Il sorprendente europeismo di Meloni e il piano per conquistare la maggioranza a Bruxelles
Case green, etichette sul vino, Mes non giustificano più battaglie epiche contro l’Europa e l’uscita dall’euro. Il voto delle regionali può essere la cannibalizzazione finale di Lega e Forza Italia da parte di Fratelli d’Italia
Ieri ne ha parlato Gianfranco Fini ospite di In mezz’ora su Rai 3. “L’asse europeo tra Popolari e Conservatori può essere la sorpresa delle prossime elezioni europee, un blocco di forze di centrodestra che supera quello con i Socialisti che ha tenuto banco in questi anni”. Il ministro Raffaele Fitto dicono che ci lavori da tre anni, prima come europarlamentare che ha traghettato Fratelli d’Italia nei Conservatori, poi come consigliere di Giorgia Meloni per conto della quale ha coltivato e costruito la strada verso la sua presidenza alla guida di Ecr, infine come ministro del governo Meloni responsabile di due dossier decisivi: i Rapporti con l’Europa e il Pnrr. L’operazione è a medio termine: le Europee del 2024. Il suo significato politico è rivoluzionario.
La svolta europeista
Occorre inforcare occhiali che sanno guardare lontano - un anno e mezzo di questi tempi in politica sono un secolo - per leggere le agitate dinamiche casalinghe della maggioranza di destracentro. Per comprendere la svolta europeista di Giorgia Meloni. Spiegare i toni flautati dello stato maggiore dei Fratelli pur davanti a dossier come le case green che l’Europa vorrebbe far diventare obbligatorie entro il 2030 costringendo i 2/3 del patrimonio abitativo nazionale ad importanti lavori di ristrutturazione in chiave risparmio energetico (facciate, .tetti, infissi, pannelli solari, spesa media per abitazione 40 mila euro). O davanti all’ultima trovata (irlandese) per cui bisognerà mettere l’etichetta “nuoce gravemente alla salute” sulle bottiglie vino. Per non parlare del Mes, il Meccanismo europeo di stabilità, il fondo salva stati messo a disposizione dei paesi europei qualora ne abbiano bisogno con condizionalità tali però da renderne molto onerosa l’attivazione. Dopo anni di resistenza anche l’Italia dovrà ratificare l’adesione al Fondo. Siamo rimasti l’unico paese a non averlo fatto e proprio oggi il dossier sarà sul tavolo Ecofin a Bruxelles. Il governo Meloni ha fatto resistenza finchè ha potuto. Quando erano all’opposizione, il Mes era uno di quegli argomenti su cui i Fratelli - al pari della Lega del resto - hanno saputo imbastire narrazioni “epiche” di resistenza, barricate e promesse firmate col sangue. E’ successo anche poche settimane fa. Anche l’Italia dovrà quindi ratificare il Mes. Dove ratificare non vuol dire attivare il fondo. Però anche la ratifica era stata giudicata come “impossibile”
Governare vuol dire fare un bagno di realtà e navigare tra i compromessi che spesso, anche se sembra che siano molto al ribasso, possono invece portare molto in alto. Governare è la migliore terapia circa contro i populismi e i sovranismi. E’ così anche per i Fratelli d’Italia. Lo è già stato per Lega e Cinque stelle. Si tratta di vedere cosa resta nel gradimento e nel consenso quando masse di cittadini ubriacate di promesse si accorgono semplicemente che non era vero quasi nulla di quanto era stato promesso. Tra dossier - case green, vino e Mes - su cui fino a pochi mesi fa sarebbe stata attivata una campagna a tutto campo, social, tv, radio e giornali. Di cui invece si spiega che il governo italiano farà resistenza. Ma senza insistere nè esagerare. Senza rompere o minacciare uscite dall’euro o dall’Europa.
L’asse Partito popolare e Conservatori
Per comprendere la svolta europeista servono chiavi di lettura nazionali - il voto alle regionali di Lombardia e Lazio - ed europee. Cominciamo da queste. L’asse tra Partito Popolare Europeo e Conservatori e Riformisti Europei può essere la grande novità per le elezioni europee del 2024. L’Italia è il laboratorio in cui si sperimenta la possibilità di stare insieme del partito partito-guida dei Conservatori Europei, Fratelli d’Italia, con Forza Italia, perno del Ppe e con la Lega che è nel gruppo della destra europea Identità e Democrazia. In queste condizioni non c’è solo l’Italia. In Svezia i Democratici Svedesi membri del gruppo Ecr sono perno decisivo nella coalizione di centrodestra guidata dai Moderati del Ppe. In Repubblica Ceca Petr Fiala guida l’esecutivo col Partito Civico Democratico, membro di Ecr, alleato all’Unione Cristiano-Democratica, membra del Ppe. In Spagna si sta lavorando perchè il Partito Popolare conquisti il governo in asse con la destra di Vox con cui Giorgia Meloni ha un feeling particolare. L’Italia è, tra quelli indicati, l’unico paese fondatore della Ue. E questo fa diventare “l’esperimento” italiano quello pilota rispetto all’obiettivo finale: le destre alla conquista di Bruxelles grazie all’appoggio dei Popolari.
Il 5 gennaio scorso, ai margini del funerale di Papa Benedetto XVI, il capogruppo del Ppe a Strasburgo, Manfred Weber, ha incontrato a Palazzo Chigi Giorgia Meloni nel suo doppio ruolo, premier e leader di Ecr. L’eurodeputato di Fratelli d’Italia Nicola Procaccini spiegò in quella occasione che si trattava del “secondo bilaterale Meloni-Weber in due mesi sulla collaborazione in vista del maggio 2024. Di sicuro il Qatar Gate che Meloni ha ribattezzato “socialism job” ha detto una bella mano di aiuto. E comunque molte convergenze tra Popolari e Conservatori sono già emerse sul tema del voto sulle sanzioni alla Russia e sulle politiche europee di transizione energetica. “L’obiettivo di ridimensionare la Sinistra, contenere i Verdi europei e sfruttare il pragmatismo al dialogo dei centristi di Renew Europe” spiega un big di Fdi che lavora al dossier “è oggi a portata di mano”. Il numero 2 di Forza Italia, stimato ex presidente del Parlamento europeo, vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, non fa mistero della bontà dell’operazione. “Da sempre - ha dichiarato in recenti interviste - sono sostenitore di un’alleanza tra queste due forze e i liberali, la stessa che nel 2017 portò alla mia elezione al vertice del Parlamento europeo e può essere alternativa a quella con i Socialisti. Pur essendo forze diverse Popolari e Conservatori già votano spesso insieme all’Europarlamento”. Sull’ambiente, Ppe e Ecr sono a favore di una transizione pragmatica. Sul fronte dei diritti civili, chiedono tutela dalle discriminazioni ma anche attenzione ai valori tradizionali. Sul fronte fiscale, non sono a prescindere favorevoli al ritorno del Patto di Stabilità. In campo economico e programmatico, sostengono l’aumento delle spese militari europee. Il loro asse è sempre più strutturato sul piano politico.
La chiave di lettura nazionale
Le grandi manovre in chiave europea si riflettono inevitabilmente sugli equilibri della maggioranza. O meglio, anche tutto questo è causa di tensioni, scontri, divergenze, ricerca di autonomia. Perchè ovviamente “l’asse” tra le due forze non può diventare, proprio in Italia, l’abbraccio mortale e soffocante di Fratelli d’Italia rispetto a Lega e Forza Italia. Abbraccio che potrebbe concretizzarsi proprio alle regionali del 12 e 13 febbraio. La partita infatti non è tanto su chi vinca, le opposizioni divise hanno prenotato la sconfitta. Ma quanti voti prenderanno le singole liste della maggioranza (anche le opposizioni si conteranno). Se Fratelli d’Italia, come molti stimano e molti altri temono, dovesse bissare la vittoria stracciante delle politiche (Fdi ha preso il 25%, Lega ferma tra 8 e 9% così come Forza Italia) anche alle regionali, si aprirebbero molti problemi in maggioranza. Per Salvini perdere la sua Lombardia che ha beneficiato di ben quattro ministri su cinque, potrebbe essere lo smacco finale. Per non parlare di Forza Italia che di ministri ne ha meno e con minore visibilità.
Si capiscono così, anche, le fibrillazioni di queste ore. Quel “le opposizioni ci remano contro ma non solo loro” sibilato l’altro giorno da Giorgia Meloni. La rabbia di Berlusconi quando Meloni ha incontrato Weber senza essere avvisato nè coinvolto. Anche la battaglia sulla benzina va inquadrata in questa dinamica. Le pressioni di Forza Italia e Lega per bloccare nuovamente le accise è molto popolare, si basa su dati oggettivi - il governo non può aumentare la benzina con l’inflazione al 12% perché pagano soprattutto i più poveri - e mira a sottolineare quello che è stato il primo vero errore del governo Meloni. Tutto per evitare che il 13 febbraio Fratelli d’Italia possa completare la cannibalizzazione degli alleati iniziata il 24 settembre.