[Il retroscena] La rivolta contro Salvini. Maroni, Zaia e Bossi minacciano: “Se vai con Di Maio cade tutto”
Il segretario della Lega tratta coi Cinquestelle, ma gli amministratori frenano: attento, così saltano tutte le giunte di centrodestra. Oltre a Maroni sono contrari all'accordo con Di Maio ma senza Fi e Fdi anche Zaia, Fontana e i sindaci delle principali città del Nord eletti lo scorso giugno. Anche Toti, teorico del "forzaleghismo" e amico personale del leader del Carroccio ha dubbi: "Un accordo senza Fi sarebbe sbagliato"

Anche Giovanni Toti, che pure di Matteo Salvini è un “caro amico”, viene indicato da tre anni come il teorico del “forzaleghismo” e sogna un partito unico del centrodestra, ha dovuto prendere le distanze: “Escludo un Governo tra Lega e 5 stelle per ragionevolezza: sarebbe difficile un Governo politico tra persone che in campagna elettorale hanno presentato agli elettori un programma molto diverso, due opposti”. Il governatore della Liguria, che poi è il primo leader politico che il segretario della Lega ha incontrato dopo il trionfo nelle urne, definisce un eventuale accordo “uno schiaffo ai due elettorati”. Più il candidato premier del centrodestra si confronta coi Cinquestelle a partire proprio dalle presidenze delle due Camere e più si fa largo una fronda dentro al suo stesso partito.
A frenare l’abbraccio con Luigi Di Maio e i suoi sono soprattutto gli amministratori locali di maggiore esperienza - come Roberto Maroni e Luca Zaia - quelli appena eletti come Attilio Fontana, sindaci come Federico Sboarina a Verona e “vecchi” esponenti del Carroccio che furono vicini a Umberto Bossi. Il primo a venire allo scoperto tra i leghisti è stato proprio l’ex governatore della Regione Lombardia, nonché ex ministro dell’Interno dei governi di Silvio Berlusconi. “Non sarò certo io a guidare un’eventuale scissione dentro la Lega, ma è una questione di coerenza politica. Diventa difficile stare contemporaneamente al governo con il centrodestra sui territori, nelle regioni, e all'opposizione con il centrodestra a Roma”, ha ripetuto ancora ieri Maroni.
Il riferimento è alle amministrazioni di Veneto, Lombardia e Liguria, ma anche alle 16 città capoluogo conquistate lo scorso giugno dal centrodestra unito. L’alleanza Berlusconi-Salvini-Meloni aveva esordito consegnando la vittoria in 16 città capoluogo su 25 e, tra queste, Genova, Verona, Monza, Piacenza, La Spezia, Alessandria, Asti, Como, Lodi nelle Regioni del Nord, oltre a l’Aquila, Rieti e Oristano. In totale i centri governati dal centrodestra unito sono oltre cinquanta; tutte le giunte, in teoria, sono ora a rischio.
"Una intesa di governo che veda una alleanza organica tra Lega e M5s tradirebbe lunghi anni di buon governo del centrodestra e inevitabilmente rischierebbe di destabilizzare il governo regionale di una parte del Paese - le Regioni guidate dal centrodestra - che rappresenta il motore dell'Italia”, ha segnalato Mariastella Gelmini, coordinatrice di Forza Italia in Lombardia, che moltissimi (e Berlusconi tra questi) vorrebbero capogruppo del suo partito a Montecitorio.
Hanno dubbi sulle prime mosse di Salvini quasi tutti gli amministratori leghisti, anche se pochi hanno la forza di venire allo scoperto come ha fatto l’ex governatore della Lombardia. In Veneto, dove il governatore è Luca Zaia, è impossibile un ribaltone, ma l’ex ministro dell’Agricoltura è considerato da mesi un possibile premier leghista alternativo al candidato naturale. Lui nega, ma il segretario leghista deve aver sospettato che ci fosse qualcosa di vero dal momento che quando sono state compilate le liste per le Politiche, ha scientificamente lasciato fuori i fedelissimi del governatore, che in Parlamento sarebbe un generale senza truppe.
Il nuovo presidente della Regione-cuore del leghismo, la Lombardia, cioè Attilio Fontana, ha sì avuto il via libera dal segretario del suo partito, ma certo non avrebbe potuto vincere e certamente non in quella misura senza il sostegno proprio di Maroni. Tace, ma non sarà facile in questo clima mettere in piedi una giunta a tre che stia in piedi e soddisfi tutti i partiti della coalizione. Ecco perché ha scelto prudentemente di restare fuori dalle polemiche e certo non è molto interessato a imbarcare i Cinquestelle, dal momento che nella sua Regione sono andati molto male. In Liguria si è già detto di Toti - che ha eletto il suo vice leghista Edoardo Rixi in Parlamento -, ma anche nei Comuni si aprirebbe, in caso di “liberi tutti” nel centrodestra un bel problema.
A Verona, per esempio, il sindaco eletto otto mesi fa, il leghista Federico Sboarina, ha appena contribuito a mandare a Roma ben 4 tra i “suoi” consiglieri comunali e i membri della sua giunta, di tutti i partiti. Dopo tutto lo sforzo fatto, rischia di perdere il posto pure lui. Anche i pochi fedelissimi rimasti a Umberto Bossi sono contrari all’accordo con Luigi Di Maio senza ascoltare il leader di Forza Italia, mentre Roberto Calderoli, uomo “ponte” tra le due “leghe”, che qualcuno dei suoi avrebbe voluto promuovere a presidente del Senato, prudenzialmente parla d’altro e ieri, specificamente, di femminicidi.
Il coordinatore ligure di Fi, Sandro Biasotti, nega di voler “far cadere una giunta che ha lavorato bene” come quella in carica guidata da un suo compagno di partito, ma minaccia “problemi” alle altre giunte ed esiste un precedente di un certo peso. Meno di un anno fa Forza Italia, dopo mesi di “provocazioni” decise di staccare la spina al sindaco leghista di Padova, Massimo Bitonci, che dopo quel “golpe” non è stato più rieletto e regalato la città al centrosinistra.
“Salvini è giovane e può aspettare: non trasformi la sua vittoria elettorale in una vittoria di Pirro. Ora è meglio un governo di larghe intese per un anno. E poi si torni al voto assieme alle europee”, gli ha suggerito Maroni. Salvini non sembra intenzionato ad arretrare, anche se ieri sera ha smussato la sua linea, ribadendo di voler “ragionare con tutti” e non soltanto coi Cinquestelle. Lo ha detto parlando da Udine, con accanto il leghista Massimiliano Fedriga che lui avrebbe candidato governatore del Friuli Venezia Giulia, ma che ha sacrificato proprio per tenere unita la coalizione, mandando avanti il forzista Renzo Tondo. Nella Regione si voterà tra due mesi e, con questo clima, il risultato sembra a rischio.
In serata il segretario della Lega ha lanciato un nuovo ponte agli alleati: “Partiamo dalla coalizione di centrodestra, siamo disposti a ragionare con tutti sul programma, sul cancellare la legge Fornero, ridurre le tasse, bloccare l'immigrazione clandestina. Sono disponibile a incontrare tutti partendo dal centrodestra”, ha garantito. Prima di ridimensionare le sue aperture a Luigi Di Maio, Salvini aveva sentito al telefono il leader di Forza Italia. I due e la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, si vedranno mercoledì a Roma per un vertice finalizzato a sciogliere il rebus Camere. Ieri Berlusconi a Villa San Martino, ad Arcore ha fatto il tradizionale pranzo del lunedì con Marina e Piersilvio, i vertici di Fininvest Fedele Confalonieri e il neo senatore Adriano Galliani e Niccolò Ghedini: tutti gli hanno suggerito prudenza, di lasciar provare il segretario della Lega, ma di tenersi pronto ad intervenire dopo.