Il piano di Giorgia Meloni per scalare il centrodestra: "Ci faremo trovare pronti"

"E' il tempo delle donne": così l'unica leader di partito in Italia pensa a lanciare se stessa come futura premier

Giorgia Meloni (Foto Shutterstock)
Giorgia Meloni (Foto Shutterstock)

''Ci faremo trovare pronti, con le proposte giuste e gli uomini giusti...". Giorgia Meloni sale sul palco della Conferenza programmatica di Fdi a Milano con un tricolore tra gli applausi degli oltre 3mila delegati e mette subito in chiaro che il suo partito ha le carte in regola per governare il Paese nel 2023. Da oggi, lascia intendere, inizierà un percorso politico che potrebbe portarla a palazzo Chigi. Non a caso dice, scandendo bene le parole: ''Crediamo che questo sia il tempo delle donne...''.

Cosa accade fra Conservatori e Riformisti

Ormai l'ex ministro della Gioventù del Berlusconi quater non si nasconde più: lavora per candidarsi premier e manda un messaggio preciso agli alleati, in particolare a Matteo Salvini, rivendicando il merito di aver costruito il partito dei conservatori in Italia, grazie anche alla salda collocazione a Bruxelles con la guida dell'Ecr: ''E' il momento dei conservatori'' dice, anche se nel Parlamento Ue si chiamano “Conservatori e riformisti” e il presidente è proprio lei, Giorgia.

La scenografia all’americana

Vari maxischermi, tante luci 'sparate' che sembrano stroboscopiche, bandiere accanto ogni sedia. Il leader ha il piglio del 'capitano', sceglie non a caso un doppiopetto blu navy con bottoni dorati in stile militar-marinaresco: inizia a parlare piano, poi si infervora quando difende il ruolo della madre dall'ideologia gender, rilancia la battaglia per il presidenzialismo contro i ''giochi di palazzo'' e lo ''schifo dei parlamentari che si vendono al miglior offerente'' e quando respinge "l'accusa ridicola di non avere una classe dirigente adeguata". "In un Paese che ha affrontato una pandemia con Speranza alla Sanità e ora affronta una guerra con Di Maio agli Esteri è davvero un'accusa ridicola...'', attacca la Meloni, che ripete più volte la parola patriota, ricordandone il significato e dicendo anche che “la Patria è la madre di tutte le madri”...

Le citazioni colte di un discorso fiume

La 'parte politica' della sua relazione fiume (il discorso è durato più di un'ora senza nemmeno un'interruzione per un sorso d'acqua) è tutta verso la fine. Inizia quando cita il filosofo francese Gustave Thibon per mettere in guardia il partito e forse se stessa dai rischi dell’arrivo troppo facile sulla 'vetta': ''Thibon dice: 'molti credono di salire, in realtà evaporano nel vuoto...'. Stiamo salendo e continueremo a salire. Ma più saliremo e pi la nostra responsabilità sarà tenere i piedi ben piantati per terra. Nell'altitudine l'ossigeno è rarefatto, può darti alla testa e farti smarrire... Ma per noi -rassicura- non sarà così, perché la nostra preparazione è stata lunga, meditata, sofferta...''.

Il lancio del nuovo risorgimento italiano

''Il declino -sottolinea la Meloni, riprendendo lo slogan di un suo video proiettato prima del suo intervento- non è un destino, è una scelta, si può invertire, ed è quello che abbiamo in mente di fare e se ci riusciremo -promette- noi trasformeremo questa epoca infame in un nuovo Risorgimento italiano. Abbiamo rinunciato da tempo alle rendite di posizione e di potere per ridare una casa alla destra italiana e costruire il grande partito dei conservatori italiani''.

Parole che sembrano quasi un 'manifesto politico', che rientra in una strategia precisa in cui, paradossalmente, la Meloni veste i panni della 'moderata' che studia da premier guardando al futuro senza rinnegare il passato anche se gesti come i saluti romani al funerale di donna Assunta Almirante non gli sono piaciuti (''sono antistorici, l'ho detto tante volte'', ha tagliato corto in mattinata interpellata alla commemorazione di Sergio Ramelli, altra icona del vecchio Msi, però a simboleggiare un ‘passato che non passa’).

Il passato che non passa

La presidente di Fdi insomma è consapevole dei risultati raggiunti ma invita tutti alla cautela: ''Più saliremo e porteremo con noi ciò da cui arriviamo, più avanzeremo e tenderemo la mano a chi ne ha bisogno...'. Non crediamo alla favoletta che per renderti presentabile devi andare a braccetto con la sinistra. E con orgoglio possiamo dire che ci siamo riusciti, con pazienza, sacrifici e coerenza".

Protagonisti e comprimari della tre giorni di Fdi

Tornando alla scenografia, il podio è al centro della sala, al termine di una passarella sopraelevata. Attorno ci sono 3300 posti a sedere, e al centro, appeso al soffitto un enorme cubo, formato da quattro maxi schermi, un po' come quelli che si trovano nei palazzetti sportivi americani, come il Madison Square Garden.
Una scenografia, molto in stile Usa, impattante, al centro del Mico, il centro congressuale milanese, dove sono arrivati i 4600 delegati a questa Conferenza programmatica di Fdi, in un clima che, per lo sforzo organizzativo, ricorda i grandi Congressi di partito della Prima Repubblica.

Il programma

Le ripetute partecipazioni della leader, Meloni, alle conferenze conservatrici, i celebri Cpac, sembra abbiano lasciato il segno. Sullo sfondo un grandissimo pannello, con su scritto lo slogan della manifestazione: "Italia, Energia da Liberare". e a destra e sinistra i due simboli elettorali del partito, anche loro giganteschi. Anche la sala stampa è quella delle grandi occasioni: oltre 120 postazioni di fronte a due maxi schermi su cui seguire i lavori. I lavori partono con i primi tavoli tematici. Poi alle 16 l'apertura ufficiale, con i saluti istituzionali di Giuseppe Sala, sindaco di Milano, Attilio Fontana, presidente Regione Lombardia e Walker Meghnagi, presidente Comunità ebraica Milano. A seguire gli interventi di Marco Marsilio, presidente Regione Abruzzo, Francesco Acquaroli, presidente Regione Marche e Nello Musumeci, Presidente Regione Siciliana. Quindi, introdotta dal direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano, il clou della giornata, la relazione del Presidente Giorgia Meloni. Ma è solo il primo giorno. Ce ne saranno altri due e fitti-fitti.

I tre slogan della kermesse

Libertà, crescita e indipendenza. Sono queste le parole d'ordine della conferenza programmatica di Fratelli d'Italia. Tre giorni per discutere di futuro per un partito dato sempre più in crescita nei sondaggi. Oltre alla sala Gold in stile Usa con un grande palco a 'T', effetti di luce, bandiere tricolori e del partito che sventolano, una serie di maxi schermi, l'inno di Mameli che apre la kermesse e poi il ricordo di Assunta Almirante. FdI dà il via ai lavori e non si nasconde. L'obiettivo è diventare forza di governo alle prossime elezioni. Eppure, il dibattito nel centrodestra è aperto. La tenuta della coalizione scricchiola e un vertice dei leader non è ancora stato convocato, nonostante gli inviti reciproci a organizzarlo. E non ci sarà in questo weekend, perché sarebbe un modo per togliere la scena all'evento organizzato da Fratelli d'Italia.

I punti cardine della candidata premier di destra

Giorgia Meloni, con la sua relazione, traccia l'identikit di un programma in via di definizione. Difesa della famiglia, lotta all'utero in affitto e alla teoria gender, ma anche parole risolute sulla battaglia contro il Covid e sulla più recente crisi in Ucraina, oltre all'idea che la politica industriale debba puntare sul made in Italy. Ma c'è molto altro nell'intervento di più di un'ora della leader della destra italiana. "In Occidente si alza sempre più forte il vento dell'identità e della libertà e noi siamo pronti a ricostruire questa nazione. La ricostruiremo seria, forte, produttiva, alla sua altezza. È un compito da patrioti. Questo è il nostro tempo. Molte delle critiche che abbiamo mosso in questi anni oggi sono le risposte da dare", dice Meloni dal palco. E poi assicura: "Una grande nazione ha bisogno anche di una classe politica degna. La politica che liscia il pelo e basta non è buona politica. La politica disposta a cambiare idea, maggioranza non è buona politica. Noi continuiamo a salire, più saliremo e più la responsabilità sarà tenere i piedi ben piantati per terra. L'unica ragione per cui vogliamo arrivare in vetta è che da lì possiamo guardare più lontano".

Quel che resta del centrodestra

Sullo sfondo, intanto, resta il rapporto con gli alleati del centrodestra. In una giornata in cui il leader della Lega, Matteo Salvini, avverte che "il centrodestra inevitabilmente dovrà presentarsi unito alle politiche l'anno prossimo perché solo uniti si vince. Faccio appello all'unità anche per Palermo, Parma, Viterbo e le altre città nelle quali ancora siamo divisi. Noi a Palermo abbiamo fatto un passo indietro, noi siamo per l'unità e per avere una squadra di governo comune".

Il numero uno del Carroccio annuncia poi che passerà per "un saluto" alla kermesse di FdI tra domani e domenica. Ma Ignazio La Russa, senatore di FdI e vicepresidente del Senato, la vede in altro modo, perché un arrivo a sorpresa di Salvini "sarebbe un controsenso per noi e per lui", ma "quando faremo una cosa del genere tutti insieme, ci saremo tutti". E non solo.

Cosa rispondono i berlusconiani

Da Forza Italia arriva un'apertura a FdI e alle altre forze della coalizione. "Noi siamo alleati sinceri, leali e veri, tutti insieme indipendentemente dalle tensioni. Se c'è una cosa sicura, è che noi vinceremo e governeremo insieme. L'incontro tra i leader ci sarà sicuramente. Sicuramente ci sarà, non so quando", dice la capogruppo azzurra a Palazzo Madama, Anna Maria Bernini, mentre i capigruppo leghisti, a sorpresa, non partecipano alla kermesse di FdI, cui pure erano stati invitati.

Lo sbarco al Nord e lo scontro in Sicilia

Certo è che, nonostante i 4 mila convenuti di Milano, il terreno di scontro vero, nel centrodestra, è la Sicilia, mentre al Nord Giorgia Meloni sfida con un'opa sulla coalizione nella loro casa lombarda Berlusconi e Salvini. E quest'ultimo rilancia una Pontida in pieno stile leghista della prima ora, proprio mentre la leader di Fdi (partito forte al Sud) si mette il doppiopetto blu da candidata premier nella sua kermesse all'americana.

La manovre in corso

Ma le sorti della coalizione, in questo momento, in realtà si decidono nell'isola della Trinacria. Dove a credere nell'unità del centrodestra sono rimasti gli ultimi pontieri, confidando che mancano quindici giorni scarsi per la presentazione delle liste per le comunali di Palermo e Messina. Ma in molti ritengono la frattura nella coalizione così profonda che difficilmente si potrà sanare: la scelta di FdI di sostenere Roberto Lagalla – peraltro un candidato centrista, appoggiato anche da Iv - ha sancito la spaccatura con Lega e Forza Italia, che appoggiano Francesco Cascio. "A questo punto Cascio potrebbe ritirarsi solo se glielo chiede Berlusconi", è la considerazione dei pontieri che pure si annidano dentro Fi e Carroccio. "Io, come altri candidati, ho fatto un gesto di responsabilità facendo un passo indietro dopo una campagna elettorale avviata, un programma definito e delle liste a me collegate già pronte - dice Francesco Scoma, deputato della Lega - Non ho rinunciato alla corsa per vedere vincere Franco Miceli (il candidato del centrosinistra, ndr.) e lasciare la città abbandonata al suo declino per altri cinque anni". Quindi il messaggio non tanto velato è: "Ora è chiaro che tutti possono fare un passo indietro e compiere ogni sforzo per cercare una sintesi che possa unire tutto il centrodestra: spero che prevalga il buon senso, quello che solo in pochi hanno saputo di dimostrare in queste settimane in cui la politica si è allontanata altri anni luce dai problemi della città e dei suoi cittadini".

La forza di chi ha i voti sul posto

Ad avere più di un problema sono i cosiddetti big locali, quelli che muovono migliaia di voti e che mal convivono con le divisioni. In questo quadro, il centrosinistra pregusta il vantaggio. "Se noi avessimo dovuto seguire il centrodestra avremmo dovuto mettere in campo 8-10 candidature - ha ironizzato il leader del Pd Enrico Letta, a Palermo a sostegno di Miceli - Io sono molto contento del lavoro fatto qui dal partito, che ci porta a essere fortemente competitivi per vincere a Palermo e Messina, e preparare le elezioni regionali d'autunno. Proprio quelle Regionali in cui si profila già un altro scontro: la Meloni pronta a sostenenere la ricandidatura del governatore uscente, Nello Musumeci, e FI con il suo Micciché che vuole ancora una volta giocare al centro e di sponda con Iv, Udc e altri centristi per continuare a imporre FI come il baricentro isolano e come ‘granaio’ di voti dei moderati contro ogni svolta radicale a destra o a sinistra. Uno scenario in cui la Lega, che neppure presenta il suo simbolo, ma ha preferito ‘Prima la Sicilia’, è destinata a svolgere il ruolo della comprimaria.