Le dimissioni decise in 15 minuti dalla ministra caduta per amore
Lettera a Renzi: "Caro Matteo il senso dell'opportunità mi impone di rassegnare le mie dimissioni". Il retroscena della scelta di Federica Guidi

Quindici minuti, una manciata di secondi, niente di più o di meno. Tanto è bastato a Federica Guidi, ricca imprenditrice di una 'multinazionale tascabile' (Ducati energia) già presidente degli juniores di Confindustria, per dimettersi da ministro dello Sviluppo economico. " Sono scombussolata" aveva detto lei il giorno in cui, il 23 febbraio 2014, giurava al Quirinale con un sobrio tailleur grigio tale da apparire fin troppo normale rispetto al completo blu elettrico di Maria Elena Boschi, al blazer glicine di Beatrice Lorenzin o alla giacca color mandarino di Federica Mogherini.
Pare che ieri pomeriggio, dopo essere stata travolta da un'intercettazione in cui lei lasciava intendere al compagno imprenditore Gianluca Gemelli - indagato dalla Procura di Potenza - il via libera del governo ad un emendamento alla legge di stabilità destinato ad avvantaggiare proprio lui (non lei o le sue aziende), Federica abbia ripetuto la stessa identica frase pronunciata due anni fa: "Sono scombussolata, devo capire che cosa fare".
La scelta di tirarsi indietro - sicuramente dal governo, non sappiamo se anche dalla sua vischiosa storia d’amore - è maturata quasi subito. Ha preso carta e penna, ha scritto di getto al premier dicendogli di essere assolutamente certa della correttezza del suo operato. Ma il formalismo in questi casi, conta poco. "Il senso dell'opportunità", ha aggiunto la Guidi, "mi impone di rassegnare le mie dimissioni. Continuerò come cittadina ed imprenditrice a lavorare per il bene del nostro meraviglioso paese".
Per quanto mi riguarda, conosco Federica da troppi anni, l'ho tenuta a battesimo nella sua primissima apparizione televisiva a Domenica in, ho condiviso con lei dibattiti pubblici, ho scoperto sul suo volto levigato di energica donna emiliana, la tenerezza del dolce segreto di diventare mamma, quattro anni fa di un bambino bellissimo che è tutta la sua vita. Sapevo dunque perfettamente che la brutta storia di questo maledetto giovedì si sarebbe conclusa in un unico modo, con il suo addio al governo.
Classe 1969, figlia unica di un solido imprenditore, Guidalberto Guidi, protagonista di lungo corso della vita politica ed economica italiana - una mamma deliziosa, Alessandra, oggi nonna a tempo pieno nella magione di Castelnuovo Rangone - Federica non è mai stata "altro" che una ragazza perbene, una di quelle che studiano sodo, non ti fanno pesare la loro ricchezza anzi non se la godono neppure. Taglio corto, biondo, pochissimo trucco, scarpe dal tacco comodo, mai seduttiva malgrado la falcata da valchiria, gambe sinuose e toniche che avrebbero incantato chiunque in minigonna. E invece lei girava con ampie borse griffate ma cariche di libri, documenti, carte. L'agenda setting zeppa di impegni da incrociare, l'azienda (dove ha sempre avuto un ruolo conquistato sul campo), la Confindustria, prima, dopo il governo.
La vita rubata alle ore in aereo girando il mondo perché papà l'ha svezzata, come mi raccontava lei, buttandola in fabbrica a partire dal gradino più basso. Fotocopie e caffè, nessun privilegio, nemmeno quello di fare una corsa dal parrucchiere. "Ci vado quasi di nascosto, Monica...", mi confidava qualche mese dopo aver partorito, quando era rientrata frettolosamente al suo posto di comando in Ducati. Accettare di fare il ministro non era stato semplice, c'era da organizzare la quotidianità del figlio che aveva 2 anni e viveva nella casa di famiglia. Con il padre Guidalberto aveva siglato un patto: uno dei due, lei o lui, doveva cercare di tornare a dormire a casa per stare accanto a nonna e nipotino. Negli ultimi tempi era più il padre a rientrare, innamorato pazzo di un bambino molto svelto che lo costringeva a smussare la corazza da duro, inchiodandolo a vedere i cartoni di Peppa Pig in tv fra una merendina ed un peluche.