La sottosegretaria Frassinetti, il latino alle medie e l'inno di Mameli che diventa multietnico
Ragazzi di 72 culture e lingue diverse che lo cantano, e la reintroduzione della madre di molte lingue. Una doppia spinta politica che fa riflettere
Paola Frassinetti, sottosegretario all’Istruzione ed al Merito del governo di Giorgia Meloni, storica esponente di Fratelli d’Italia, racconta una doppia rivoluzione nelle aule scolastiche, in un’intervista a Matteo Cantile e al sottoscritto a TGN Today, approfondimento quotidiano di Telenord. E, per una volta, parlando di scuola, si entra davvero nelle aule, nei
programmi, negli insegnamenti, uscendo dai temi astratti e dai massimi sistemi.
Latino, fin dalle medie
La prima rivoluzione è quella dell’insegnamento del latino a scuola e della reintroduzione della lingua già alle medie. E, a questo punto, vale la pena di fare un brevissimo riassunto delle puntate precedenti: il latino alle medie un tempo faceva parte dei programmi scolastici, poi le varie riforme l’hanno lasciato nei programmi di licei classici e scientifici e quindi e quasi tre anni fa fece capolino in uno dei fascicoli delle risposte scritte alle interrogazioni di Palazzo Madama, quando un gruppo di senatori azzurri chiese se fosse opportuno che il latino tornasse anche a quelle che un tempo erano le “medie inferiori” e che oggi si chiamano “scuole secondarie di primo grado”. L’allora ministro dell’Istruzione del governo guidato da Mario Draghi, che era Patrizio Bianchi, aprì uno spiraglio all’ipotesi e la raccontammo proprio qui su Tiscali News, ripresi il giorno dopo da tutta la stampa nazionale.
Ritorno al passato, che non fa male
Ecco, quello spiraglio, quel pertugio, oggi è diventato un portone spalancato e ad aprirlo è proprio la sottosegretaria Frassinetti che spiega: “Ogni istituto scolastico potrà decidere nella sua autonomia, ma possiamo tranquillamente dire che per chi vuole, il ritorno al latino nelle medie è già realtà”. E l’esponente di Fratelli d’Italia spiega anche il valore didattico e formativo dell’insegnamento di questa lingua, come sempre “secchiona” – e mai parola è più adatta di questa per raccontare vicende scolastiche – avendo compulsato tutti i pareri di pedagoghi e formatori che hanno analizzato gli effetti dell’insegnamento del latino già nella preadolescenza.
Ma il latino a scuola è solo la prima delle rivoluzioni targate Frassinetti
L’altra è iniziata addirittura nel 2012, quindi dieci anni prima del suo ingresso al governo, quando è stata approvata una legge che aveva come prime firme la sua e quella di Maria Coscia, una deputata del Pd poi scomparsa e a cui la sottosegretaria ha dedicato la norma. La legge prevede l’insegnamento delle parole dell’Inno di Mameli, di tutte le strofe, non solamente quella che siamo abituati a sentire prima delle competizioni sportive internazionali e sul podio quando si vince, e il significato della bandiera e del 17 marzo, “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera”, anniversario del giorno in cui è stato proclamato il Regno d’Italia, il 17 marzo 1861, nelle scuole.
Sapere quel che voleva dirci Mameli
Diciamoci la verità: la legge sull’insegnamento di tutte le strofe dell’inno è stata spessissimo ignorata e probabilmente il primo a prenderla davvero sul serio è stato l’attuale ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara che ha inviato una circolare a tutti gli istituti scolastici per sollecitarne l’applicazione. Il racconto della sottosegretaria Frassinetti avviene a Genova, che è la sua città di origine, prima che si trasferisse in Lombardia, ma a cui è rimasta molto legata e addirittura c’è una piazza, a Quinto al Mare, dove c’è la parrocchia di San Pietro che porta proprio il suo nome “Santa Paola Frassinetti”. Dove la Santa, ovviamente non è lei, né tantomeno una sua collega di partito così soprannominata, ma una sua antenata. Ma Genova è soprattutto, anche con una recente deliberazione unanime del consiglio comunale, la “Città dell’Inno Nazionale”, visto che Goffredo Mameli e Michele Novaro, che scrissero parole e musica del “Canto degli Italiani” – questo il titolo ufficiale dell’inno italiano – erano entrambi genovesi e proprio a Genova avvenne la prima esecuzione pubblica.
Quei simboli dello Stato che non conosciamo
Fra l’altro, l’inno è stato finora un po’ misconosciuto fino a pochi anni fa. Ad esempio, addirittura la bandiera era normata dalla Costituzione, il più sacro dei documenti della Repubblica Italiana, addirittura nei “Principi fondamentali”, quelli che molti costituzionalisti ritengono immodificabili, nemmeno con la procedura aggravata delle revisioni costituzionali prevista dall’articolo 138 della Costituzione. Insomma, l’articolo 12 della Costituzione recita: “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”. Per il povero inno di Mameli, invece, fino a pochissimi anni fa, non c’era nemmeno il riconoscimento normativo e in qualche modo l’esecuzione del “Canto degli Italiani” era “abusiva”, non normata da un’apposita legge, che è arrivata recentissima grazie a una norma di cui è stato relatore un altro genovese, il parlamentare azzurro Roberto Cassinelli.
150 anni di cosa? E' da capire
Ma questo filo rosso, ma anche e soprattutto verdebiancoerosso che lega l’inno nazionale italiano a Genova passa anche da Roma e ovviamente dal Quirinale. E qui occorre fare un salto sul sito della presidenza della Repubblica ed imbattersi in un comunicato ufficiale dal titolo: 'Incontro su "Bilancio e significato delle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia", dove si racconta di una cerimonia – peraltro trasmessa in diretta televisiva su Raiuno – che è stata la più ufficiale e quasi “sacra” - dove, prima ancora di raccontare della presenza delle alte cariche dello Stato e dei discorsi di Aldo Cazzullo e Roberto Benigni, che sono stati fra i narratori dei 150 anni, “è stata aperta dall'esecuzione dell'Inno di Mameli da parte del Coro dell'Istituto comprensivo "Manin" di Roma diretto dal maestro Manuela Litro”.
E finalmente l'inno diventa multietnico
E qui siamo al racconto straordinario di questa scuola dell’Esquilino, frequentata da ragazzi di settantadue nazionalità diverse, che grazie al gran lavoro della musicista genovese è riuscita ad integrare i ragazzi e a farli sentire davvero parte non solo di una scuola, non solo di un progetto, ma proprio di una Nazione. Ecco, vedere questi ragazzi di tutte le etnie cantare alla perfezione tutte le strofe dell’Inno, quasi precursori inconsapevoli dell’applicazione reale e non solo della presenza sulla Gazzetta Ufficiale della legge voluta dalla sottosegretaria Paola Frassinetti, è qualcosa che riconcilia non solo con l’Inno di Mameli, anzi col “Canto degli Italiani”, ma proprio con la passione dell’insegnamento e del senso di Nazione. Vedere, soprattutto, in una semplice inquadratura del filmato presente sul sito del Quirinale la passione quasi mistica con cui Manuela Litro dirige i bambini, fa capire che c’è speranza, che un mondo e un’Italia diversa sono
possibili. Ogni italiano dovrebbe ringraziarla.