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L'ombra lunga di Bossi: la Lega che vuole mandare a casa Salvini e tornare al Nord

Bossiani contro salviniani, un "derby" mai visto prima nel Carroccio che va a prendere corpo. Tutte le mosse in atto contro lo strapotere del capo

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Il leader leghista Matteo Salvini e, a destra, il popolo 'padano' (Shutterstock)
Il leader leghista Matteo Salvini e, a destra, il popolo "padano" (Shutterstock)

Mentre il governo governa e, al suo interno, Matteo Salvini si fa notare per il suo consueto attivismo ipercinetico, nella Lega accade di tutto. In sintesi, Salvini cerca di mantenere il proprio potere sul partito, baricentrando la Lega su una via, quella del partito ‘nazionale’, che punta a risalire nei consensi contro FdI della Meloni, e ponendosi come ‘il’ vero partito della destra italiana, mentre i bossiani, tornati a ruggire, vogliono riprendere la strada del ‘partito del Nord’ e innalzano i vessilli dell’autonomia e del federalismo contro ogni tentazione centralistica. Una guerra che ora si è spostata sui congressi provinciali interni, in vista di quello ‘nazionale’ e che potrebbe mettere in discussione la stessa leadership di Salvini anche se i bossiani non hanno, al momento, un candidato ‘alternativo’.

Il sogno: mandare a casa Salvini e ritornare alle origini

"È arrivato il momento di alzarsi in piedi, abbiamo visto cancellare l’identità della Lega e se fai questo muori. Lo sapevamo tutti ma abbiamo dovuto aspettare la crisi elettorale per muoverci liberamente. Ora vogliamo rinnovare la Lega e non distruggerla", spiegava, domenica scorsa, Umberto Bossi, in carrozzella ma mai domo. "Da tempo mi dicevano fai qualcosa, eccomi qui". E’ con queste parole, pronunciate domenica scorsa, al castello di Giovenzano, in provincia di Pavia, che i bossiani – rimasti silenti per mesi, anzi per anni – hanno preso il coraggio a due mani e hanno deciso di sfidare Salvini sul suo terreno, il controllo interno del partito, in fase di congressi provinciali verso quello ‘federale’, cioè il congresso nazionale, cosi si dice in Lega.

La Lega Nord, quella delle origini, è tornata: a guidare il ‘correntone verde’, il sindacato del territorio che sotto sotto sogna di mandare a casa Salvini c'è colui che l'ha fondata, Umberto Bossi. Al castello di Giovenzano, in provincia di Pavia, la grande sala era piena e la gente rimane fuori. Fazzoletti e cravatte verdi, il vecchio orgoglio padano che qui nessuno è tenuto a nascondere. "Arriviamo a 5 mila tessere e poi vediamo cosa succede", dice l'europarlamentare Angelo Ciocca, che assieme a Paolo Grimoldi sta organizzando il Comitato nord, la corrente degli anti-salviniani. In sala ci sono gli ex ministri Roberto Castelli e Francesco Speroni, una manciata di consiglieri regionali, ma soprattutto la base scontenta. Per citare un militante di Desio iscritto dal 1989 e che ha preso la parola: "Togliete TikTok a Salvini, non ne posso più di vedere uno della sua età che fa così il coglione", e giù applausi. Chi è arrivato fin qui lo ha fatto "nonostante le telefonate che dicevano 'non andate', nonostante il boicottaggio", dice la presentatrice in abito verde.

Contro lo strapotere del capo

La minoranza sta creando una certa apprensione tra i vari commissari di stretta osservanza salviniana, disabituati a discussioni e confronti dopo anni di strapotere del capo. "Chi ha pensato di diffidare i militanti della Lega rischia di essere diffidato dal nord", avverte Grimoldi e il riferimento è al divieto di utilizzare il simbolo della Lega intimato nelle settimane scorse ai ribelli dal tesoriere del partito Giulio Centemero. "È inaccettabile che il Veneto sia stato commissariato", è l'altra bordata di Bossi destinata a Salvini. Per il suo ingresso in sala erano stati distribuiti altri centinaia di fazzoletti verdi con la faccia di Bossi sopra. Per il senatur è una nuova e inaspettata giovinezza politica, sotto le note dell'intramontabile Va, pensiero. 

La guerra per i congressi si apre in Lombardia

Dopo il ‘là’ dato da Bossi ai suoi domenica scorsa, però, tutta l’attenzione e la lotta interna si incentra sui congressi provinciali in corso. Si è appena chiuso in Lombardia il secondo round di congressi provinciali. Le votazioni - a Como, Varese, Lodi, Cremona, Pavia e Brescia - mettono fine alla lunga stagione dei commissariamenti decisi dalla segreteria federale. L'esito delle assise era particolarmente atteso dopo la vittoria a sorpresa, il 20 novembre, del 'nordista' Fabrizio Sala in provincia di Bergamo, territorio dove la Lega è storicamente molto forte.

In questa seconda tranche di votazioni, tutti gli occhi erano puntati su Varese. Al Teatro sociale di Busto Arsizio, i militanti hanno premiato il candidato sostenuto dall'establishment leghista, Andrea Cassani, 39enne sindaco di Gallarate, che ha battuto Giuseppe Longhin, appoggiato dal comitato del Nord. Cassani ha ottenuto 229 voti, contro i 217 andati a Giuseppe Longhin (su 638 aventi diritti, i votanti sono stati 462, 13 le schede nulle, tre le bianche), vincendo di misura, come peraltro aveva fatto Sala in provincia di Bergamo. In questo caso, dunque, ha prevalso il salviniano.

Il comitato del Nord festeggia, invece, la vittoria di Roberta Sisti, nuova segretaria del Bresciano, che, con il suo migliaio di iscritti, è tra le province più popolose a livello di militanza leghista. La sindaca di Torbole Casaglia, sostenuta dai 'nordisti', ha ottenuto 391 voti, battendo il 'salviniano' Alberto Bertagna, ex segretario provinciale e commissario uscente, che non ha superato i 365 consensi. Ma i 'nordisti' sono stati sconfitti in provincia di Pavia, dove Jacopo Vignati (190 voti) ha avuto la meglio sull'assessora al Turismo del Comune, Roberta Marcone (106), sostenuta dal comitato. Nelle altre province - Como, Lodi e Cremona e Rovigo (primo congresso provinciale in Veneto) - sono stati eletti candidati "unitari". Si tratta di Claudio Bariselli a Lodi; Simone Bossi a Cremona; Laura Santin a Como e Guglielmo Ferrarese a Rovigo. Ora in Lombardia mancano ancora le province di Lecco, Sondrio, Monza-Brianza, Milano e Ticino-Martesana (divise nella singolare geografia leghista). Nel capoluogo lombardo c'è appena stato un passaggio di consegne tra il commissario uscente Stefano Bolognini e l'europarlamentare Silvia Sardone, salviniana. Mentre è rinviato a dopo le regionali il congresso per l'elezione del nuovo segretario lombardo.

L'ombra lunga di Umberto Bossi

La competizione più attesa e accesa è stata quella in provincia di Varese. In città ancora si ricorda l'ultimo congresso, dieci anni fa, in cui Umberto Bossi impose il suo candidato, Maurilio Canton, contro il volere della base, primo segnale di quella perdita di potere dell'anziano capo che poi portò al passaggio del timone a Roberto Maroni. Al congresso varesino non ha partecipato Bossi, che è militante iscritto a Milano, e che ieri, nel primo incontro pubblico del comitato aveva spiegato le ragioni che lo hanno spinto a fondare la corrente 'nordista', per "salvare" una Lega agonizzante per la "perdita di identità". Assente dall'assise, a sorpresa, anche il vice segretario leghista, Giancarlo Giorgetti, di Cazzago Brabbia, mentre ha votato il governatore lombardo, Attilio Fontana, che è di Varese.

Salvini però si dice un "segretario felice"

"Sono un segretario felice, fra ieri e oggi nella sola Lombardia si stanno celebrando sei congressi provinciali che stanno coinvolgendo migliaia di simpatizzanti e militanti. Sta andando tutto bene, chiunque vinca io sono felice, mi sembra un esercizio di democrazia di cui la Lega va orgogliosa, il problema sono i partiti che non li fanno", ha risposto Salvini, interpellato a Genova sul comitato del Nord. "Detto questo - ha aggiunto - ho la tessera in tasca da 32 anni questa è la legislatura in cui dopo 32 anni di battaglie l'autonomia può diventare realtà", rivendicando il lavoro portato avanti dal ministro Calderoli.

Le tensioni interne si allargano al Veneto

Resta il punto. La stagione dei congressi provinciali sta agitando la Lega di Salvini che è tornata ad essere anche quella di Umberto Bossi. Forse per la prima volta nella sua trentennale storia il partito del Nord vive una spaccatura, più o meno marcata a seconda delle zone, che si è resa plastica nell’elezione dei nuovi segretari in Lombardia. Infatti, a Bergamo e Brescia hanno prevalso candidati non salviniani mentre a Varese ha vinto, ma per soli 12 voti, un esponente leghista vicino all’attuale segretario.

Una divisione, quella tra salviniani e bossiani, che ora rischia di riproporsi, con maggiore virulenza, in Veneto. Sullo sfondo, ma nemmeno tanto, c’è appunto, il ritorno sulla scena del vecchio leone, Umberto Bossi, che ancora ieri, pochi giorni dopo la prima uscita in provincia di Pavia, ha ribadito: «Il Comitato Nord è un vento di rinascita, cioè un vento di primavera».

In Veneto, in realtà, i congressi sono ancora di là da venire. Finora si è celebrato solo quello di Rovigo, dove le urne hanno decretato la conferma del coordinatore uscente, Guglielmo Ferrarese, ‘zaiano’ di ferro. Tradotto per i non veneti, significa che non è espressione della linea salviniana, ma del governatore veneto Luca Zaia, anche se i toni del governatore, mai tenero con Salvini, sulle vicende interne sono sempre pacati. A breve, si ipotizza domenica 18 dicembre, si dovrebbero tenere le assise di Verona e Padova. Sotto il teatro dell’Arena, c’è l’uomo di fiducia del neopresidente della Camera Lorenzo Fontana (consigliere di Salvini), il commissario provinciale uscente Nicolò Zavarise, che si porta dietro la pesante sconfitta alle Comunali del giugno scorso, e che al momento dovrebbe essere l’unico candidato in corsa, ma le altre componenti (che fanno riferimento a Vito Comencini, Paolo Paternoster, Luca Coletto e Alessandro Montagnoli) stanno cercando uno sfidante. 

A Padova, invece, si profila lo scontro più duro, quello tra il candidato salviniano Nicola Pettenuzzo (sindaco di San Giorgio in Bosco) e Michele Rettore che gode del sostegno di Roberto Marcato, assessore regionale allo Sviluppo economico, che a sua volta è pronto a correre per la segreteria regionale. «Da tempo chiedo che si tengano i congressi — spiega Marcato —. Prima sembravo un pazzo, ma ora vedo che è una esigenza sentita perché veniamo da troppi anni di commissariamento e si è persa la connessione tra il partito e la gente». La fibrillazione è andata crescendo nel tempo e ha raggiunto l’apice negli ultimi mesi dopo le pesanti battute d’arresto alle Comunali di Padova e Verona e, soprattutto, dopo il «tracollo» delle Politiche. «Queste ci hanno dato un pugno nello stomaco — per Marcato —, vederci sorpassati perfino dal Pd e doppiati da Fratelli d’Italia è una cosa indicibile. Ben vengano i congressi, quindi, purché non si trasformino in rese dei conti fra notabili».

A Vicenza pare si riesca ad arrivare ad una indicazione condivisa. Peccato che, secondo le voci ricorrenti, la figura prescelta, Denis Frison, non pare si possa attribuire all’ortodossia salviniana. A Treviso, al contrario, al momento, come racconta il Corriere del Veneto, la sfida è aperta addirittura tra quattro candidati: Dimitri Coin, Luciano Dussin, Giuseppe Paolin e Riccardo Barbisan (sponsorizzato dal commissario regionale Alberto Stefani). Nelle altre città venete la situazione è ancora in evoluzione ma ovunque gli scenari non sono tranquilli.

Pronto un gruppo consiliare autonomo di bossiani ‘scissionisti’

Tornando alla Lombardia, dove per ora non si terranno i congressi provinciali nelle province di Lecco, Sondrio e Crema per le ormai imminenti elezioni regionali, c’è maretta nel gruppo della Lega in Consiglio regionale. Qualcuno arriva ad ipotizzare una scissione proprio sul finire del mandato che vedrebbe coinvolti, tra gli altri, i consiglieri Max Bastoni, Alex Galizzi, Antonello Formenti. Loro assicurano che non è in discussione il sostegno al governatore Attilio Fontana che si ricandida alle prossime regionali, ma c’è chi parla di una ‘corrente’ di bossiani pronta a schierarsi al fianco di Letizia Moratti.

La verità è che se non si tratta di una vera e propria scissione, si tratta per lo meno di una crepa che vede, in Lombardia, alcuni consiglieri regionali della Lega tentati di costituire un nuovo gruppo in Consiglio regionale, autonomista e vicino alle sensibilità del Comitato Nord, la corrente fondata da Umberto Bossi per "rinnovare l'identità" del Carroccio. La dicotomia tra i fedelissimi del segretario Matteo Salvini e i bossiani è ormai sempre più evidente, accentuata anche dal dualismo che sta emergendo, appunto, dai congressi provinciali. In Lombardia la 'linea Salvini' ha tenuto quasi ovunque, tranne che a Bergamo e a Brescia. Ma a Varese, dove Bossi fondò la Lega nel 1984, il candidato fedele al 'Capitano' l'ha spuntata per soli 12 voti.

Mal di pancia da Giussano 

La 'scissione', per ora, rimane solo nella teoria. I malumori dei consiglieri, però, sono evidenti. E pare che alla fine sarà risolutivo il confronto tra il Senàtur e Salvini. E anche se qualche consigliere 'nordista' spiega che le firme per il nuovo gruppo - ne bastano tre - "ci sarebbero già", in Ufficio di Presidenza del consiglio regionale fanno sapere che non è arrivata nessuna richiesta ufficiale. Tra i possibili aderenti si fanno i nomi di diversi consiglieri regionali, come Max Bastoni, Roberto Mura, Federico Lena, Simona Pedrazzi, Alex Galizzi, Antonello Formenti e Marco Mariani. La linea del Carroccio è quella di riconfermare tutti i consiglieri uscenti, ma complice il calo di consensi in molti potrebbero non essere rieletti. "Più che una nuova proposta politica - fa notare a microfoni spenti un esponente della Lega di lungo corso - mi sembra il partito dei delusi e dei trombati". Per il regolamento dell'Aula un nuovo gruppo consiliare può essere formato entro 60 giorni dall'indizione delle elezioni che in Lombardia saranno con tutta probabilità il 12 febbraio. Al termine della legislatura il gruppo potrebbe poi trasformarsi in una lista elettorale, quindi esentata dalla raccolta firme.

Chi muove verso la scissione

Ad oggi, gli 'scissionisti', nel caso, avrebbero pochi giorni per formalizzarne la nascita del nuovo gruppo. L'attesa potrebbe ricondursi alla ricerca di "garanzie politiche" che starebbero cercando i nordisti. Ed è in quest'ottica che si inserisce l'incontro atteso tra Bossi e Salvini. Intanto, si moltiplicano gli scenari possibili. Secondo alcuni la reazione della Lega 'salviniana' potrebbe essere duplice: bloccare sul nascere l'operazione, con il rischio che gli ipotetici 'scissionisti' si avvicinino alla coalizione di Letizia Moratti che ha già aperto le braccia ai 'bossiani'. Oppure lasciar correre, innescando però una pericolosa conta interna. "Il comitato del Nord - spiega  Bossi - è un vento di rinascita, cioè un vento di primavera".

Un derby mai visto prima nel partito

E sarà pure un "vento di rinascita", come dice Bossi, ma il Comitato Nord, nato nel segno della Lega delle origini, per ora è l'origine di un derby mai visto tra i militanti del partito: Lega Salvini premier contro Comitato Nord di rito bossiano. Nei congressi locali come nelle chat dei militanti, vivaci sezioni virtuali affollate di emoticon, sproloqui da bar, annunci da bacheca, passaparola senza fine. Da lì i dirigenti mobilitano i loro supporter. Lì si fa la campagna elettorale interna. Il clima "non è serenissimo" e la Lega ribolle. Nelle chat interne come nei congressi provinc

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