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L’Italia chiude tutto quello che può e va in "lockdown". Per ora è "temporaneo" ma…

Da oggi l’Italia è un Paese "lockdown", ma come in "Black Hawk Down" nel film di Ridley Scott, ‘lo stiamo perdendo’. Il morbo infuria e la ‘libertà’ manca, ma alle opposizioni (Lega in testa), governatori del Nord e sindaci non basta

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
L’Italia chiude tutto quello che può e va in 'lockdown'. Per ora è 'temporaneo' ma…

L’Italia chiude tutto quello che può. Il governo vara, di fatto, il primo vero, onnicomprensivo, lockdown del Paese. Il dado è stato tratto nel lungo briefing mattutino di ieri, diventato ormai una triste consuetudine, per il governo. Con il premier, oltre a Speranza, c’erano anche i ministri Francesco Boccia (Autonomie), Lorenzo Guerini (Difesa) e i due commissari Domenico Arcuri e Angelo Borrelli, nonché gli staff dei vari ministeri e della Protezione civile, davanti a numeri, quelli del contagio e quelli dei deceduti, impietosi e drammatici, e a una previsione, quella sul ‘picco’ della pandemia da Covid19 che potrebbe ritardare non di qualche giorno, come si pensava fino all’altro ieri, ma di qualche settimana, forse anche di più di 15 giorni.

Si tratta, per ora, di un provvedimento – emanato ieri sera dal ministro della Salute, Roberto Speranza sotto forma di una semplice ‘ordinanza’, quindi né un dl né un dpcm, anche perché un ministro quello può emanare, ordinanze - temporaneo, cioè limitato al prossimo week-end, dal 21 al 25 marzo. Ma presto – si può ben dirlo già da ora – tutte le misure previste diventeranno ‘definitive’. Nel senso che dureranno ben oltre il 4 aprile - giorno in cui il Paese, in teoria, sarebbe dovuto ripartire - forse copriranno ‘solo’ l’intero mese di aprile, forse verranno estese fino a maggio (dipenderà molto dall’andamento della pandemia Covid19) e, nella più malaugurata delle ipotesi, forse fino a giugno. La data ‘vera’ che per ora circola è quella di una chiusura dell’Italia (il lockdown, appunto) prorogata almeno di un mese, dal 3 aprile al 3 maggio, poi Dio vede e provvede. Insomma, l’intera Nazione rischia di fare la fine delle scuole e delle università di ogni ordine e grado: anno perso e tutto chiuso, per esami e altro se ne riparla a settembre.

Il giorno più nero: il Covid19 dilaga più che in Cina

Le decisioni del governo, peraltro, sono state prese nel ‘giorno più nero’ - espressione che ormai hanno imparato tutti, mutuata dal celebre discorso di William Churchill, all’epoca primo ministro della Gran Bretagna, quando parlò in Parlamento dopo la rovinosa ritirata di Dunkerque – dell’epidemia diventata pandemia, della malattia che, fino a ieri, sembrava riguardare ‘solo’ Cina, Corea del Sud, Iran e appunto Italia, ma che è diventata globale. La falcidia che, come la falce della Morte, il coronavirus sta causando all’intera Italia, del resto, è impressionante: 33.190 casi positivi e 3.405 morti in un mese (+627 morti e 4.670 contagiati in più in un solo giorno, rispetto a ieri), cioè più che nella stessa Cina, dove sono stati ‘solo’ 3.245. In Lombardia (+381 morti in un giorno), poi, e in particolare a Bergamo, dove i deceduti si contano a centinaia con i camion dell’Esercito che se li portano via, il Covid19 sta diventando un dramma sociale e umano che, come paragone storico, ha la ‘peste nera’ del Trecento a Firenze o quella del Seicento a Milano narrata da Manzoni con tanto di ‘untori’, medici improvvisati e ‘lazzareti’.

La pressione di sindaci e governatori per nuove misure

Morale, c’è ben poco da stupirsi, se è arrivata, e solo ora, quella ‘stretta’ che molti – le opposizioni di centrodestra, i governatori del Nord, tutti leghisti, ma anche quelli di altre Regioni, Emilia, Puglia e Campania (Pd), Calabria, Sicilia, per non parlare dei sindaci, a partire dal dem Giorgio Gori, che ha la sventura di essere primo cittadino a Bergamo – invocavano già da giorni e che volevano ancora più dura. Bisognava – e bisogna – procedere per gradi, step by step, ma non si poteva attendere oltre perché mezza classe politica, sia di centrodestra che dem, invocava il ‘pugno di ferro’ contro cittadini che appaiono ancora ‘indisciplinati’ (a noi, tranne qualche raro e isolato caso di furberia come di menefreghismo, gli italiani appaiono disciplinati come non sono mai stati nella loro storia, tanti bei ‘tedeschi’, ma si tratta di punti di vista) e un contagio che, purtroppo, per ora non si ferma, anzi: sembra diventare sempre più letale. I governatori leghisti (Zaia, Fontana, Fedriga, Cirio), ma anche i sindaci dem (Gori, Decaro) invocano un blackout totale, compreso lo schieramento dell’esercito nelle strade.

La stretta sullo sport, giochi all’aperto, parchi e giardini

Tra le misure principali prese nell’ordinanza di Speranza, per ora valida ‘solo’ dal 21 al 25 marzo, c’è una (dura) stretta sullo sport e i giochi all'aperto, la chiusura di tutti i parchi e i giardini pubblici, il divieto di raggiungere le seconde case nel weekend. I dati drammatici del Covid19 che imperversa più che mai, negli ultimi giorni, le fughe in avanti delle Regioni, nonché il pressing dei partiti, hanno spinto il premier Giuseppe Conte a dare il via libera a un ulteriore giro di vite. Si tratta di misure pensate per evitare “fughe all'aperto”, specie durante quello che si preannuncia come il primo – e bello, dal punto di vista atmosferico – weekend di una Primavera che è arrivata ufficialmente e che potrebbe invogliare la gente a uscire dall’autoreclusione o dai loro ‘arresti domiciliari’, come li chiamano alcuni.

Il "giro di vite" è una "ordinanza" del ministro Speranza

Le nuove misure, e il nuovo ‘giro di vite’ sulle abitudini – oltre che sui diritti e le stesse libertà dei cittadini - arrivano non con un nuovo dpcm (decreto della Presidenza del Consiglio,), ma con un'ordinanza, firmata dal ministro della Salute Roberto Speranza (Mdp), cognome mai più infausto, di questi tempi, ma ministro che sta dimostrando capacità e forza di carattere non comuni, oltre che un mai troppo lodato low profile non usuale, nonché titolare, appunto, di ordinanze, come prescrive la legge e la Costituzione.
Girava voce di un giro di vite ancora più duro, in realtà, ma l'esecutivo ha scelto di lasciare aperti i supermercati e non limitare ulteriormente l'attività degli uffici, in attesa delle nuove decisioni che dovranno essere prese, non si scappa, già la prossima settimana. Il 25 marzo scade, infatti, il primo decreto del presidente del Consiglio che aveva imposto il giro di vite più pesante con un dpcm che aveva per oggetto misure sanitarie ed economiche sul coronavirus.
Le nuove misure, che si sommano alle esistenti, sono valide dal 21 marzo al 25 marzo, quando scade il dpcm che aveva imposto la stretta agli spostamenti, chiusura di bar e negozi (dpcm che, a sua volta, andrà rinnovato o fatto decadere): potranno essere prese a seconda delle esigenze dei territori, nel senso che le Regioni avranno voce in capitolo per poter ‘modulare’ l’ordinanza governativa con le misure regionali.

Ma altre dure misure arriveranno, costringendo l’Italia a rimanere ‘chiusa per malattia’ ben oltre il 3 aprile

In ogni caso, rispetto al decreto, ormai di fatto ampiamente ‘superato’ del 25 marzo, arriverà perciò una proroga, e ben oltre il 3 aprile, in termini temporali. Forse varrà per tutto aprile, ma potremmo andare avanti così, di ordinanza in ordinanza e di dpcm in dpcm (strumento legislativo assai ‘debole’ e privo di garanzie che suscita il disappunto di molti giuristi), fino a maggio, se non oltre, a giugno. Fino all’estate. E’ la strategia e la tattica, dicevamo, dello step by step e serve per non ‘gravare’ troppo sugli animi e la psiche di cittadini che, ormai, si sentono come animali in gabbia.
Sulla durata e l'entità delle nuove misure deciderà il governo, in ogni caso, nei prossimi giorni e ovviamente in base ai nuovi dati sul contagio. Non è escluso neppure un decreto con dentro quelle “sanzioni più efficaci” invocate dal capo della Polizia Franco Gabrielli, magari anche per autorizzare controlli attraverso gli spostamenti dei cellulari.

Fonti di palazzo Chigi: in campo c’è anche l’Esercito…

E sempre in merito al tema delle libertà costituzionali, ecco che si palese anche in dirittura di definitivo arrivo l’impiego dell’Esercito, un tema di cui pure si parla da giorni e che suscita un certo grado di inquietudine in molti, non solo tra i raffinati costituzionalisti o gli esigenti esegeti del diritto. “E’ stato di fatto deciso – spiega una fonte altolocata di palazzo Chigi - di utilizzare i militari che ci sono, rimodulandone l’impiego”. “I Prefetti ci faranno sapere come è in quale numero intendono impiegarli e il governo effettuerà la rimodulazione, informando il ministero della Difesa. Nello specifico si aggiungeranno pattuglie per controllare il rispetto delle disposizioni” spiegano le fonti.
Le stesse fonti, però, avvertono che “ci sono, in merito, due criticità: 1) la sovrapposizione di disposizioni regionali che stanno creando confusione (su tutte quella della Campania e della Calabria che, ad esempio, prescrivono come sanzione a chi di trova a girare senza motivo una cd. ‘quarantena’); 2) la mancanza di una sanzione realmente efficace come può essere una salata pena pecuniaria senza carattere penale”. Rilievi e problemi, come si vede, non da poco. Certo è che anche l’Esercito sta per scendere in campo, come peraltro ha già fatto con strutture per ospedali da campo, medici, militari nelle strade per l’operazione ‘Strade sicure’ – ma quanto peserà la sua presenza, sempre più invasiva, nel controllo dei cittadini, magari come sostituto di operazioni che normalmente vengono affidate alle Forze di Polizia (Polizia, in senso stretto, Carabinieri, Guardia di Finanza, nuclei operativi) e che, forse, i soldati italiani non hanno la ‘sensibilità’ o l’addestramento utile per affrontare?

Il retroscena. Pd e M5S "modello Lega", ma Conte frena

Per quanto riguarda il ‘retroscena’ delle decisioni prese, Conte ha ascoltato gli esperti – i comitati tecnici di palazzo Chigi, del ministero della Salute, etc. - poi ne ha parlato con i capi delegazione di tutti i partiti di maggioranza (Pd, M5S, LeU, Iv), prima di dare il suo via libera finale all'ordinanza. Fino alla mattinata di ieri era in discussione la possibilità di chiudere o limitare gli orari dei supermercati nel weekend, almeno nei centri commerciali. Ad esempio, nel fine settimana in arrivo, la chiusura vale già in Regioni come il Lazio (con la chiusura alle 15) e il Veneto (serrata totale). Ma il premier nutre ancora adesso forti dubbi sull'efficacia di una misura come quella di ‘serrare’ i supermercati e anche una parte del governo era contraria. Sarebbe “un errore” metteva le mani avanti il leader di Iv, Matteo Renzi. Per una volta, dunque, Conte e Renzi erano d’accordo e il loro ‘inedito’ asse ha fatto aggio sul resto degli altri partiti.

Il rischio delle "scene di panico" davanti ai supermercati

E così prima Palazzo Chigi fa filtrare che è esclusa la chiusura dei supermercati nei weekend, tema su cui è stato superato a destra dal governatore del Veneto, Luca Zaia, che ha disposto lo stop. Ma è sul contingentamento degli orari dei supermercati che la riflessione si fa complicata, dentro la compagine di governo. Alcuni tecnici del Ministero della Salute spingevano in questa direzione, così come le Regioni, ma proprio dalla intransigente Lombardia arrivavano i dubbi più pesanti: una restrizione degli orari da un lato tutelerebbe maggiormente i lavoratori, ma dall’altro avrebbe l’effetto boomerang di aumentare file e contatti.
Insomma, il premier ha valutato e soppesato a lungo il rischio di scatenare nuove corse ai rifornimenti e di affollamento negli orari di punta dei supermercati che, già oggi, registrano ovunque lunghe file e scaffali semivuoti. Insomma, per evitare scene ‘da panico di massa’, stile film catastrofista americano, Conte ha convinto Pd e M5S a scegliere di non imporre nuove limitazioni generalizzate. Stesso discorso, agli occhi di Conte, è valso per gli uffici e i negozi diversi dagli alimentari: il governo, nonostante il pressing delle Regioni, per ora si è limitato a confermare le norme esistenti e ha affidato a Speranza un'ordinanza più soft del previsto. Ma già all’inizio della prossima settimana, dalle scuole ai negozi, fino alle fabbriche, sarà il momento di nuove decisioni. Tutto dipenderà, ovviamente, da come andrà la curva sinusoidale della pandemia: morti e contagi.

L’Italia, se va bene, riapre il 3 maggio, non il 3 aprile

La sola cosa certa resta, anche se l’ufficialità non arriverà oggi, l’estensione del lockdown ben oltre il 25 marzo e con una data che scavallerà con tutta probabilità anche il termine del 2 aprile fissato per la chiusura di scuole e università. Queste ultime, nel miglior scenario possibile, non riapriranno i battenti fino dopo Pasqua, ma già circola come data possibile quella del 3 maggio. La stessa data che, a Dio piacendo, potrebbe vedere anche per l’intero Paese il giorno dell’uscita dal ‘tunnel’ del panico da lockdown che, ormai, fa pari e patta con il panico da pandemia Covid19.

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