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Al via la campagna referendaria: quesiti sul lavoro e sulla cittadinanza. Tutto quello che c'è da sapere

Parte a Milano Futura 2025, obiettivo sensibilizzare l'opinione pubblica. Le consultazioni si terranno l'8 e 9 giugno, in concomitanza con i ballottaggi delle amministrative. Landini: "Tutti alle urne, poi ognuno decide cosa votare"

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Landini alla consegna delle firme per i referendum (Ansa)
Landini alla consegna delle firme per i referendum (Ansa)

Prende il via oggi la campagna per i referendum su lavoro e cittadinanza promossi da Cgil e Più Europa. Una due giorni di incontri alla Camera del lavoro di Milano, dal titolo "Il voto è la nostra rivolta", per affrontare i temi che sono al centro dei quesiti referendari che verranno sottoposti al vaglio delle urne i prossimi 8 e 9 giugno, in concomitanza con i ballottaggi delle elezioni amministrative, calendarizzate per domenica 25 e lunedì 26 maggio. 

Futura 2025, questo il nome dell'evento, prevede l'avvicendarsi sul palco di una serie di ospiti tra intellettuali e personalità del mondo del lavoro e dell'economia, docenti ed esperti, per analizzare i temi intorno ai quali nascono i cinque quesiti proposti. L'obiettivo della kermesse sarà ovviamente quello di sensibilizzare l'opinione pubblica per far sì che il quorum possa essere raggiunto. La concomitanza con i ballottaggi e non con il primo turno delle amministrative potrebbe non giocare a favore, è il timore dei promotori. Negli ultimi trent'anni, val la pena ricordarlo, delle 11 consultazioni, solo nel 1995 e nel 2011 si raggiunse il quorum. In tutti gli altri casi le percentuali di affluenza furono piuttosto basse. 

Per Maurizio Landini, che aprirà i lavori a Milano, "se raggiungiamo il quorum, e l'obiettivo è raggiungerlo, significa che il giorno dopo si cambieranno le leggi balorde che sono state fatte in questi anni e le persone avranno tutele e diritti in più". Il segretario della Cgil ha chiesto a tutte le forze politiche di collaborare per portare alle urne i cittadini "poi ognuno decide cosa votare". Sabato ci saranno collegamenti con le principali città tra cui le piazze di Torino, Roma, Napoli, Bari e alcune internazionali: Parigi, Bruxelles e Barcellona.

Quali sono i quesiti 

Dei cinque referendum quattro sono sul lavoro e puntano a modificare alcune norme del Jobs Act introdotto da Renzi, norme sulla sicurezza sul lavoro e sull'indennità di licenziamento. Il primo mira ad abrogare la norma che non riconosce il diritto al reintegro in caso di licenziamento illegittimo, per coloro che sono stati assunti dopo il 7 marzo 2015, data dell'entrata in vigore del Jobs Act. Per questi lavoratori l'imprenditore può scegliere di pagare un indennizzo piuttosto che riaccoglierli tra le scrivanie aziendali. La norma è contenuta nel decreto legislativo n. 23/2015, uno dei testi fondanti del Jobs Act e la sua abrogazione restituirebbe il principio di uguaglianza: parità di trattamento a parità di torto subito. Di seguito il testo

Volete voi l’abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza?

Il secondo quesito si concentra sui lavoratori e le lavoratrici delle piccole aziende quelle con meno di 16 dipendenti. Per questi ultimi è prevista un'indennità a titolo di risarcimento di 6 mensilità per il licenziamento ingiusto. L'articolo lascia alla discrezionalità del giudice il compito di stabilire un risarcimento proporzionato da valutare caso per caso.

Volete voi l’abrogazione dell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, recante “Norme sui licenziamenti individuali”, come sostituito dall’art. 2, comma 3, della legge 11 maggio 1990, n. 108, limitatamente alle parole: “compreso tra un”, alle parole “ed un massimo di 6” e alle parole “La misura massima della predetta indennità può essere maggiorata fino a 10 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai dieci anni e fino a 14 mensilità per il prestatore di lavoro con anzianità superiore ai venti anni, se dipendenti da datore di lavoro che occupa più di quindici prestatori di lavoro"?

Il terzo quesito si concentra sui lavoratori a termine, chiedendo la cancellazione della liberalizzazione dei contratti non a tempo indeterminato e il ripristino dell'obbligo di causali per ogni assunzione a tempo determinato, anche se inferiore ai 12 mesi. 

Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81 recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, comma 1, limitatamente alle parole “non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque”, alle parole “in presenza di almeno una delle seguenti condizioni”, alle parole “in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 31 dicembre 2025, per esigenze di natura tecnica, organizzativa e produttiva individuate dalle parti;” e alle parole “b bis)”; comma 1 -bis , limitatamente alle parole “di durata superiore a dodici mesi” e alle parole “dalla data di superamento del termine di dodici mesi”; comma 4, limitatamente alle parole “,in caso di rinnovo,” e alle parole “solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi”; articolo 21, comma 01, limitatamente alle parole “liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente”?

E' la sicurezza sul lavoro il tema al centro del quarto quesito che chiede l'abrogazionde delle norme per cui l'impresa appaltante non conserva la responsabilità sulla sicurezza anche per i danni legati ai rischi "specifici" delle aziende appaltatrici o subappaltatrici. Il caso è quello degli infortuni o della sicurezza in generale la cui responsabilità attualmente non si estende alle subappaltanti. Il committente attualmente risponde solo di rischi generici; per i rischi specifici risponde solo il subappaltante. 

Volete voi l’abrogazione dell’art. 26, comma 4, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro” come modificato dall’art. 16 del decreto legislativo 3 agosto 2009 n. 106, dall’art. 32 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modifiche dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nonché dall’art. 13 del decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con modifiche dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, limitatamente alle parole “Le disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici”?

Il quesito sulla cittadinanza

Attualmente lo straniero può ottenere la cittadinanza italiana a seguito di residenza continuativa di 10 anni nel territorio della Repubblica. Il quesito referendario porta da 10 a 5 anni questo vincolo. Modificando l'attuale articolo 9 della legge 91 del 1992 - che introduce il principio dello ius sanguinis per cui si ottiene lo status solo se uno dei genitori è italiano -, dopo 5 anni gli stranieri o le straniere potrebbero fare richiesta e trasmettere automaticamente la cittadinanza ai figli minori. Secondo le norme vigenti una persona che nasce in Italia da genitori stranieri può fare richiesta di cittadinanza solo al compimento del 18esimo anno d'età, nell'arco però di un solo anno ovvero entro il 19esimo. Se invece la persona non è nata in Italia deve dimostrare di aver risieduto initerrottamente per almeno 10 anni. Attualmente le persone straniere nate o residenti in Italia che potrebbero beneficiare di questa norma - molte delle quali, ricordiamolo, italiane di fatto - sono circa 2 milioni e 500 mila

Volete voi abrogare l'articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?

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