Il mese di fuoco del governo Meloni tra scioperi, manifestazioni e tagliole europee
La legge di Bilancio inizia il suo iter parlamentare. dubbi della Commissione su lotta all’evasione fiscale e coperture. Sindacati e opposizioni in piazza

Tre, tredici, quindici, diciassette, venti. Mettiamoci anche il 31, l’ultimo giorno dell’anno, e ogni sabato e domenica da qui ad allora. Prendete anche tre sigle-parole: Ue, Pnrr, manovra. Mescolate tutto in un mese solo, dicembre. Il risultato è un mese di fuoco, “caldissimo”, nel senso molto complicato. E’ quello che inizia oggi, che è anche il secondo mese di vita del governo Meloni. “E dai, negli anni passati a questo punto qui davanti c’era una manifestazione al giorno, eravamo assediati… non ricordi” minimizza un deputato alto in ruolo di Fratelli d’Italia. “Invece - continua indicando piazza Montecitorio inondata di sole - come vedi non c’è nessuno. E’ un ottimo indizio”.
Le controproposte del Pd nelle piazze
Al netto dell’ottimismo del deputato, quella che inizia oggi è una prova di nervi lunga un mese per la premier Meloni e la sua squadra di governo. Sabato 3 dicembre il Pd è nella piazze di ogni provincia italiana a spiegare, ai banchetti, le controproposte del Nazareno per la legge di bilancio che inizia oggi il suo iter parlamentare e che non piace affatto al segretario uscente Enrico Letta. “Questa legge è solo un decreto che serve a far passare i prossimi tre mesi - punta il dito il leader dem -. Non c’è alcuna dimensione di programmazione annuale, taglia su servizi e sanità, fa ancora e sempre cassa sui poveri. Si chiama iniquità e ingiustizia sociale”. Oggi al Nazareno iniziano le consultazioni parallele, Confindustria e sindacati, artigiani e commercianti. Sabato in piazza a spiegare le controproposte tra cui il salario minimo (“ma siete stati tre anni al governo e non avete fatto nulla” ha schiacciato la palla ieri mattina in aula il presidente della Commissione Lavoro Walter Rizzetto, Fdi), il taglio strutturale del cuneo fiscale, la proroga di Opzione donna e Ape Sociale, la riforma del reddito di cittadinanza e l'introduzione del reddito alimentare. Ancora: il tetto nazionale al prezzo dell'elettricità (100 euro MWh), l'introduzione del contratto luce sociale per abbattere le bollette di famiglie e imprese e potenziamento della tassa sugli extraprofitti. Il 17 poi tutti in piazza per la manifestazione nazionale in piazza SS.Apostoli a Roma.
I sindacati e anche i medici
Il 13 è il giorno del probabile sciopero dei sindacati. Meloni li vedrà nuovamente il giorno 7 a palazzo Chigi. Cgil e UIL sono intenzionati a proclamare lo sciopero (l’anno scorso lo fecero, gli anni prima anche). La Cisl, il segretario Sbarra, non è d’accordo. Per Landini il governo ha prodotto una manovra “sbagliata e da cambiare che non risponde alle reali emergenze del Paese, a partire dalle condizioni materiali di lavoratori e lavoratrice, pensionate e pensionati”. La Cisl invece sostiene che sia “sbagliato” ricorrere allo sciopero mentre “vanno promosse assemblee nei luoghi di lavori per accompagnare il percorso parlamentare con l’obiettivo di conquistare miglioramenti concreti. Il 15 andranno in piazza medici e sanitari e anche i veterinari. Tutte le organizzazioni sindacali (Anaao Assomed, Cimo-Fesmed, Anpo-Ascoti, Cimo, Cimop e via con altre dodici sigle tra cui Cgil, Cisl e Uil) saranno in piazza SS. Apostoli per denunciare “la deriva in cui sta precipitando la sanità pubblica: dopo averci consegnato medaglie di cartone, ora ci legano le mani e senza risorse potremo proteggere e assistere i nostri pazienti solo in parte e solo grazie a grandi sacrifici che pesano sulle nostre vite e su quelle delle nostre famiglie”. Vogliono soldi e personale. Ma nella Manovra ci sono solo 2 miliardi su 35 disponibili e Meloni ha chiuso la porta all’uso del Mes. Ogni sabato di questo mese Giuseppe Conte farà il grand tour dell’Italia del sud per organizzare le piazze in difesa del reddito di cittadinanza (comincia sabato a Scampia). Poi c’è il 20 dicembre, giorno in cui la Manovra arriverà in aula alla Camera. E il 31 dicembre, giorno in cui la manovra deve essere approvata. Diversamente si apre l’esercizio provvisorio. Scenario che Meloni non vuole neppure prendere in considerazione. Il tempo è pochissimo e pieno di incertezze. Tra le opposizioni, ovviamente. Ma si annidano anche nella maggioranza.
Problemi anche dentro la maggioranza
Il termine per presentare gli emendamenti è stato fissato alle 16.30 del 7 dicembre, l'11 dicembre è il termine ultimo per indicare gli “attenzionati” che la maggioranza vorrebbe contenere in 400. Le opposizioni procedono in ordine sparso: il Pd chiederà di discutere in Aula tutti gli emendamenti presentati. I 5 Stelle promettono barricate - dentro e fuori il Palazzo - per difendere il reddito di cittadinanza. Correttivi al testo da parte del governo potrebbero arrivare durante il percorso tra Commissione ed aula. La norma su Opzione donna per il pensionamento anticipato - che ha allarmato il Pd - potrebbe essere modificata. Il governo starebbe studiando possibili correttivi per rendere la misura maggiormente inclusiva. La ministra del Lavoro Marina Calderone è al lavoro. Poi magari se l’avessero coinvolta prima e meglio, certi errori sarebbero stati evitati. Il problema è sempre lo stesso: i soldi, le coperture. Che non ci sono. O meglio, non sono così chiare e anche la Commissione Ue sta facendo domande in proposito.
Il Terzo Polo spariglia
E poi c’è il Terzo Polo che spiazza tutti e spariglia le carte in tavola. L’incontro di 90 minuti, martedì, a palazzo Chigi tra la delegazione di Azione e Italia viva e la premier Meloni con i ministri Giorgetti e Urso e i sottosegretari Fazzolari e Mantovano ha agitato a destra e a sinistra. Esattamente quello che volevano sia Meloni che Calenda con obiettivi però opposti. Meloni manda messaggi a Forza Italia (ma anche alla Lega, soprattutto a Zaia qualora decidesse di scendere in campo) che lei è in grado di avere un’alternativa al centro e che nessuno si sogni di schiacciarla a destra. Calenda e Renzi a loro volta mandano messaggi a Forza Italia, ma anche ad un pezzo di Lega e allo stesso Pd: il bipolarismo è finito, il centro è tornato, liberale, repubblicano, progressista, persino socialista, ed è destinato ad avere il ruolo che merita. A parte il “metodo”, c’è il “merito”. A Meloni sono piaciute alcune proposte della contromanovra del Terzopolo. Ad esempio aiutare le imprese ad affrontare la trasformazione digitale e rafforzare il pacchetto famiglia, in particolare il capitolo del congedo parentale.
La questione del Reddito
Anche il Reddito di inclusione al posto del Reddito di cittadinanza. E il ripristino della missione Italia sicura per la messa in sicurezza del territorio. Ieri pomeriggio palazzo Chigi ha fatto filtrare questo messaggio di “interessamento alle proposte del Terzo Polo alcune delle quali potrebbero essere adottate”. Sono subito circolati i malumori e sospetti di Forza Italia sul Terzo Polo “stampella del governo in chiave anti-azzurri”. Negli stessi minuti Silvio Berlusconi, forse non a caso, è tornato a farsi sentire avanzando precise richieste: “Chiederemo alla maggioranza un impegno ulteriore sulla detassazione dei nuovi assunti” e “per aumentare le pensioni più basse mangiate dall’inflazione”. Forza Italia, ha avvertito il Cav, “darà un contributo concreto e qualificato alla scrittura di un testo che affronti l'emergenza più grave, quella del caro energia, ma che deve cominciare a disegnare l'Italia del futuro”. A Berlusconi non sono piaciute tante cose dal 26 settembre. E continuano a non piacergli: non è stato coinvolto nella gestione della legge di bilancio, Forza Italia assente nella conferenza stampa più importante, la premier che non si fa mai sentire. “Sono io il fondatore del centrodestra, un po’ più di rispetto” è il senso del malcontento di Berlusconi. Anche con Salvini i rapporti sono molto più freddi.
Attaccato da destra e da sinistra (“è già organico alla maggioranza” dicono i 5Stelle), il leader di Azione allarga le braccia: “Quante dietrologie su un fatto così normale: l'opposizione che propone alternative sulla legge di bilancio. Abbiamo dimenticato come si lavora in democrazia”. Matteo Renzi ha subito allontanato i dubbi: “Un anno e mezzo, forse due e cadrà anche il governo Meloni”.
Tre ministri: “Obbligati a correggere il Pnrr”
Intanto però il governo c’è, è saldo e, come ha detto la premier al Corriere, “durerà a lungo”. Perchè non si vedono alternative mature dopo lo tsunami politico post 25 settembre. E a meno che nel prossimo mese di fuoco non vengano commessi errori tragici. Sulla manovra. E sul Pnrr. Sullo stato di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano sta lavorando da qualche giorno, a Roma, la task force dei tecnici della Commissione europea. Il governo italiano vuole rivedere tempi e costi perchè quelli indicati sono “superati nei fatti”.
“Gli Stati membri dovrebbero attuare il loro Pnrr approvato dal Consiglio. L'attuazione include milestones e obiettivi, secondo scadenze chiare” avvertiva ieri la portavoce della Commissione Veerle Nuyts. Che è come dire: “Lavorare e stringere i denti”. Ma ieri ben tre ministri hanno detto che non è possibile rispettare il calendario. Per Salvini vanno rivisti i tempi, perché considerato che siamo oramai a fine 2022, “chiudere tutte le opere e rendicontarle entro il 2026 mi sembra assolutamente ambizioso”. Serve anche un aggiornamento dei prezzi. “Dovremo rivedere il Pnrr con l’Europa” ha detto il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin “a causa dell'inflazione, il mio ministero ha già un onere maggiore di 5 miliardi” su 35 previsti. Quindi, “o si taglia le opere o non ci stiamo dentro”. Il ministro degli Affari Europei Raffaele Fitto ha annunciato che la prossima settimana sarà comunicata “la reale situazione di spesa del Pnrr”. E’ un fatto che da 42 miliardi che dovevano essere spesi nel 2022, ora la previsione è 33 ma potrebbe calare ancora a 22. E che dire poi delle riforme che non sono ancora operative? La riforma della giustizia e il disegno di legge sulla Concorrenza (l’Italia aspetta questa legge da più di vent’anni) sono ancora in alto mare, entrambe stoppate nei fatti a luglio dalla crisi di governo. Presto per dire se la rata di 21 miliardi è in bilico.
I dubbi della Commissione anche sulla manovra
Non è finita qui perchè i cartellini gialli europei stanno arrivando anche sulla manovra. La task force presieduta dalla francese Céline Gauer ha iniziato a esaminare i documenti arrivati dall'Italia. Gli ostacoli più grandi sono costituiti dal capitolo fisco: così com’è declinato nei vari articoli della legge di bilancio - ad esempio la circolazione del contante fino a 5mila euro e il pos obbligatorio solo sopra i 60 euro - sembra andare in direzione opposta ad uno egli obiettivi principali del Pnrr italiano che è la lotta all’evasione fiscale. Non solo, la valutazione sulle tabelle ha cerchiato in rosso fuoco circa 16 miliardi di coperture non specificate e indicate con “altro”. Se queste due misure non ci sono più, dovranno essere “sostituite” con altre norme antievasione. In un mese sembra complicato trovarne altre. Anche perché sul tavolo c’è anche il problema della flat tax. Anche qui potrebbero servire correzioni. Un mese, appunto, complicatissimo. Intendiamoci: il governo in sè non è a rischio. Il consenso di cui gode potrebbe invece iniziare a vacillare.