[L'inchiesta] Appare e scompare la tassa sulle badanti. Così la Lega ha stravolto (senza dirlo) il decreto Di Maio

Tredici emendamenti del gruppo “Per Salvini premier” depositati alla Camera cambieranno passaggi decisivi del Decreto Dignità: non spariscono gli aumenti per i rinnovi dei contratti, ma le tasse in più verranno restituite dopo due anni. La Lega  depotenzia le norme contro le delocalizzazioni e sblocca i finanziamenti alle tv locali. I Cinquestelle abbozzano perché vogliono approvare il primo provvedimento firmato da Di Maio. “Fiducia? Vedremo”, dice il vicepremier

[L'inchiesta] Appare e scompare la tassa sulle badanti. Così la Lega ha stravolto (senza dirlo) il decreto Di Maio

Rispetto a quello che poteva essere, il fascicolo degli emendamenti depositati dalla Lega giovedì sera alle venti in commissione Bilancio alla Camera non era nemmeno poi così corposo. 

Quattordici pagine fitte per tredici proposte di modifica al Decreto Dignita’ scritto da Luigi Di Maio. Il partito di Matteo Salvini ha proposto meno ritocchi al testo di quelli presentati dai Cinquestelle (21 in 26 pagine), ma si è concentrato su modifiche sostanziali. 

Il gruppo “Lega per Matteo Salvini premier”, come recita la copertina chiederà all’Aula moltissime modifiche e tra queste  di reintrodurre i voucher che il ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico aveva cancellato e una compensazione rispetto all’aumento delle tasse sui contratti a tempo determinato. Sul primo punto c’era stata una tensione fortissima tra i due partner di governo e per la prima volta il ministro dell’Interno aveva pubblicamente sconfessato il socio: “Cercheremo di migliorare il testo”. 

Il decreto licenziato da Palazzo Chigi prevedeva la totale abolizione, ora invece una proposta di modifica (Ac 924)  ne chiede il reinserimento per i settori dell'agricoltura e del turismo. Ad andare in pressing sui collaboratori di Di Maio era stato Gian Marco Centinaio, ministro leghista dell’Agricoltura e del Turismo. Ha ottenuto una deroga sui voucher proprio sui settori di sua competenza. Il compromesso trasformato in emendamento da inserire nel dl Dignità prevede che i buoni potranno essere utilizzati in agricoltura, turismo ed enti locali. Rispetto ai vooucher di un tempo le differenze non saranno abissali: il meccanismo di acquisto sarà ibrido. La procedura si avvierà online, ma il voucher sarà poi stampato e sarà quindi utilizzato in forma cartacea. Il buono sarà valido per 7 giorni. 

I leghisti modificheranno il sistema deciso dall’altro vicepremier per lo split payment e riformano e potenziano i Centri per l’impiego.  Quest’ultimo emendamento (Ac 924) ha una valenza simbolica importante. E’ proprio in questi Centri che dovrebbe essere disposto e poi distribuito il reddito di cittadinanza, che poi era il cuore della proposta programmatica dei Cinquestelle in campagna elettorale. 

La differenza tra avere dei Centri funzionanti che cercano e trovano un lavoro per chi percepisce l’assegno e Centri che non funzionano e quindi vanificano l’investimento sui disoccupati è decisiva. “La norma si propone di potenziare i centri attraverso la destinazione di una quota delle facoltà assunzionali proprie delle regioni al rafforzamento degli organici dei Centri per l’impiego”, scrive la Lega. Di fatto si autorizzano le Regioni  a fare nuove assunzioni per potenziare la funzionalità delle strutture, niente di più. Su un altro tema i leghisti - chissà perché - hanno deciso di imporsi. Se il sottosegretario con delega all’Editoria vuol togliere tutti i contributi e il ministro per le Comunicazioni - cioè lo stesso Di Maio - non sembra avere molto in simpatia i media, i salviniani piazzano a sorpresa dentro al decreto Dignità un emendamento a favore delle tv locali: con l’articolo 9 sbloccano “i fondi all’editoria locale” allo scopo di “salvare 5 k di posti di lavoro”, come recita - facendo sfoggio di slang giovanile - una frase appoggiata sotto al  testo del fascicolo consegnato.

Senza fare troppo rumore e senza stravolgere - apparentemente - la filosofia del decreto imposta da Di Maio, la Lega è intervenuta anche sul passaggio controverso che riguarda l’aumento delle tasse sui rinnovi contrattuali. È il dispositivo che secondo l’Inps comporterà ottomila contratti in meno e mette a rischio moltissimi lavoratori. Se le associazioni di categoria hanno lanciato ieri - via Corriere - per colf e badanti e gli insegnanti delle scuole private sono sul piede di guerra, anche i 24 banconieri della buvette di Montecitorio sostengono di essere a rischio. Sulla causale il M5S non ha ceduto a Confindustria, dunque non ci sarà alcuna modifica sui contratti a tempo determinato. Il “trucco” suggerito dal pacchetto di emendamenti leghista è finalizzato però  a compensare quell’aumento dei costi sul medio periodo. I datori di lavoro lamentano di avere maggiori costi per rinnovare i contratti a tempo determinato? Come andare incontro alle esigenze dei piccoli e medi imprenditori del Nord Est? Restituendo loro i soldi, pari allo 0,5 per cento, che Di Maio ha deciso di chiedergli ai primi rinnovi. L’emendamento leghista depositato pochi minuti prima della chiusura dei termini prevede un meccanismo di credito d'imposta che consente alle imprese di recuperare i costi aggiuntivi per i rinnovi dei contratti a tempo negli anni successivi, quando il lavoratore precario viene stabilizzato. Così facendo la tassa aggiuntiva ha le sembianze di un semplice “anticipo”. 

Gli ex padani sono riusciti a strappare anche alcuni ritocchi alla parte del  Dl Dignità che riguarda i giochi, il contrasto alla ludopatia, d’ora in avanti ribattezzata “disturbo da gioco d’azzardo”. Cambia addirittura la denominazione: dai “giochi e scommesse con vincite in denaro” si comincerà a parlare di “gioco d'azzardo regolamentato”. 

“La natura del testo non cambia”, rivendica la viceministro del Tesoro Laura Castelli, plenipotenziaria del leader Cinquestelle nelle trattative coi leghisti per “perfezionare” il testo. Ma se fosse rimasto identico al testo originario i viceministri M5s e Lega nei ministeri del Lavoro e dell'Economia,  i presidenti e i vicepresidenti delle rispettive commissioni, non avrebbero fatto una riunione fiume di quasi dodici ore prima di consegnare il doppio faldone. 

Questo perché oltre alle correzioni imposte da Salvini e dai suoi, culturalmente e elettoralmente vicini alle associazioni di categoria e sensibili alle loro indicazioni, anche i Cinquestelle hanno depositato una serie di auto-correzioni al testo redatto dagli uffici del loro capo politico. Dal punto di vista numerico gli emendamenti presentati dai grillini sono addirittura più numerosi di quelli leghisti: 21 spalmati in 26 pagine di fascicolo. Uno  prevede l’esonero dal versamento di contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro nel caso in cui si trasformino contratti a tempo determinato per soggetti di età superiore a 35 anni, “nei limiti di spesa di 2 milioni annui”, un altro ridimensiona pesantemente le misure contro le delocalizzazioni. Anche su questo punto c’erano state fortissime resistenze della Lega. 

Non saranno più vietate, ma autorizzate solo in parte: le aziende decadranno dai benefici solo se il taglio dei posti di lavoro supererà il 50%. Per evitare il caos, forse suggerito dagli stessi tecnici del ministero del Lavoro e dello Sviluppo Economico, un emendamento ha posticipato l’entrata in vigore delle nuove regole sui contratti: fino al 30 settembre ci sarà un regime “transitorio” e continueranno a valere le stesse regole. 

Il decreto uscirà dalla Commissione - presieduta dalla pentastellata Carla Ruocco - pesantemente modificato, ma non è detto che quella versione sia la definitiva. Dopo, infatti, ci sarà un passaggio in Aula e poi, prima delle ferie di agosto, pure il voto del Senato. 

Per accelerare il dibattito e arrivare il prima possibile al traguardo, spaventato dal numero - 890 - di proposte di modifica già  depositate a Montecitorio, il vicepresidente del consiglio ipotizza di ricorrere al voto di fiducia, già sul primo provvedimento a sua firma. “Fiducia? Spero di no, però mi aspetto che ci sia un atteggiamento costruttivo sulle modifiche. Se poi si cominciano a fare 2-3mila emendamenti…”.