Oltre duecento diplomatici russi cacciati dall’Europa dall’inizio della guerra in Ucraina
Il gran gioco dell’intelligence da anni è tornato centrale nei rapporti con la Russia. In Italia il caso Biot. Ma ce ne sono molti altri rimasti sotto traccia. Come spiega la relazione del Copasir

Centoquarantanove nelle ultime 48 ore. Duecentosessanta dall’inizio della guerra. Sono i diplomatici russi espulsi dai vari paesi europei e dell’Alleanza atlantica. E’ il vero pacchetto di sanzioni che l’Europa e l’Occidente stanno applicando alla Russia di Putin. Non c’è il gas. C’è l’embargo al carbone, alle navi russe che portano determinate merci e il divieto per i 27 di esportare qualcuno cosa abbia a che fare con l’elettronica e la meccanica in quello sarà il quinto pacchetto ufficiale di sanzioni che oggi Bruxelles renderà ufficiale. Ma la partita vera è quella dello spionaggio. Ed è una partita che qualche osservatore aveva già notato essere in corso negli ultimi sedici mesi. Segno che l’invasione dell’Ucraina - e chissà cosa altro - è solo un pezzo di una strategia che lo zar di Mosca porta avanti da anni. Almeno dal 2014. E che adesso è sotto gli occhi di tutti. Con colpevole ritardo. Il personale diplomatico spesso fa rima con 007. Da sempre presso le ambasciate vengono “appoggiati” agenti più o meno operativi e comunque personale in grado di tessere rapporti e acquisire informazioni. Normale quindi che dall’inizio della guerra le liste, comunque note al paese ospitante, del personale delle varie ambasciate sia entrato nel mirino dei governi dei singoli stati.
Gli altri dossier
Normale che ieri questo sia sia stato uno dei quattro dossier spulciati dal Comitato parlamentare dei servizi segreti nelle due ore di audizione del premier Draghi. La prima da quando è a palazzo Chigi. Il premier è stato descritto “affabile e molto collaborativo”. Alla sua destra, per tutta l’audizione, ha voluto la presenza di Franco Gabrielli, il prefetto sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’intelligence. Gli altri dossier sono statu. Gli altri sono stati l’embargo al gas russo su cui l’Italia “si muoverà in linea con gli alleati Ue” (e a Bruxelles è ancora troppo presto per poter farne a meno); la ricerca dell’indipendenza energetica che “questione di sicurezza nazionale” che sta proseguendo potenziando l’import di Algeria, Libia, Qatar, Azerbaijan; l’analisi delle immagini arrivate dall’Ucraina, da Bucha e dagli altri centri nei pressi di Kiev abbandonati dalle truppe russe in ritirata. “Le atrocità commesse a Bucha, Irpin e in altre località liberate dall’esercito ucraino scuotono nel profondo i nostri animi di europei e di convinti democratici” ha detto Draghi nel pomeriggio a Torino per una tappa di spiegazione del Pnrr italiano. “Indagini indipendenti devono fare piena luce su quanto accaduto. I crimini di guerra devono essere puniti. Il Presidente Putin, le autorità e l’esercito russo dovranno rispondere delle loro azioni”. Sarebbe emerso, ad esempio, che le fosse comuni erano già pronte a metà marzo.
La cacciata dei diplomatici dall’Europa
E’ una conta feroce. Del resto, una volta acclarato che i diplomatici presso le ambasciate sono 007 più o meno scaltri, due paesi in guerra - in questo caso la Russia con l’Europa - non possono ospitare intelligence “nemica” attiva e operativa. Inevitabile, quindi, la procedura di espulsione in quanto “persone non gradite”, accusate di “svolgere attività di spionaggio” e cose simili. Sono 149 le espulsioni nelle ultime 48 e 260 dall’inizio della guerra. Dopo la decisione di Francia (35) e Germania (40) di lunedì, ieri è arrivata quella di Italia, Danimarca, Svezia, Spagna e dell'Unione europea che hanno espulso decine di diplomatici. La “piccola” Lituania ha direttamente espulso l'ambasciatore russo. Ieri il ministro degli Esteri Luigi di Maio ha comunicato l’allentamento di 30 diplomatici “per ragioni di sicurezza nazionale”: la Danimarca 15 con l'accusa di svolgere “attività di spionaggio sul suolo danese”; la Svezia tre; la Spagna venticinque in quanto “minaccia agli interessi”del Paese. Altri paesi Ue hanno deciso da giorni misure analoghe: il 29 marzo il Belgio ha annunciato l'espulsione entro 15 giorni di 21 persone che lavorano per l'ambasciata e il consolato russi in quanto sospettate di essere coinvolte “in operazioni di spionaggio e influenza che minacciano la sicurezza nazionale”. Lo stesso giorno, i Paesi Bassi avevano deciso di espellerne 17 “accreditate come diplomatici” ma “segretamente attive come ufficiali dell’intelligence". Il 23 marzo la Polonia ha annunciato l'espulsione di 45 “spie russe che si spacciano per diplomatici”.
Ma la Lega non ci sta
L’ambasciatore Sergey Razov, quello si era permesso di andare in procura a denunciare la Stampa perchè aveva scritto circa l’opportunità di spodestare Putin dal trono del cremlino, ha avuto la lista degli indesiderati direttamente dall’ambasciatore Ettore Sequi direttore generale della Farnesina. Razov ha subito denunciato il “continuo deterioramento delle relazioni bilaterali”. I trenta operano tutti nei settori amministrativo, commerciale e della difesa, settori troppo sensibili in questo momento per lasciarli dove stanno. Dispiace per gli individui ma la scelta è necessaria. “Questa vostra scelta non rimarrà senza risposta” ha anticipato Razov. Analogo trattamento sarà presto riservato a diplomatici italiani a Mosca. I due paesi diventeranno sempre più distanti e isolati.
Di Maio ha annunciato la decisione a metà mattinata, poco prima che Draghi entrasse in audizione al Copasir. Dopo qualche ora, pomeriggio inoltrato, la Lega ha mosso critiche. Prima Salvini: “Non entro nel merito di analisi geopolitiche. E' chiaro che qua c’è un aggressore e un aggredito, però da che mondo e mondo le guerre non le vinci coi carri armati e con le bombe, le chiudi con la diplomazia, il dialogo e il buonsenso”. Poi con Lorenzo Fontana, capo dipartimento Esteri. “La pace non si raggiunge espellendo i diplomatici” Parole alle quali ha risposto lo stesso Di Maio. "L'azione del governo italiano - ha precisato - mira al raggiungimento della pace. Ci stiamo impegnando in questa direzione ogni giorno. Allo stesso tempo, abbiamo la necessità di tutelare i cittadini italiani. Abbiamo agito, infatti, per questioni di sicurezza nazionale". Il Pd ha criticato la Lega e il suo leader per “l’ambiguità” di fronte alle atrocità della guerra. “La Lega - ha scritto su twitter Dario Stefano, presidente della commissione Politiche Ue - non riesce a dire chiaramente chi è il responsabile degli orrori di Bucha e si affretta a criticare la Farnesina che decide l'espulsione di diplomatici russi per motivi di sicurezza nazionale. Salvini esca dall’ambiguità una volta per tutte”. Quella della Lega è stata l’unica voce in dissenso.
Una guerra iniziata anni fa
A leggere bene alcuni fatti si doveva capire almeno dal 2014, anno dell’annessione unilaterale della Crimea, che Mosca aveva ben altre mire e piani. E che qualcosa era cambiato in modo netto nei rapporti con l’Italia e l’Occidente. Lo spionaggio non dorme mai ma non c’è dubbio che si riattiva quando i rapporti diplomatici si stanno complicando e logorando. Cosa che non è mai foriera di buone notizie. “Questa misura presa in accordo con altri partner europei e atlantici si è resa necessaria per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale e nel contesto della situazione attuale di crisi conseguente all'ingiustificata aggressione all'ucraina da parte della Russia” si legge nel comunicato della Farnesina. In realtà dietro la terminologia ovattata della diplomazia, ci sono i monitoraggi di ben otto sedi diplomatiche-culturali russe: l’ambasciata di Via Gaeta, villa Abamelek sull'Aurelia Antica, l'Ufficio Consolare in via Nomentana, il Centro Russo di Scienza e Cultura di Piazza Cairoli, l'Istituto di Cultura e Lingua Russa in via del Viminale 43, la Rappresentanza Commerciale della Federazione Russa in Via Clitunno, gli uffici all'angolo fra Via Vicenza e via Magenta, la libreria Russa in via della Cordonata. I controlli avrebbero evidenziato come, con l’inizio della guerra e l’avvio delle sanzioni, tranquilli impiegati e impiegate - da sempre ricollegabili all’intelligence russa e per tradizione “appoggiati” per non die camuffati presso gli uffici diplomatici e culturali - abbiano cambiato abitudini e intensificato l’assunzione e la diffusione di informazioni, Ma il vero campanello per l’Italia doveva suonare in Italia doveva suonare a marzo 2021 quando fu arrestato il capitano di fregata italiana Walter Biot perchè accusato di passare in cambio di 5 mila euro info riservate a due funzionari dell’ambasciata russa a Roma. In quell’occasione furono espulsi due funzionari russi Aleksei Nemudrov e Dmitrij Ostroukhov e fu evidente come il caso non era, appunto, un caso ma una pericolosa tendenza. Di cui infatti si occupa il Copasir a pagine 52 della Relazione annuale al Parlamento.
“Acquisizione di informazioni politico-strategiche”
“La vicenda Biot - si legge nella relazione - è un chiaro esempio del metodo di avvicinamento a soggetti appetibili operato dai servizi russi che è caratterizzato soprattutto nello status degli officer presenti nei vari paesi occidentali. Questi officer - precisa la relazione - sono tutti o quasi coperti da status diplomatico e in genere tendono ad infiltrare le istituzioni. Cercano anche aspetti economici, sebbene in termini forse un po’ più residuali rispetto ai cinesi, ma sono soprattutto orientati alla ricerca informativa nell’ambito istituzionale, grazie anche al loro status, che li porta ad avere frequentazioni pubbliche”. La Relazioni annuali del Copasir in genere si sforzano più di non dire che dire. Quella di quest’anno, consegnata al Parlamento ad inizio febbraio quando da mesi l’intelligence Usa parlava di attacco imminente in Ucraina, usa toni diversi. “L’attivismo della Russia - scrive il presidente Adolfo Urso (Fdi) - si rivolge soprattutto all’acquisizione informazioni di carattere politico-strategico, tecnologico e militare. Oggetto di particolare interesse sono i processi decisionali nei vari settori dell’azione politica tra cui gli affari esteri e quelli interni, le politiche energetiche, economiche e le dialettiche interne alla Nato e alla Ue”. Poi una frase sibillina: “Le attività portate avanti in questi ambiti sono solitamente negabili e difficilmente attribuibili”. Significa che lo spionaggio russo è attivo e molto intenso. Che i Nemudrov e gli Ostroukhov attivi in Italia sono appunto trenta. E i Biot, che pure ci sono, sono difficilmente rintracciabili. Un campanello d’allarme molto preciso.
Biot’s story
L'arresto di Walter Biot risale al 30 marzo 2021 quando i carabinieri del Ros, coordinati dal procuratore aggiunto Michele Prestipino, arrestarono Walter Biot per due accuse gravissime: spionaggio e rivelazione di segreto di Stato. Nelle settimane successive arrivò anche la contestazione di corruzione. Biot, in cambio di 5 mila euro, aveva fotografato e poi consegnato ai russi documenti “classificati” e non. Lo scambio fra l'ufficiale della Marina militare, che sembra avesse bisogno di soldi per un grave problema di famiglia, e il funzionario russo era ormai stato perfezionato da mesi. Stessi posti per gli incontri, tutto secondo modalità ben precise: Il funzionario russo, Dmitrij Ostroukhov, scendeva dalla metropolitana al laghetto dell'Eur, zona a sud della Capitale, prendeva l'autobus e scendeva a Spinaceto. Dopo aver controllato che Biot non fosse pedinato, da servizi o polizia, il funzionario russo lo incontrava in un parcheggio non lontano da un supermercato Carrefour. Qui da mesi c’erano i militari che seguivano ogni loro movimento e ascoltavano ogni loro parola. Il russo ad ogni appuntamento indossava un cappellino blu. Gli incontri avvenivano nella macchina di Biot, all'interno della quale gli investigatori erano riusciti a piazzare microspie e telecamere. Il 30 marzo il colpo di scena: Biot si presentò all'appuntamento con una memory card e una vettura diversa dal solito, non la solita auto sotto controllo. Il russo aveva scatole di medicinali con dentro banconote arrotolate. A quel punto gli uomini del Ros decisero di intervenire e hanno fermato i due prima che si dileguassero. Il funzionario russo non ha mai risposto ad una domanda e per giorni ha rifiutato cibo e acqua. L’avvelenamento è una tipica arma dello spionaggio russo.
Sono due i processi in corso: uno davanti alla Corte d'Assise del tribunale di Roma (appena inviato e rigorosamente a porte chiuse) e l'altro davanti al tribunale Militare.
Non solo Biot
A sfogliare gli archivi dei giornali negli ultimi anni le cronache raccontano molti casi curiosi. E di altri palesi. Tutti che dimostrano una ripresa intensa dello spionaggio russo. Nel 2018 ci fu il tentato avvelenamento di Sergej Skripal e della figlia (2018) nel Regno Unito (prima ancora, nel 2006, fu avvelenata un’altra ex spia, Alexander Litvinenko). Più di recente le cronache raccontano di un diplomatico russo, Kiril Zhalo, morto precipitando dal balcone dell’ambasciata di Berlino: era il figlio del vice direttore dell’Fsb (ex Kgb) coinvolto nell’omicidio al parco Tiergarten del ribelle ceceno Zelimkhan Kahngoshvili. Nel 2020 la Nato ha cacciato otto spie dagli uffici Bruxelles dove fingevano di dialogare con l’Occidente. E poi casi di sottrazione di informazioni tramite agenti terzi. Ad esempio in Ohio un cinese qualsiasi, ma che qualsiasi non era, è stato condannato in Ohio perchè rubava informazioni industriali. Sono almeno dieci anni che il gioco delle spie è tonato centrale nei rapporti tra Mosca e l’Occidente. Anche questo ci doveva dire qualcosa.