[Il retroscena] Berlusconi ci prova: pronto a fare il premier. E Cottarelli molla Di Maio e Salvini: “Ridicoli”

Cinquestelle e Lega inseriscono nel contratto per il governo misure fortemente antieuropeiste: uscita dall’euro e cancellazione di un debito da 250 miliardi. Il leader di FI: “Quei due non c’entrano nulla con me"

Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi

Loro scrivono nel programma che introdurranno “specifiche procedure tecniche di natura economica e giuridica” che consentano agli Stati di uscire dall’euro, attaccano la Banca centrale europea (guidata da Mario Draghi) e chiedono uno “sconto” di 250 miliardi sui debiti. Lui, invece, forte della riabilitazione riconosciutagli dai giudici di Milano, vola a Sofia per partecipare all’incontro dei leader del Ppe con Donald Tusk e Viktor Orban. La distanza tra “loro” - Cinquestelle e Lega - e lui, Silvio Berlusconi, sembrerebbe siderale. Eppure il Cavaliere pensa che un modo per uscire dal vicolo cieco dove sembrano essersi ficcati Luigi Di Maio e Matteo Salvini esista. “Non trovano un premier ‘terzo’, ‘esterno’ e autorevole? Chiedano a Silvio Berlusconi di fare un passo in avanti: in pochissimo tempo nascerebbe un governo serio, forte, credibile e autorevole che saprebbe difendere veramente gli interessi dell'Italia in Europa e nel mondo”, è l’uovo di Colombo scoperto da  Sestino Giacomoni, deputato azzurro, da più di un decennio tra i più stretti collaboratori del leader di Forza Italia.  

Prove tecniche di tregua

Da lunedì sera, il giorno nel quale si sarebbero visti ad Arcore, anche se i forzisti lo smentiscono, gli azzurri hanno abbassato i toni nei confronti di Salvini.  Soprattutto hanno ripreso a considerare il segretario della Lega come “un alleato”, seppur impegnato, come dice Annamaria Bernini, in un “esperimento”. Il problema è che quell’esperimento assomiglia sempre di più ad una campagna elettorale anticipata per le elezioni europee dell’anno prossimo e nel “Contratto per il governo del cambiamento” che i due partiti sottoscriveranno al termine delle trattative ci sono veri e propri siluri diretti contro le autorità europee. La pretesa di farsi cancellare dalla Bce ben 250 miliardi di debito pubblico, per esempio, ha stupito e spaventato pure uno come Carlo Cottarelli che ancora fino a due giorni fa era considerato come uno dei papabili per Palazzo Chigi. “Pensare soltanto che questa possa essere una proposta plausibile è davvero ridicolo”, ha commentato l’ex capo delegazione del Fondo Monetario Internazionale in Italia nonché ex commissario alla Spending Review. I tecnici giallo-verdi, da quanto si è saputo, si volevano impegnare a “ridiscutere il contributo italiano all’Unione  in vista della programmazione 2020”, cioè a tirare sul prezzo dell’adesione all’organizzazione internazionale, mentre il Contratto prevedeva che il reddito di cittadinanza promesso dai Cinquestelle fosse finanziato con 17 miliardi di fondi europei.  Ecco, forse, perché al Quirinale devono avere chiesto ai due di darsi una calmata e il segretario del Carroccio, all’uscita dell’ultimo giro di consultazioni, ha detto che “certo, se non si possono modificare i vincoli europei si può fare poco”. 

Da grande nemico a stabilizzatore

Se i due capi politici prendono la rincorsa per il 2019, il Cavaliere cura i rapporti con quelle personalità che a Bruxelles e nelle cancellerie dei principali Paesi Ue da mesi lo vedono come il possibile “stabilizzatore”, un baluardo dell’europeismo e del popolarismo contro “i populismi”. Fresco di riabilitazione da parte del Tribunale di sorveglianza di Milano, e tornato candidabile dopo anni di purgatorio, Berlusconi ha deciso di salire sul suo aereo e di raggiungere la capitale della Bulgaria più per farsi vedere  che per discutere della politica continentale verso i Paesi dei Balcani occidentali. L’ex premier siederà accanto al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, ai capi di Stato e di governo Nicos Anastasiades (Cipro), Sebastian Kurz (Austria), Andrej Plenkovic (Croazia) e Leo Varadkar (Irlanda). Ci sarà  pure Viktor Orban, premier dell’Ungheria, l’uomo del muro e il leader morale del gruppo di Visegrad, formato dagli Stati che chiedono di rivedere le regole europee sulla distribuzione dei richiedenti asilo. Tra i leader di partito, tutti del Ppe,  ci saranno anche l’olandese Sybrand Buma, il ceco Pavel Belobradek, il greco Kyriakos Mitsotakis ed il portoghese Rui Rio. 

No allo "scudo umano"

L’ex premier italiano sarà accompagnato da Antonio Tajani, il presidente dell’Europarlamento, che pure si è detto molto preoccupato per la piega che sta prendendo la formazione del governo italiano. Quello che è certo è che il leader di Fi - come spiegano i fedelissimi - non ha la minima intenzione di fare da “scudo umano” a pentastellati e leghisti, almeno non in questa fase. “Abbiamo deciso di consentire questo tentativo”, dirà, prendendo però chiaramente le distanze da quanto sta emergendo. La preoccupazione delle autorità europee gli era già stata manifestata pochi giorni fa, quando il presidente del Ppe, Joseph Daul, ha  chiamato di persona Arcore per capire cosa stesse succedendo in Italia. Come ha spiegato anche a lui, il Cavaliere rivendicherà la centralità del suo partito e dirà di essere pronto a fare la sua parte, in caso di voto anticipato, con l’obiettivo di riconquistare i voti persi a causa dell’incandidabilità. Con un impegno preciso: “Non permetterò che l’Italia esca dall’Ue”. Intanto perché, da imprenditore, sa bene che l’Italexit avrebbe conseguenze drammatiche sulle imprese italiane. Ad Arcore sono convinti che non si voterà subito, che un governo dovrà partire, ma che l’orizzonte della legislatura è segnato e dunque è meglio tenersi pronti. Le ipotesi sul tappeto sono due, molto diverse tra loro. La prima prevede un rapido ritorno al  voto;  la seconda è che, subito dopo l’estate, Salvini rompa con i Cinquestelle e coinvolga gli azzurri (e anche Fratelli d’Italia) nel suo progetto di governo. Ecco perché i forzisti oggi “salvano” il segretario del Carroccio e se la prendono solo con gli uomini di Di Maio: “Noi apprezziamo lo sforzo dei nostri amici della Lega di tener fede al programma del centro-destra, ma, avendo i grillini come alleati, non è certo facile. Non trovano l’accordo sul nome del premier? Da quello che dicono non deve essere né leghista né grillino, deve essere molto competente ma anche con una forte legittimazione elettorale…”, ha spiegato Giacomoni intervistato a Porta a Porta. La conclusione del sillogismo non fa una grinza e porta diritto alla rinnovata centralità del Cavaliere, nello scenario di un centrodestra unito,  “europeo”, di nuovo restituito a una funzione di governo.