La doccia fredda: l’Istat dice che cresciamo meno del previsto. Più concreti i "sacrifici" di Giorgetti
Crescono le tensioni in maggioranza in vista della legge di bilancio. Il governo è a caccia di risorse e colloca sul mercato il 15% di Poste per un incasso di 2,5 miliardi. Dopo l’aumento delle accise, allo studio un’addizionale Ires (tra lo 0,5 e l’1) per le imprese che hanno beneficiato di maggiori profitti. Forza Italia in trincea. Meloni si raccomanda di “comunicare” meglio
Prima le parole di Giorgetti - “sacrifici per tutti” - poi i numeri dell’Istat che fotografano un quadro economico meno roseo di quel che si pensava. Un uno-due nel giro di poche che impone di ricordare a tutti, da Meloni in giù, che la realtà è diversa da quella immaginata. E raccontata. E se anche questa volta proveranno a dire che è “tutto e solo un problema di comunicazione”, ecco sappiate che non è vero. E’ vero, semmai, che il ministro Giorgetti ha sempre detto e fatto capire che il quadro economico non è quella favola rosa raccontata in ogni occasione (“siamo la terza economia europea, la terza manifattura europea, il nostro pil cresce più della Germania”). E ora che parlano i numeri con cui il ministro non fa sconti nè giochi di prestigio, il resto della maggioranza - ma non la presidente Meloni, attenzione - si ribella. Il concetto è semplice: l’Italia ha bisogno di 25 miliardi per garantire le misure necessarie - taglio del cuneo, riduzione aliquote Irpef, incentivi per le industrie che assumono e per le famiglie numerose, missioni militari - non possiamo più fare debito per via delle nuove regole di bilancio europee (il nuovo Patto di stabilità) e dunque quei soldi possono arrivare solo in due modi: taglio della spesa corrente; nuove tasse. Tutto qua. certo, nel taglio della spesa corrente ci possono essere più opzioni. Ad esempio eliminare gli sprechi che sono ancora tantissimi. Rispetto all’aumento delle tasse, uno potrebbe concentrarsi sulla lotta all’evasione anzichè aumentarle per tutti e dunque anche per chi ha già pochissimo.
I numeri dell’Istat
Nei primi sei mesi dell’anno l’economia italiana ha acquisito una crescita del +0,4% , e non del +0,6% calcolato finora. La rettifica diffusa dall’Istat sulla revisione dei conti economici trimestrali taglia di due decimali le performance realizzate dal Paese nei primi sei mesi dell’anno. Soprattutto solleva incognite pesanti sul +1% di crescita confermato dal Governo nel Piano strutturale di bilancio che martedì sarà votato dal Parlamento. Si tratta di un fatto statistico, figlio delle revisioni delle serie storiche ma per chi come l’Italia viaggia sempre con la dimensione dello 0,1 in più o in meno, è una pessima notizia. Soprattutto in questa fase in cui il governo è letteralmente alla caccia di risorse da mettere nella legge di bilancio. Se la crescita, come ha anticipato ieri l’Istat, non centrasse l'obiettivo, anche il lavoro del governo si farebbe più complicato. Meno crescita vuol dire meno entrate e più deficit, oltre che maggiore pressione fiscale. Nel secondo trimestre in cui l'Istat ha rivisto la crescita al ribasso, il peso del fisco rispetto al Pil è stato pari al 41,3%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Uno scenario probabilmente già noto al Mef tanto che nel Piano strutturale di bilancio si prevede che la pressione fiscale nel 2025 arrivi al 42,8%, mai così alta negli ultimi vent’anni. Se a questo si aggiunge che il ministro in persona, intervistato da Bloomberg giovedì, ha parlato di “sacrifici per tutti”, si può dire che a Giorgetti non fa difetto la chiarezza e parlarsi dritto negli occhi. E che è goffo e meschino, come è successo ieri, parlare di “problemi di comunicazione”.
Le nuove tasse
Ci saranno, quindi, e saranno necessarie. A proposito di extraprofitti e del principio costituzionale per cui “tutti sono chiamati a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva” (articolo 53), è allo studio un'addizionale Ires, tra lo 0,5% e l’1%: potrebbe prendere questa forma il contributo che imprese, mondo bancario e assicurativo saranno chiamati a dare in vista della manovra. Una via che gli istituti di credito sembrano però intenzionati a respingere per evitare un impatto sui conti. Federcasse e Abi hanno già parlato e detto no. La trattativa andrà probabilmente ancora avanti prima che la legge di bilancio sia approvata dal Consiglio dei ministri e le ipotesi restano tutte aperte. Per quello che riguarda il nodo accise - che ha armato le opposizioni ma anche la stessa maggioranza come vedremo tra poco - il governo ha chiarito che non si tratterà di un aumento tout court di quelle sul diesel ma di un allineamento tra benzina e gasolio. Secondo l’Unem “nell'ipotesi estrema” in cui la misura si traducesse nell’equiparazione dell'accisa sul gasolio a quella della benzina, l’effetto sarebbe un aumento immediato dei prezzi al consumo del gasolio di 13,5 centesimi di euro al litro, ovvero in un maggiore esborso per le famiglie di quasi 2 miliardi di euro, pari a circa 70 euro all'anno. C'è poi il tema sigarette, per le quali gli oncologi hanno proposto un maxi-aumento di 5 euro a pacchetto come sostegno al Sistema sanitario nazionale. La cui sostenibilità finanziaria. osserva il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, “sarà sempre più legata alla capacità di agire sulla dimensione della prevenzione”.
In vendita il 15% di Poste
Lo scorso 25 gennaio il Consiglio dei ministri aveva varato un decreto che consentiva la vendita sul mercato di una ulteriore quota di Poste Italiane, tale da mantenere comunque il controllo pubblico su almeno il 35% del capitale. Adesso ci siamo come i più attenti avranno capito dal massiccio numero di spot nella varie tv. L'operazione dovrebbe portare circa 2,5 miliardi nelle casse dello Stato che resta proprietario di oltre il 50% con Mef e Cassa depositi e prestiti. Si tratta di un’operazione particolare perché è la prima privatizzazione in quasi dieci anni (dal 2016) a coinvolgere anche piccoli risparmiatori ed è la prima Offerta pubblica di vendita di una società pubblica in versione digitale. Ieri il Mef ha indicato gli advisor tra le banche d'affari estere e italiane per fissare tempi e modalità di vendita delle azioni. E così, dopo Ita, un altro ex gioiello di famiglia se ne va. Ma servono soldi. E la priorità, come ha più volte ripetuto la premier, è che lo Stato resti proprietario.
Le tensioni
Tutto ciò sta provocando molte tensioni nella maggioranza. Il vicepremier e ministro degli Esteri ha dovuto staccare la testa dai dossier internazionali e infilarsi di nuovo mani e piedi nelle faccende interne. Anche perchè nessuno leva dalla testa che Giorgetti abbia lanciato questo sasso a 48 ore da Pontida (domenica) dove sarà sul palco ad indossare i panni di un novello Robin Hood. Forza Italia è “contrarissima”ad ogni nuova tassa. Tajani non si fida di chi cerca di traquillizzarlo con il classico: “E’ stato male interpretato”. Il Piano strutturale di bilancio è pubblico e i passaggi sulla tassazione, sulla accise e altre sono a pagina 116 e 159. Tajani si ostina quindi a ripetere che la manovra “non sarà lacrime e sangue anche se la prudenza è d’obbligo visto lo scenario internazionale”. “Noi le tasse le vogliamo abbassare ai redditi inferiori a 35mila euro e far pagare chi come assicurazioni e banche hanno guadagnato miliardi” cerca di spiegare il leader della Lega Matteo Salvini perfettamente in linea con le parole di Giorgetti. Raffaele Nevi, portavoce azzurro, prende tempo: “Quando si mette mano alla legge di bilancio tutti chiedono più risorse, i sacrifici cui il ministro faceva riferimento sono riferiti ai tanti no che saremo costretti a dire a chi chiede più risorse”. Di sicuro nella prossima legge di bilancio la sanità avrà uno “spazio importante”. Il ministro della Salute Orazio Schillaci ha ribadito come la priorità saranno le assunzioni e l'aumento degli stipendi di medici e sanitari. Un obiettivo che potrebbe essere raggiunto anche grazie ad una flat tax al 15% sull'indennità di specificità dei medici.
Il timing
Martedì Giorgetti sarà in Parlamento ad illustrare il Piano strutturale di bilancio che le Camere voteranno, con una risoluzione, lo stesso martedì, subito dopo la sua audizione. Poi ci sarà da preparare la tabella con l'impalcatura della manovra, il Draft Budgetary Plan che va mandato a Bruxelles entro metà ottobre anche secondo le nuove regole del Patto. E da tradurre con il dettaglio delle norme le intenzioni esplicitate nel Psb che si concentrano appunto su poche priorità, il cuneo e l'Irpef, la famiglia, la sanità. Passaggi delicati, sui quali Meloni potrebbe fare un punto con gli altri leader della coalizione all'inizio della prossima settimana. Un incontro che arriverebbe dopo settimane di tensioni nella maggioranza sullo Ius Scholae, sull'Autonomia o sul voto in Austria, ma anche in Senato, sui “condoni” nel decreto Omnibus.