“Avvisate le Unità, sono tornata”. La premier ironizza sui social. Fitto in Europa e la partita con von der Leyen
Video social per dire che è tornata in ufficio e dileggiare la stampa che da una settimana non sapeva, e quindi l’opinione pubblica, dove fosse la Presidente del Consiglio. Lungo pranzo con il titolare del Pnrr e della Coesione. Nel menu i balneari e l’ufficializzazione della sua candidatura. La vera partita è il braccio di ferro con Bruxelles, il grande freddo con Ursula e il rischio isolamento
“Cucù, sono tornata, eccomi qua, richiamate tutte le unità”. Camicia giallo sole, volto sorridente, abbronzato e riposato, Giorgia Meloni dà notizie di sè tramite un selfie video sui social ambientato tra le boiserie e gli stucchi di palazzo Chigi. Sono le undici e mezzo di ieri mattina. E se notiamo con piacere che la premier è in grandissima forma, non possiamo non notare con dispiacere che le vacanze hanno accresciuto il suo tasso di acredine rispetto ai media e di insofferenza per tutto ciò che è controllo e verifica. Una volta per tutte: è chiaro che il Presidente del consiglio può e deve avere la sua privacy; è fuori dalla prassi che sparisca una settimana nel senso che le prime due settimane di vacanza nessuno l’ha vista ma l’opinione pubblica sapeva dov’era la sua Presidente del consiglio; è umiliante per tutti che la premier si metta a giocare a mosca cieca con i giornalisti.
L’estate “difficile”
Fatta questa premessa - che è politica e non gossip - torniamo all’agenda dei numerosi impegni che Meloni ha ritrovato - molti vecchi, alcuni nuovi - sulla sua scrivania.
“Sono pronta a proseguire il mio lavoro con ancora maggiore determinazione” dice nel video. Il volto è sorridente, il tono è come sempre polemico. “Alcuni attentissimi osservatori hanno definito difficile la mia estate. Bene - spiega sapendo che se lei è stata in vacanza tre settimane, molti italiani sono andati solo per pochi giorni - so invece che le estati difficili sono quelle di altri, di chi le vacanze non ha potuto farle: voglio dire a loro e a tutti gli italiani che farò buon uso di questa energia che ho potuto mettere da parte in questi giorni”. Non fa promesse e non lancia slogan. Non se lo può permettere perchè in questa fase molto poco dipende solo dalla sua volontà. Molto dipende dalla capacità di trovare una sintesi tra le spinte centrifughe della sua maggioranza. Altrettanto dipende dalla qualità dei rapporti che riuscirà a stabilire con Bruxelles e la nuova commissione di Ursula von der Leyen.
Non è un caso che la prima persona che ha varcato l’ingresso palazzo Chigi ieri mattina è stato il ministro Raffaele Fitto. Venerdì scadono i termini per inviare a Bruxelles la coppia di nomi - uomo, donna - che il governo intende proporre. La premier vuole condividere la scelta con il governo ecco perchè l'investitura di Fitto dovrebbe arrivare nel Consiglio dei ministri che dovrebbe precedere il vertice di maggioranza con Salvini e Tajani in agenda alle 17. Una riunione, quest’ultima con molti dossier da chiarire.
Fitto, il predestinato
Con Fitto c’è stato un lungo pranzo di lavoro. Il ministro che fin qui si è occupato del Pnrr, dei fondi di coesione e del Sud - i dossier chiave della legislatura - potrebbe trasferirsi a Bruxelles a dicembre. All'interno del governo e della maggioranza la questione ormai è definita. Dopo il passaggio formale in Cdm partirà la lettera (anche perchè sarebbe l’ultimo giorno disponibile) diretta a Ursula von der Leyen che aveva chiesto due nomi e probabilmente se ne vedrà arrivare uno solo. Della serie: sceglie Roma e non Bruxelles visto che un commissario spetta a ciascuno dei 27 paesi Ue. Ciò su cui Meloni non decide è invece il perimetro delle delega del Commissario Fitto. E qui si potrà misurare lo stato dei rapporti tra Roma e Bruxelles e a che punto siamo con il temutissimo isolamento di Meloni rispetto all’Europa. La premier chiede per l’Italia, e per Fitto, una delega focalizzata su Pnrr e Coesione e comunque questioni di bilancio. Ne abbiamo bisogno: per portare a termine il Pnrr e per scrivere la legge di bilancio. La prossima e quelle a vanire. Soprattutto, però, si attende di verificare se von der Leyen assegnerà delle vicepresidenze esecutive. L'Italia ne pretende una, o comunque si attende un ruolo in linea con quelli che avranno i commissari di Francia, Germania, Spagna e Polonia.
Le trattative proseguiranno nelle prossime settimane, non solo sull’asse Roma-Bruxelles. Non secondario, in quest’ottica, si annuncia il viaggio di Meloni a Parigi, la settimana prossima, in una delle ultime giornate delle Paralimpiadi che si chiudono l’8 settembre. E’ realistico un nuovo incontro con Emmanuel Macron, dopo quello informale del 2 agosto, a margine di una gara olimpica di equitazione a Versailles. Nella capitale francese è atteso nelle prossime ore il presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la cerimonia di apertura dei Giochi paraolimpici.
I balneari
L’estate sta finendo ma il dossier balneari è ancora in alto mare. Ancora una volta la premier, che ha tenuto la delega sul punto, si è affidata Nel lungo faccia a faccia di Palazzo Chigi, Meloni e Fitto hanno anche affrontato il dossier balneari. La premier vuole arrivare a una norma quadro che metta l’Italia al riparo dalla procedura di infrazione per violazione della direttiva Bolkestein e che allo stesso tempo plachi il nervosismo degli imprenditori delle spiagge. Indennizzi e prelazioni possono essere una chiave. Ma non la soluzione visto che - diciamo le cose come stanno - molte di queste attività non hanno una contabilità tale da rendere conto degli investimenti fatti negli anni e neppure del giro di affari. Fitto, che sa muoversi nei regolamenti e nella burocrazia di Bruxelles meglio di chiunque altro nella squadra di governo, ha avuto l’incarico di trovare questa soluzione. E’ l’ultimo sforzo - di una lunga lista - che gli si chiede prima di andare a Bruxelles.
La manovra
Il vertice di maggioranza servirà soprattutto a fare il punto sulla manovra con il consueto nodo delle risorse da sciogliere, con la risoluzione del rebus stavolta resa più ardua sia per il ritorno delle regole di Maastricht, seppur riformate, sia perché l'Italia è sotto procedura per deficit eccessivo quindi dovrebbe tagliare il disavanzo strutturale almeno dello 0,5% annuo per i prossimi sette anni, circa 10 miliardi l'anno. Per confermare le misure della precedente manovra e le spese inderogabili, il conto partirebbe da oltre 20 miliardi di euro. Tra le principali voci, il taglio del cuneo a 14 milioni di lavoratori (10,7 mld) e l'accorpamento delle prime due aliquote Irpef (circa 4 mld); i sostegni per la Zes che pesano per 1,9 miliardi; per le missioni internazionali almeno 1 mld; per la detassazione del welfare aziendale e dei premi di produttività oltre 800 milioni.
Per reperire risorse il governo punta soprattutto sulla spending review, sugli stanziamenti di misure abolite (come l'Ace) e sulle entrate fiscali. Soprattutto sul tesoretto dai 10 ai venti miliardi grazie alle maggiori entrate fiscali di cui tutti parlano tranne Giorgetti che è molto scaramantico.
Temi minori ma più indigesti
Come sta la maggioranza? Quanto dura il governo? Se lo sono chiesti in molti in questo agosto in cui Lega e Forza Italia si sono sfidati fino ad ipotizzare la crisi di governo. C’è il tema della cittadinanza che Tajani promette di sollevare, a giorni alterni però; i dissidi sull’Autonomia che vedono contro sempre Lega-Fi. E poi la giustizia, il tema delle carceri, le nomine a cominciare dalla Rai e infine, ma certo non ultimo, il dossier regionali, con i tre leader pronti a tirare acqua ciascuno al proprio mulino. Si
profila un nuovo braccio di ferro su Campania e Veneto, con Meloni che vuole il Veneto per Fratelli d’Italia e non sarebbe disposta a concedere margini di manovra per il dopo Zaia. Si ragiona in queste ore anche sulla possibilità di portare in Cdm un provvedimento sull'election day per Liguria, Umbria ed Emilia Romagna, al voto in autunno. Il nodo, viene spiegato da fonti di governo, al momento non sarebbe ancora sciolto: ci sarebbero problemi tecnici, in particolare per l'Umbria, per poter prevedere un giorno X -in ballo le date del 27-28 ottobre ma anche il 17 novembre- per portare le tre regioni, insieme, alle urne. La realtà che Meloni vuole evitare di dover gestire l’impatto mediatico di tre regioni al voto che potrebbero andare tutte la centrosinistra mentre adesso due sono a guida centrodestra (Liguria e Umbria) e solo l’Emilia Romagna era e resterà a guida centrosinistra.
Rimpasto
La partenza di Fitto mette sul tavolo anche il tema del rimpasto. A chi affidare le corpose deleghe del ministro in in partenza? Si sicuro non può assumere l’interim la premier perchè sono i dossier più complessi che deve gestire il governo. Un’ altra casella che si potrebbe liberare è quella della ministra del Turismo Daniela Santanchè che resta in attesa della decisione del Tribunale di Milano sulla richiesta di rinvio a giudizio. La ministra scommette che non ci sarà alcun processo. In caso contrario sa bene che non potrà più stare dove sta. Meloni è sempre stata chiara in questo. E dovrà farsene una ragione anche la ministra. Anche perchè tra i Fratelli d’Italia molti non vedono l’ora di chiarire una volta per tutte gli imbarazzi della sua posizione. Altri due o tre dicasteri ballano nel cartellina “Rimpasto di governo”.