Il 25 Aprile delle occasioni sprecate, tra i moniti di Mattarella e la mano tesa di Berlusconi

Salvo improvvisi cambi di programma, abbastanza improbabili, stasera potremo dire che anche questo 25 aprile è stata l’ennesima occasione sprecata per celebrare tutti insieme una data che rappresenta la liberazione dal fascismo e dalla guerra ma è anche, per citare Luciano Violante, “la nostra data fondativa, come il 4 luglio per gli americani e il 14 luglio per i francesi”. Occasione sprecata a maggior ragione perchè si tratta del primo governo di destra alla guida del Paese. Occasione quindi unica per fare finalmente pace con il passato, abiurando una volta per tutte al fascismo e guardando avanti.
Le parole di Fini
La strada l’ha indicata domenica Gianfranco Fini, l’ex presidente della Camera ed ex leader di An che ha sdoganato, con Berlusconi, la destra portandola al governo dopo svolte come Fiuggi e abiure varie. “Giorgia Meloni - ha detto Fini in una intervista - dica, perchè so che lo pensa, che libertà, giustizia sociale e uguaglianza sono valori democratici, sono i valori della Costituzione e sono i valori antifascisti. Spero anche che Giorgia Meloni colga questa occasione per dire senza ambiguità e reticenze che la destra italiana i conti con il fascismo li ha fatti quando è nata An”. Vorrebbe dire anche ricucire uno strappo e mettere fine ad un’ostracismo (rispetto a Fini) ingiusto e assurdo.
E in fondo è ancora questo il motivo per cui Meloni non farà nessuna delle cose suggerite da Fini e sprecherà l’ennesima occasione: non tanto lei ma il popolo a cui lei parla non se la sente di abiurare al fascismo così come rinunciare alla fiamma nel simbolo. E tante altre cose.
La “via” di Liliana
E dire che la senatrice a vita Liliana Segre aveva indicato con largo anticipo la strada e le cose da fare in questo 25 aprile quando ha presieduto la prima seduta della XIX legislatura il 13 ottobre 2022: “Le grandi Nazioni dimostra di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grand libro della storia patria. Perchè non dovrebbe essere così per il popolo italiano? Perchè dovrebbero essere vissute cona date divisive, anzichè con autentico spirito repubblicano, il 25 aprile, festa della liberazione, il Primo maggio festa del lavoro, il 2 giugno sta della Repubblica?”. Era già tutto scritto qua, in queste semplice e cristalline parole. Non era difficile dare loro seguito.
Non è bastato per recuperare l’occasione unica del 25 aprile neppure il viaggio che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha fatto la scorsa settimana in Polonia, nell’est Europa e, soprattutto, ad Auschwitz, dove ha pronunciato parole definitive: “Un crimine che non può conoscere nè oblio nè perdono” oppure “I regimi fascisti consegnarono i propri concittadini ai carnefici nazisti”. Ieri il Capo dello Stato ha voluto anticipare le celebrazioni con una verità tanto semplice quanto “impronunciabile” - a quanto pare - per chi governa il Paese: “Bisogna tenere viva la memoria delle atrocità nazi-fasciste ma soprattutto non dimenticare quanti lottarono e permisero la liberazione dell'Italia dall'oppressione nazi-fascista”.
E invece il Paese è politicamente spaccato
La fotografia è invece quella di un Paese spaccato da lacerazioni antiche non del tutto superate. Oppure, ed è peggio, indifferente.
E’ una divisione tutta politica - che va ben al di là di una giornata segnata in rosso sul calendario come festa nazionale - che emerge leggendo l’agenda delle due prime cariche dello Stato: il presidente della Repubblica sarà in Piemonte, con una tappa simbolica a Boves, teatro della prima strage compiuta in Italia dai nazisti (24 civili trucidati, 350 case date alle fiamme) eseguita il 19 settembre del 1943 per punire gli italiani traditori dell'8 settembre; il presidente del Senato, Ignazio La Russa, invece volerà oltreconfine, a Praga, per omaggiare la figura di Jan Palach, il giovane cecoslovacco diventato simbolo dell’anti-comunismo perché il 16 gennaio 1969 si suicidò dandosi fuoco per protestare contro l'invasione sovietica proprio in piazza san Venceslao dove il presidente del Senato depositerà una corona. La Russa a Praga visiterà anche il campo di concentramento di Theresienstadt.
Palazzo Chigi pare tenersi lontano da questa dicotomia: Giorgia Meloni si dovrebbe infatti limitare alla parte strettamente istituzionale del passaggio all’Altare della Patria insieme al capo dello Stato con La Russa e il presidente della Camera Lorenzo Fontana.
Le polemiche
In questa divisione, come era prevedibile, entra a gamba testa il presidente dell’Associazione nazionale partigiani (Anpi), da sempre memoria e motore delle celebrazioni della Liberazione (che però, è bene sempre ribadirlo, fu ad opera di tutte le forze politiche liberali, repubblicani, cattolici e anche i comunisti) che attacca la seconda carica dello Stato per la sua scelta: “Ian Palach è sicuramente un eroe della libertà, ma colpisce che voglia rendere omaggio alla sua memoria proprio domani quando ci sono altri 364 giorni per farlo”. Oggi, per Pagliarulo, sarebbe stato “più logico portare un fiore dove c’è stato l'eccidio delle Fosse Ardeatine o l'eccidio di Marzabotto o di Sant'Anna di Stazzema”.
In questo clima le città italiane si apprestano alla giornata che ricorda la liberazione dal nazi-fascismo: l’opposizione conferma le tradizionali occasioni nelle città e nei punti della memoria; il centrodestra chiede di superare le divisioni ma al suo interno e quindi della stessa maggioranza, emergono approcci marcatamente diversi tra Lega e Forza Italia da una parte e Fratelli d’Italia. E anche nel partito della premier non si non notare come un ministro come Guido Crosetto, che certo non ha radici nei partiti della destra fascista, sia invece oggi presente con il Capo dello Stato a Boves, uno dei luoghi simbolo della Resistenza.
La maggioranza divisa
Il presidente della Camera Fontana, ad esempio, si è smarcato con decisione spiegando di sentirsi “pienamente antifascista”. Salvini celebrerà il 25 aprile ma ribadisce che “sarebbe ora che alcune date importanti come il 25 aprile e il Primo maggio unissero e non fossero motivo di polemica, divisione”. Silvio Berlusconi ha suggerito al ministro Antonio Tajani di essere presente alle Fosse Ardeatine per poi entrare con entrambi i piedi nel tema di queste ore rivendicando la lezione di pacificazione che Berlusconi fece nel 2009 a Onna, in Abruzzo. “Avevo scelto - ricorda il Cavaliere in una lunga nota - quel piccolo comune d'Abruzzo che era stato teatro di una tremenda strage operata dai nazisti durante la guerra e che aveva subito profondi danni e gravi perdite per il terremoto, perché avevo visto nello slancio di solidarietà che aveva unito tutti gli italiani alle popolazioni colpite, lo stesso spirito che tanti anni prima aveva consentito all'Italia di risorgere dalle rovine della guerra”.
Lo “scatto” di Berlusconi
In quella occasione - continua il Cavaliere - avevo rievocato lo 'spirito di unità nazionale' che animò tutti i protagonisti della resistenza che seppero accantonare le differenze più profonde, politiche, religiose, sociali, per combattere insieme una battaglia di civiltà e di libertà per se stessi e per i loro figli. I cattolici e i comunisti, i liberali e i socialisti, i monarchici e gli azionisti, e con loro i militari rimasti fedeli non ad un'idea politica ma all'onore della Patria, pur mossi da ideali profondamente diversi e da una diversa visione del futuro della Nazione, di fronte a un dramma comune, scrissero, ciascuno per la propria parte, ma con eguali dignità e passione, una grande pagina della nostra storia. Una straordinaria pagina sulla quale si fonda la nostra Costituzione, baluardo delle nostre libertà e dei nostri diritti. Questo - conclude la lunga nota - è un patrimonio, un principio fondante della nostra convivenza civile, che appartiene a tutti gli italiani, senza esclusione alcuna.
La necessità di riflettere sul nostro passato
L'anniversario del 25 aprile 1945 è dunque l'occasione per riflettere sul passato, ma anche per ragionare sul presente e sull’avvenire di questo nostro meraviglioso Paese. E dunque: Viva il 25 aprile, la festa della libertà, della pace e della democrazia. La festa di tutti gli italiani che amano la libertà e vogliono restare liberi!”. Fu quello il momento del più alto consenso dell’allora premier. Quando si ebbe veramente la sensazione che l’Italia potete chiudere in pace quella pagine di storia avendoci fatto i conti. Poi le cose, per Berlusconi, sono andate diversamente. Per la destra italiana anche. Per la memoria e l’eredità del 25 aprile siamo ancora a questo punto. Meloni, almeno per ora, non vuole ripartire da dove ebbe il coraggio di arrivare Silvio Berlusconi nel 2009.