due cantori. Perché questa è sempre e solo stata la musica della Lega, come riconosco sottovoce molti grillini un po’ recalcitranti: «Noi gli siamo semplicemente andati dietro». Alle copie si preferisce sempre l’originale, in fondo è così ovvio. E dopo aver divorato Forza Italia, ormai destinata a sparire completamente dentro le sue fila, nonostante gli ultimi, disperati tentativi di Berlusconi di ricostruirne un’identità, Salvini ha cominciato a erodere i suoi nuovi alleati, prima riducendone le distanze e poi avviando l’operazione sorpasso, soprattutto nel cuore dei suoi smottamenti periferici.
Molto più dei sondaggi hanno parlato chiaro i voti delle ultime comunali. In Toscana la Lega arriva al 25 per cento a Pisa, da dove era partita, cinque anni fa dallo 0,35, quasi inesistente, roba da Mario Monti o da prospettive berlusconiane. Il 4 marzo aveva ottenuto il 17. In 3 mesi è salita di quasi il 50 per cento. E il pd è dietro col 23 per cento, il M5S ha il 10, Forza Italia il 3,5. L’Istituto Cattaneo pubblica questa analisi sui flussi di voto a Pisa: gli elettori dei 5 Stelle «in larga maggioranza hanno preferito astenersi». Per il resto si è diviso tra chi (il 37 per cento) è rimasto fedele al simbolo che aveva votato e quelli che hanno preferito il centrodestra (il 43). Quasi insignificante il passaggio a sinistra. Potrebbe voler dire che, in pratica, il voto di sinistra del Movimento ha scelto semplicemente di disertare le urne (come dargli torto?).
A tutto questo, bisogna aggiungere lo smottamento periferico che sta interessando i Cinque Stelle, in Emilia, in Veneto, e in Campania, la regione di Luigi Di Maio e Roberto Fico. Dora Palumbo, ha annunciato le sue dimissioni dal gruppo consiliare di Palazzo d’Accursio a Bologna con queste parole: «Quella con la Lega è un’alleanza con la casta che per tanti anni avevamo combattuto. Andiamo a governare con una forza politica che non ha a cuore gli ultimi, ma cerca il consenso seminando odio e paura». Prima del voto di fiducia al governo si era dimessa Francesca Menna, dicndoe di aver ricevuto degli incarichi universitari inconciliabili con il suo ruolo di consigliere comunale. Pure Nicola Sguera, a Benevento, ha abbandonato il suo scranno: «Con la Lega neanche sotto tortura».
Raccontano le cronache di altre fibrillazioni in Campania. E in Veneto, dove a Belluno, se ne erano andati in sette, tuonando «siamo diventati come gli altri partiti!». A Vicenza, il M5S non si è neanche presentato alle amministrative, come a Siena. A Torino la pattuglia di cinque NoTav integralisti stanno sostenendo la giunta Appendino per ora con qualche sbuffo e fatica. Quando è scoppiato il caso dell’Aquarius, una di loro ha sbottato ironicamente: «Preferivo che questo governo fermasse un treno».
Il risultato alla fine è abbastanza banale, e sotto gli occhi di tutti. La prima, e più evidente, è che le cose della Lega si possono fare, senza considerare le questioni economiche, che quelle saranno un capitolo a parte. Perché non è vero che Salvini sta dettando l’agenda. E’ vero soltanto che i suoi temi hanno molta più presa popolare di quelli grillini, dall’immigrazione alla sicurezza. Per il Movimento 5 Stelle ci sono i vitalizi, di cui si parla tanto, ma non si fa niente. E poi c’è la Giustizia contro i corrotti. E qui bisognerebbe chiedersi perché nella percezaione popolare lo Sceriffo Bullo (Lega) piaccia molto di più del Magistrato Inflessibile (5 Stelle). Forse perché lo Sceriffo è visto come uno che se la prende solo con gli altri, mentre il Magistrato con tutti? E quindi anche con noi?