Occhi puntati su Meloni a Bruxelles. “Non prendo ordini da Musk”. E punta le sue fiches sugli hub per migranti
Iniziata a Bruxelles la due giorni del Consiglio Ue. Prima il vertice sui Balcani per “l’immediato allargamento della Ue a quei paesi”. Poi il vertice Nato
Giorgia Meloni si è presentata ieri a Bruxelles con molti auspici, qualche desiderata e l’investitura dei media, da Politico a Financial Times, “the strong man”, il leader più influente a livello europeo, “il ponte” tra Europa e Stati Uniti. Senza dubbio il governo più stabile tra i 27.
I punti di Giorgia
Oltre a questo la premier italiana ci ha messo del suo e nella tradizionale due giorni in Parlamento per spiegare alle Camere “il nuovo corso dell’Unione europea con la destra al governo” ha aggiunto una serie di punti: l’Italia terrà “una posizione ferma con l’Ucraina”; il governo “andrà avanti sull’Albania”; la nomina di Fitto fa dire “missione compiuta”; in politica estera “bisogna essere pragmatici” perchè la logica “nemico/amico” è sbagliata. Infine, un categorico “non prendo ordini da nessuno, neppure da Musk”.
Ci sarà tempo per verificare. Intanto è bene fissare questi punti. Cominciamo da Musk. Il tema dei “miliardari monopolisti di beni essenziali” che possono arrivare a gestire prerogative esclusive dello Stato - ad esempio la moneta, i dati sensibili delle informazioni, l’intelligenza artificiale quando non anche eserciti di mercenari - è stato posto con intensa serietà dal Presidente Mattarella negli interventi istituzionali di questi giorni.
“Non prendo ordini da Musk”
Ieri mattina hanno posto le questione prima il senatore Monti e poi Matteo Renzi. Nelle repliche, la premier ha voluto chiarire, usando qualche decibel in meno rispetto al solito che è sempre una buona notizia. “Al senatore Monti che parlava di protettorato morale di Elon Musk rispondo: non so che film abbiate visto. Posso essere amica di Elon Musk ed essere nello stesso momento presidente del primo Governo che in Italia ha fatto una legge per regolamentare l’attività dei privati nello spazio. Perché io posso avere buoni rapporti con un sacco di gente ma non prendo ordini da nessuno”.
Ottima notizia che però rischia di essere smentita dai fatti. La legge sullo spazio prima di tutto è solo un ddl che deve ancora iniziare l’iter parlamentare. In base alle bozze circolate, ammette la tecnologia satellitare (quella usata da Musk) oltre a quella terrestre. Il punto è che Starlink opera già in Italia dove conta 50 mila clienti in Italia. E sta facendo pubblicità a tappeto. Dunque, semmai, siamo in ritardo. Ma a proposito di “protettorato morale”, è bene sottolineare che il governo ha ammesso di voler affidare a Starlink un pezzo della Missione 1 del Pnrr relativa alla transizione digitale per coprire le aree bianche, quelle dove siamo in ritardo per far arrivare la banda larga.
Interrogazioni senza risposta
“Non prendo ordini da nessuno”: perfetto. Ci si chiede però perchè il governo non ha ancora sentito il bisogno di mandare i ministri competenti (Butti o Urso) a rispondere ad alcune interrogazioni parlamentari che giacciono in attesa da almeno tre settimane. Spiega il senatore Borghi (Iv): “Il tema introdotto dal presidente Mattarella sulla concentrazione in pochissime mani di enormi capitali e del potere tecnologico, così come il controllo accentrato dei dati – definibili come il nuovo petrolio dell’era digitale - meriterebbe una discussione approfondita, non ideologica, il più possibile bipartisan nell’ottica dell’interesse e della sicurezza nazionale. E invece- sottolinea Borghi - anche su questo, siamo alle chiacchiere”. Il motivo è semplice: la legge di cui si è fatto vanto la premier ancora non esiste ed è solo un progetto di legge. “Quand’anche ci fosse, essa varrebbe solo per gli operatori italiani nello Spazio, e certo non per SpaceX ed Elon Musk che sono soggetti alla regolazione degli Stati Uniti d’America (mentre nello Spazio non esiste alcun tipo di regolamentazione giuridica)”.
“Ucraina forte al tavolo di pace”
La narrazione, in Italia e all’estero, dipinge la premier Meloni come la figura chiave in Europa nei prossimi mesi e anni in virtù dei suoi buoni rapporti con Trump che l’ha definita “fantastica, stupenda e piena di energia. Sarà interessante lavorare con lei”. Ora però il primo vero vertice sul futuro dell’Ucraina è stato fatto a Parigi, organizzato da Macron a margine dell’inaugurazione di Notre Dame ed erano presenti il Presidente francese, quello ucraino e il Presidente eletto Usa. Li, in quella sede, sono state prese le decisioni che contano e su cui sono stati “allineati”, cioè aggiornati, gli altri leader Ue invitati ieri sera a cena da Mark Rutte, presidente Nato, per un vertice ristretto dell’Alleanza. Cosa vuol fare Trump in Ucraina è la grande domanda che tiene tutti appesi. Giorgia Meloni ieri ha assicurato: “Trump sta venendo sulle nostre posizioni”. Non si capisce come: dicendo che è necessaria la pace? A qualunque costo? Dandola vinta a Mosca, animale ferito in Siria, al fronte e in casa? Rutte ha avvertito: “Parlare troppo di pace indebolisce Zelensky che potrà sedere al tavolo delle trattative solo se in forza e padrone della situazione”. Il presidente ucraino ha aggiunto: “Non abbiamo le forze militari per riconquistare Crimea e Donbass. Possiamo solo contare sulla forza della diplomazia per costringere Putin a sedersi al tavolo delle trattative”. Trump, a sua volta, in queste ore ha fatto sapere dalla residenza di Mar-o-Lago che “Biden ha sbagliato ad autorizzare i missili Usa in Russia per colpire obiettivi militari”. Durante il “vertice” Nato a casa di Rutte con Macron, Scholz, Ursula von der Leyen, il presidente Costa, il ministro della Difesa inglese (impossibilitato Starmer) il cancelliere Scholz ha detto di avere “buone prospettive dai miei colloqui con Trump. E’ fondamentale che nessuna decisione o soluzione che venga presa sopra le teste egli ucraina”. Zelensky ha spiegato di aver discusso con i leader Ue su un “possibile dispiegamento di una forza di peacekeeping nel paese”. Qualcosa del genere ha annunciato il ministro Crosetto due giorni fa in un’intervista.
I Balcani nella Ue, il prima possibile
Prima della “cena” Nato a palazzo Europa si è tenuto il vertice Ue-Balcani. C’è fretta di sottrarre il prima possibile quei paese ad una sempre più evidente influenza russa. E anche di mettere in salvo, in area europea, importanti giacimenti di materie prime. Al tempo stesso c’è anche molta diffidenza nel portarsi in casa paesi che hanno una forte influenza russa. La decisione di allargare la Ue ai Balcani comunque non solo è presa ma deve essere accellerata. Davanti ai leader dei balcani, Meloni ha detto parole nette: “Non c’è altra via che il completamento della riunificazione dei Balcani occidentali all’Europa. L’Europa è la vostra casa , l’Italia ne è convinta e sarà al vostro fianco in questo percorso. E’ fondamentale, adesso, riconoscere e premiare i numerosi progressi fatti da Albania, Montenegro, Macedonia del nord, la stessa Serbia e sperando che questo possa essere da traino anche per la Bosnia-Erzegovina”.
Stamani la prima riunione su hub e rimpatri
Infine il dossier immigrazione. Alla fine potrebbe essere l’unico su cui Meloni porta a casa qualcosa di concreto. Stamani, come già fece nell’ultimo consiglio, la premier italiana riunirà i paesi “falchi”, cioè quelli d’accordo con l’Italia sulla creazione di hub come quelli in Albania in paesi extra Ue. Dovrebbero essere una dozzina. Si tratta per lo più di paesi dell’est Europa e guidati da governi di estrema destra, Orban in testa.
E' chiaro che undici-dodici paesi non sono 27. E così tanto le cose, un accordo è ancora molto lontano. Però la presidente von der Leyen sembra voler stare al fianco di Meloni. Serve una risposta e una ricetta per governare i flussi migratori, su questo non c’è dubbio alcuno. Nella tradizionale lettera che von der Leyen invia ai leader alla vigilia del Consiglio europeo spiega, infatti, che sui migranti ci sono state e “sono in corso discussioni con gli Stati membri sullo sviluppo del concetto di centri di rimpatrio in Paesi terzi”. Non solo: confermando la strada delle “modalità innovative” e la soluzione hub in paesi terzi (cioè Albania) “stiamo valutando il modo migliore per introdurre nel quadro giuridico la possibilità della creazione di questi hub. Dobbiamo esaminare gli aspetti legali, operativi e pratici, nonché le implicazioni finanziarie degli hub, nel rispetto dei diritti fondamentali e del principio di non respingimento. Oltre a lavorare con organizzazioni internazionali come Unhcr e Oim, la cooperazione con i Paesi terzi sarà la chiave del nostro successo”. In parallelo a questo la Commissione Europea sta “accelerando” la “revisione” del concetto di Paese terzo sicuro “avviando consultazioni con gli Stati membri, il Parlamento europeo, l’Unhcr, l'Oim e Ong, per valutare se siano necessarie modifiche al regolamento” sulle procedure d’asilo. Von der Leyen dice di “voler anticipare l’applicazione di questi concetti e l’Agenzia Ue per l’asilo potrebbe essere in grado presto di di stilare elenchi Ue con i paesi di origine sicuri”. Intanto la via maestra resta quella di accordi anche commerciali con i paesi di partenza. O di transito. Aiutarli a casa loro. Se ne cominciò a parlare nel 2014, dieci anni fa.