[Il retroscena] Dalla sospensione per rimborsopoli alle missioni per conto di Grillo: ecco le mosse anti-Cav di Giulia Sarti
Deputata romagnola alla seconda legislatura era stata sospesa - come altri - per 24 mila euro di mancate “restituzioni”, ma se l’è cavata accusando un collaboratore. Eletta presidente della commissione Giustizia di Montecitorio si è rifiutata di calendarizzare la proposta di riforma della legittima difesa, ha criticato la scarcerazione di Marcello Dell’Utri definendolo “cinghia di trasmissione della mafia con Silvio Berlusconi”. Ha messo in imbarazzo Matteo Salvini e fatto infuriare il Cavaliere per la gioia di Beppe Grillo

Per qualche settimana era stata più fuori che dentro. Quella storiaccia dei 24 mila euro dovuti al partito e mai bonificati sul conto corrente indicato dal partito l’aveva fatta transitare -velocemente - nella lista degli “impresentabili”. Giulia Sarti, però, ha dimostrato che a trattenersi i soldi era stato un suo collaboratore e l’aveva prontamente denunciato. Ecco perché dopo l’elezione - che è avvenuta come per tutti gli altri colleghi sospesi - il 4 marzo è stata subito riammessa a far parte del Movimento, invitata già alla prima assemblea degli eletti, convocata all’indomani del voto da Luigi Di Maio. La trentunenne romagnola alla seconda legislatura, entrata nel Movimento 5 Stelle il 13 dicembre 2007 per mezzo del meetup di Bologna, creatrice del gruppo Qui Bologna Libera, è stata non soltanto “perdonata”, ma addirittura promossa in un ruolo importantissimo. Appena due settimane fa è stata infatti eletta presidente della commissione Giustizia della Camera dei deputati.
Niente di strano se si considera che Sarti dopo essersi diplomata al liceo scientifico “Einstein” di Rimini si è laureata in Giurisprudenza (sempre a Bologna) con una tesi in diritto costituzionale sui “I referendum abrogativi nella prassi più recente (2003-2012)”, e dunque è una giurista più qualificata di molti dei suoi predecessori. La prima decisione assunta dalla presidente di una delle commissioni che interessano di più a Silvio Berlusconi e che discute di provvedimenti legislativi importanti è stata però uno schiaffo in faccia alla Lega e, di conseguenza, al resto del centrodestra. La prima dichiarazione ex cathedra pure peggio.
Sin dalla costituzione della commissione Giustizia, infatti, i forzisti chiedono che venga calendarizzata una proposta di legge per la riforma della legittima difesa e, ovviamente, spingono per la loro, firmata dalla capogruppo Mariastella Gelmini. L’argomento sta particolarmente a cuore anche Matteo Salvini che ne aveva fatto un provvedimento-bandiera per tutta la campagna elettorale, dopo che era andato a trovare quasi tutti i commercianti incriminati per avere reagito ad un tentativo di rapina negli anni scorsi, da Graziano Stacchio - benzinaio che ha ucciso il ladro - in giù. Sarti ha deciso di no, che non se ne parlerà. “E’ assai grave la decisione della presidente della Commissione Giustizia di non inserire la proposta di legge sul diritto di difesa all’ordine del giorno della Commissione”, denuncia Pierantonio Zanettin, deputato di Forza Italia e componente della commissione Giustizia. “I cittadini attendono da troppo tempo una normativa più chiara che eviti agli aggrediti, che si difendono, di evitare onerosi e penosi procedimenti penali e il il tema chiede un intervento urgente che certamente non può essere rinviato in attesa che la maggioranza di governo risolva i suoi problemi interni”, aggiunge. Il capogruppo azzurro in commissione, l’ex ministro Enrico Costa, ricorda di avere “chiesto invano già dieci giorni fa di inserire all’ordine del giorno il tema” e ancora “nel corso dell’ultimo ufficio di presidenza”. Ma sempre niente, Sarti ha detto no. “Questo tergiversare è certamente frutto di una divisione nella maggioranza nell’approccio al tema, che già nella scorsa legislatura ha visto Lega e M5stelle con tesi praticamente opposte”, aggiunge Costa.
Così facendo la Sarti è finita nel mirino del centrodestra. Questo attendismo ha infastidito anche alcuni leghisti, ma potrebbe spianare la strada ad una iniziativa diretta di Matteo Salvini, i cui uffici stanno lavorando ad un disegno di legge sul tema. L’impianto della legge sarebbe lo stesso della proposta di legge che fu presentata nel 2016 da Nicola Molteni, allora relatore di minoranza e oggi sottosegretario all’Interno.
La proposta leghista che faceva parte del programma del centrodestra condiviso anche con gli azzurri prevede la modifica dell’articolo 52 del codice penale dove “si considera che abbia agito per legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell'immobile, con violenza o minaccia di uso di armi di una o più persone, con violazione di domicilio”. Tradotto: c’è licenza di sparare o colpire per neutralizzare o allontanare chiunque si introduca in una abitazione privata o in luogo di lavoro, pur in costanza di una “proporzionalità tra la difesa e l’offesa”.
Le proteste dei forzisti e l’imbarazzo dei leghisti sono addirittura aumentate. Non soltanto Sarti non aveva calendarizzato il provvedimento che stava loro a cuore, ma ha diramato una nota pesantissima al momento della scarcerazione di Marcello Dell’Utri. La presidente della commissione Giustizia vedeva così la vicenda che ha interessato l’ex manager di Publitalia poi diventato senatore, per trenta anni stretto collaboratore dell’ex premier: “Rispettiamo le decisioni dei giudici”, premette, che “all’ennesimo tentativo da parte dei propri difensori, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha accolto la richiesta di scarcerazione di Marcello Dell’Utri”. Sull’ex senatore e sui suoi rapporti col Cavaliere, però, la presidente della commissione Giustizia usa parole di fuoco: “E’ un dato di fatto che un personaggio, già stato latitante nel 2014, ritenuto garante “decisivo” dell’accordo tra Berlusconi e Cosa nostra fino al 1992 e poi ancora portatore del ricatto di Cosa nostra allo Stato, cinghia di trasmissione tra la mafia e il primo governo Berlusconi del ‘94, ora potrà tornare a scontare il resto della sua pena non in una struttura carceraria, bensì nella propria casa”, scrive ancora la deputata.
Le accuse contenute in queste quattro righe sono pesantissime. Sarti sembra contestare anche l’aspetto umano della decisione presa dai giudici di scarcerare l’anziano manager, considerato a rischio-infarto: “L’hanno fatto uscire sebbene fosse già stata negata la relativa richiesta non appena 4 mesi fa, quando, nonostante le condizioni di salute già precarie, non era stata esclusa la possibilità di fuga e le cure mediche all'interno del carcere fossero state considerate all’epoca idonee”. Fosse per lei, dunque, l’anziano ex fondatore di Fi sarebbe dovuto rimanere ancora in carcere.
Le parole della deputata che fu eletta per la prima volta alle Politiche del 2013 nella circoscrizione XI Emilia Romagna non sono passate inosservate nè al Viminale nè a Palazzo Grazioli e rischiano di trasformarsi in una nuova ragione di attrito tra Salvini e Berlusconi, la cui alleanza sembra ogni giorno più traballante. Certo la mossa antiberlusconiana della neo-presidente pentastellata è piaciuta molto ai colleghi di partito più “ortodossi”, quelli che provano a resistere - come Roberto Fico, la senatrice Paola Nugnes, altri dirigenti vicinissimi a Beppe Grillo - a quella che è stata definita l’ opa della Lega sui Cinquestelle.
La “resistenza” qualche risultato sembra averlo prodotto se è vero che l’ultimo sondaggio realizzato da Quorum/YouTrend per Sky Tg 24 ha confermato ieri che il M5S resta il primo partito in Italia, con il 28,1% delle preferenze, seguito dalla Lega al 27,7%. Rispetto al 4 marzo i pentastellati perdono 4,5 punti mentre cresce ( + 10%) il Carroccio, ma per il sorpasso bisognerà aspettare ancora un po’.