Tiscali.it
SEGUICI

La Terza Guerra Mondiale? Sì, è scoppiata, ma dentro la maggioranza di governo. Berlusconi loda Putin, la Meloni è nera

E dire che doveva essere il giorno della ‘pace’. Il sodoku del totoministri si blocca. Intanto, i gruppi eleggono i loro ‘capi’ e oggi si completano le Camere

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
La Terza Guerra Mondiale? Sì, è scoppiata, ma dentro la maggioranza di governo. Berlusconi loda...
Berlusconi e Meloni (Ansa)

Doveva essere il giorno della pace ritrovata e, invece, si aprono talmente tanti fronti che si fa fatica a stragli appresso. E non bastano le smentite, perché è una di quelle volte in cui il retroscena è praticamente tutto sulla scena. E così, in meno di 24 ore dal 'patto' di via della Scrofa, tra Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi la tensione torna a essere altissima. Questa volta, a differenza che per il famoso bigliettino pieno di offese 'captato' in Senato, la futura premier opta – saggiamente - per non replicare. Ma è una scelta soppesata perché l'irritazione è ai livelli di guardia. Insomma, la Meloni è davvero ‘nera’, e l’eufemismo non ammicca certo ai suoi trascorsi. 

Berlusconi ‘militarizza’ i gruppi parlamentari 

La giornata, d'altra parte, comincia con la decisione del leader azzurro di designare come capogruppo in Senato Licia Ronzulli, quella fedelissima a cui la premier in pectore ha negato una poltrona, una qualsiasi, da ministro. E' vero, in un certo senso si tratta di una compensazione. 

Ma significa anche che nel ramo del Parlamento con i numeri più ‘ballerini’, il gruppo azzurro sarà in mano al fronte meno tenero con la leader di FdI. Fronte, quello dei ‘ronzulliani’, contrapposto ormai apertamente ai ‘tajaniei’, che ha conquistato l’intero gruppo azzurro. La cartina di tornasole, infatti, è la decisione di fare copia carbone alla Camera, dove come presidente dei deputati viene scelto un rappresentante della stessa 'fazione', Alessandro Cattaneo. Il quale, e ci teneva pure, doveva diventare ministro, e invece niente, nisba: la Ronzulli stessa lo vuole lì, a dare filo da torcere alla Meloni, mica alle opposizioni, e lui scopre della ‘bella notizia’ direttamente dalla tv, mentre è collegato su La 7.

Spazio per i ‘tajaniei’, non ce n’è: Paolo Barelli, capogruppo uscente, resta del tutto a bocca asciutta: non sarà ministro e neppure capogruppo. Presto, per ‘Licia’, arriverà anche la nomina a coordinatrice nazionale del partito e, per i liberal e moderati, ancora presenti, seppure in dosi omeopatiche, ormai, in FI sarà la morte civile. 

Berlusconi si riprende la scena (e fa danni…) 

Ma è ancora niente perché la ciliegina sulla torta la mette Berlusconi in persona che, non curante del ruolo di Sergio Mattarella – il potere di nomina dei ministri, fino a prova contraria, spetta a lui - fa l'elenco a favore di telecamere dei ministeri che spetteranno al suo partito. Certo, coincidono nella sostanza con quanto fanno trapelare le truppe meloniane, tranne che su un unico, determinante, punto: la Giustizia. Il nome per lui è uno solo, quello di Elisabetta Alberti Casellati. Non solo: spiega anche che la futura premier ha dato il suo assenso già nell'incontro di ieri. Ma qui le versioni divergono: per FdI il nome della ex presidente del Senato è stato effettivamente fatto, ma non per via Arenula dove la preferenza è un'altra. Ignazio La Russa (il presidente del Senato, in teoria eletto seconda carica dello Stato, non fa che occuparsi di liste di ministri, di mediazioni politiche, di liti tra alleati, forse sarebbe consigliabile un po’ di moderazione ma chiederla a La Russa, in effetti, è arduo…) lo dice in chiaro: "Abbiamo fatto le liste per le candidature, Meloni ha insistito per Nordio affinché il suo ruolo non fosse quello di venire in Parlamento a schiacciare bottoni ma con la previsione di fare il ministro della Giustizia. E credo che questa sia la decisione". Insomma, non abbiamo eletto Nordio per fargli fare il senatore semplice, ecco. In realtà, nello schema che prende corpo nei piani alti di FdI, per Casellati ieri si ipotizzava il ministero delle Riforme. Tuttavia, qui subito sorge un altro bel guaio: Matteo Salvini ha chiesto che venga accorpato a quello degli Affari regionali per affidare tutta la pratica al suo Roberto Calderoli. Anche per questo, non è affatto detto che alla fine - come sembrava inizialmente - alla Lega vada il ministero dell'Agricoltura che a quel punto passerebbe a un esponente di FdI o a un tecnico di area, facendo ‘saltare’ la poltrona di Centinaio (Lega).

Le parole dal sen fuggite del Cav su Putin… 

Ma non è soltanto lo schema della squadra di governo ad agitare le acque tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. Parlando con i suoi deputati, infatti, l'ex premier si è lanciato su un tema su cui la futura presidente del Consiglio si gioca buona parte della sua credibilità internazionale: i rapporti con la Russia. In quelle frasi, di cui è stato poi diffuso un audio, il Cavaliere dice di aver "riallacciato i rapporti con Putin", di aver ricevuto in regalo da lui venti bottiglie di vodka e una "lettera dolcissima" per il compleanno, oltre a fare altre considerazioni sul conflitto in Ucraina (“Se Kiev entra nella Nato scoppia la Terza Guerra Mondiale” è il triste vaticinio del Cav). 

Fatti vecchi, tentano di smentire da Forza Italia. Ci prova anche Antonio Tajani che, da ministro degli Esteri in pectore, ha tutto da perdere da una eventuale ambiguità berlusconiana sulla politica estera. Il sospetto, però, specie tra le fila di FdI, è che non si tratti di voci dal sen fuggite. "Sembra fatto volutamente per mettere in difficoltà Giorgia e indebolirla", argomenta un deputato meloniano. Ce ne sarebbe abbastanza per una giornata esplosiva, se non fosse che in una delle tante esternazioni pubbliche, il Cavaliere fa anche un riferimento al compagno della leader di FdI che, viene spiegato, a lei non va proprio giù. 

“Il suo uomo lavora a Mediaset”… Le parole di Berlusconi scatenano ’ira funesta di Giorgia 

"Non c'è stata mai una distanza tra noi e la signora Meloni, ho un rapporto di amicizia con lei, mio figlio ha un rapporto di amicizia, il suo uomo lavora a Mediaset". Questa volta la scelta è appunto quella di non commentare, di lasciare gli uffici della Camera depistando i giornalisti. Ma è una decisione ponderata, presa in accordo con i fedelissimi, nonostante alcuni insistessero sulla necessità di rispondere per le rime. Certo è che trattare ‘il suo uomo’ (cioè il suo compagno) come un ‘dipendente’ è una di quelle cose che, alla Meloni – donna tosta, autonoma, libera e, come ha detto lei stessa, “non ricattabile” – la mandano semplicemente in bestia, ma tant’è. Stavolta, cioè ieri, era proprio il caso di tacere. Per arrivare a ricevere l’incarico di governo manca poco, pochissimo, un piccolo passo, e la Meloni non ha alcuna intenzione di bruciarsi ora, anche se il suo orgoglio, che è forte, resta ferito. 

Provano a intervenire i ‘pompieri’, ma l’irritazione resta. Il ‘nodo’ della Giustizia 

Non a caso, provano a intervenire i ‘pompieri’. Sempre Ignazio La Russa nega che ci sia "una sbandata" di Berlusconi su Vladimir Putin. Altri 'big' di Fratelli d'Italia negano che l'uscita del Cavaliere - "ho riallacciato i rapporti" con il capo del Cremlino - sia dettata dall'intenzione dell'ex premier di destabilizzare il lavoro sull'esecutivo. Il nodo, però, resta quello della Giustizia. Sul tavolo c'è la ferma richiesta dell'ex premier di affidare il ruolo di Guardasigilli all'ex presidente del Senato, Elisabetta Casellati. Berlusconi ha sostenuto che c'è l'accordo con Giorgia Meloni, ha annunciato di voler incontrare Carlo Nordio "ma non convincerà". Con l'ex magistrato, inoltre, non c'è stato alcun faccia a faccia e sul ministero di via Arenula Fratelli d'Italia ha fatto muro, non nascondendo l'irritazione per la decisione del presidente di FI di comunicare la lista dei ministri. Una lista ancora incompleta ('ballano' ancora cinque o sei caselle, ha ammesso pure Matteo Salvini parlando con i suoi) e la presidente di FdI intenzionata a parlare dei dicasteri direttamente con il capo dello Stato. Meloni, nonostante tutto, vuole accelerare sulla formazione dell'esecutivo. La leader di FdI potrebbe non avviare consultazioni, una volta ricevuto l'incarico, presumibilmente venerdì, quando Mario Draghi sarà rientrato dal vertice Ue, arrivando a giurare entro il weekend, forse addirittura sabato. Meloni vuole che la partita si chiuda già entro domenica, con il giuramento sabato o domenica e la fiducia all'inizio della prossima settimana, martedì e mercoledì. 

La politica estera diventa un tema di scontro 

Ma le dichiarazioni di Berlusconi sul rapporto ripreso con Putin creano un caso. L'opposizione reagisce, Meloni evita di commentare con i giornalisti. La linea dell'esecutivo in politica estera resta quella annunciata, è nel programma, non ci saranno cambiamenti la linea. Ma c'è preoccupazione per come le frasi del Cavaliere possano essere accolte dalle cancellerie estere. Forza Italia in serata diffonde una nota: la posizione del partito e di Berlusconi "rispetto al conflitto ucraino e alle responsabilità russe, è conosciuta da tutti, è in linea con la posizione dell'Europa e degli Stati Uniti, ribadita in più e più occasioni pubbliche. Non esistono né sono mai esistiti margini di ambiguità”. Ma la toppa non riesce a nascondere il buco e l’opposizione, ovviamente, ci sguazza. Un goal a porta vuota. 

"Non è folklore, non sono battute. Da parte della nuova maggioranza è in corso un pericoloso spostamento dell'Italia verso una posizione di sempre maggiore ambiguità nei confronti della Russia" è l'affondo del segretario dem Letta. 

"Con Putin il solco è incolmabile", gli ribatte Fabio Rampelli di Fdi. Ma creano ulteriori fibrillazioni nel centrodestra anche le dichiarazioni del presidente leghista della Camera Lorenzo Fontana secondo cui le sanzioni contro la Russia rischiano di essere un boomerang. E dato che proprio Fontana è accusato, da anni, di essere un ‘filo-putiniano’, la Meloni si mette, di nuovo, le mani nei capelli. Ne ha abbastanza. 

Il difficile sudoku della squadra di governo 

Per quanto riguarda il governo, Fratelli d'Italia punta a mantenere la delega sull'energia. Sulle caselle si lavorerà nelle prossime ore a definire il quadro. Da definire, tra le altre, le caselle sulla Difesa, sul Mise (ora è possibile ci vada Urso: Crosetto sembra intenzionato a non accettare un ministero che, così com’è, ritiene ‘svuotato’), sull'Agricoltura (favorito De Carlo di FdI) e sulla Salute (dovrebbe andare il consulente di Figliuolo per l'emergenza Covid, Rasi). Ma è tutto aperto. E i giorni, però, si accavallano ai giorni. Il tempo manca e Meloni vorrebbe, invece, bruciare tappe. 

Il primo problema – un vero ‘sbrego’ istituzionale per Mattarella – è che i primi nomi per l'esecutivo ‘ufficialmente’ li fa sempre lui, Berlusconi. Sono i cinque esponenti di FI che andranno al governo: "Tajani andrà agli Esteri e sarà anche vice presidente del Consiglio dei ministri, poi Casellati alla Giustizia, Saccani all'Università, Bernini alla Pa e Gilberto Pichetto Fratin all'Ambiente e alla Transizione ecologica". Il nodo principale resta quello del Guardasigilli. 

Poi, ci sono sei o sette caselle ancora da chiudere. Nella Lega, Giorgetti andrà al Mef, lo stesso Salvini alle Infrastrutture, per il dicastero della Disabilità si fanno i nomi di Baldassarre e Locatelli, Calderoli agli Affari regionali. All'Agricoltura non andrà il leghista Centinaio, si fanno i nomi di De Carlo di Fdi e del 'tecnico' Berutti. Per quanto riguarda il Mise salgono le quotazioni di Urso, a meno che non vada alla Difesa, anche se in ballo c'è anche Crosetto. Per l'Istruzione c'è l'ipotesi Valditara (Lega), Fitto dovrebbe andare agli Affari europei, Musumeci potrebbe andare al ministero per il Mezzogiorno. Per il dicastero della Salute è favorito Rocca (Croce Rossa), Lupi potrebbe guidare i Rapporti col Parlamento. Ipotesi Roccella alla Famiglia, Calderone al Lavoro, Colosimo (o Santanché) al Turismo, per la Cultura si fa il nome di Guerri. Fazzolari è predestinato a ricoprire il ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio. I vicepremier saranno Tajani e Salvini, come si sa. "Sul governo siamo a buon punto", aveva detto, di mattina, la leader di FdI Meloni, ma non è così. 

Le vicepresidenze delle Camere e i capigruppo 

Infine, sulle vice-presidenze delle due Camere, in vista del voto di oggi, ieri si è tenuta una riunione tra i capigruppo di centrodestra neo eletti. Ancora non c’è un accordo sui nomi, ma l'impianto prevederebbe una vice-presidenza della Camera a FI, una a FdI, mentre al Senato spetterebbero una alla Lega e una a FdI. Per la vice presidenza di Montecitorio, Berlusconi ha candidato l'azzurro Giorgio Mulé. Si vedrà. 

Intanto, i gruppi parlamentari costituitisi alla Camera e al Senato hanno eletto i propri presidenti, passaggio essenziale per l'avvio della XIX legislatura e per la nascita del nuovo governo, dato che solo questo dà la possibilità al Presidente Sergio Mattarella di avviare le consultazioni. Ecco tutti i nuovi capigruppo. 

SENATO. FdI Luca Ciriani - Lega Massimiliano Romeo - FI Licia Ronzulli - Pd Simona Malpezzi - M5s Barbara Floridia - Azione-Iv Raffaella Paita - Autonomie Julia Unterberger - Misto Peppe De Cristofaro (Verdi-SI). 

CAMERA. FdI Francesco Lollobrigida - Lega Riccardo Molinari - FI Alessandro Cattaneo - PD Debora Serracchiani - M5s Francesco Silvestri - Azione-Iv Matteo Richetti - Misto Manfred Schulian (Autonomie). 

Lo scontro tra le opposizioni sui ‘posti’… 

Per le vicepresidenze, la capogruppo uscente del M5s, Mariolina Castellone, sarà la candidata del Movimento che affiancheranno, al vertice del Senato più alto, il neo eletto Ignazio La Russa. Ma l'abbinamento ‘propositivo’ fra capigruppo e vicepresidenze innesca per i 5 Stelle e il Pd le polemiche prese di posizione del terzo polo: "E' chiaro che il segnale è politico, Pd e 5 Stelle si mettono d'accordo per prendere tutte le cariche. Il Pd ha già scelto Conte, quindi ci saranno tre poli", dice il leader di Az Carlo Calenda. "È l'effetto della 'sindrome di Stoccolma', la sudditanza psicologica fra vittime e sequestratori", rincara la dose un'altra esponente di Azione, Daniela Ruffino, secondo cui "il Pd è legato ai Cinquestelle da un cordone ombelicale che sta portando il Pd all'irrilevanza politica". 

Il problema è che, alle opposizioni, spettano due vicepresidenti al Senato e due alla Camera. Il Pd ne vuole una in entrambe le Camere per lasciare gli altri due in quota 5 Stelle. Ma è su questo accordo che Renzi e Calenda hanno alzato la voce. Il leader di Iv sbotta: «Se Pd e 5 Stelle ci tenessero fuori sarebbe un atto di gravità inaudita, che dovremmo immediatamente porre all’attenzione del presidente della Repubblica». Non a caso, il Terzo Polo non parteciperà al voto. 

Un sudoku che prevede incastri anche con le cosiddette cariche di «secondo livello», ovvero i questori e i segretari d’aula. Solo in questi posti che potrebbe rientrare qualcuno dei parlamentari del Terzo Polo. Ma dalle reazioni di Renzi e Calenda sembra proprio che questi posti non sarebbero assolutamente sufficienti. Il Pd sta invece mettendo a posto anche queste caselle e al Senato tra i questori vorrebbe Bruno Astorre, segretario del Pd nel Lazio. Ci sono in ballo pure le presidenze delle commissioni. Per quelle ci vorrà ancora un mesetto, ma sulle più ambite già si stanno facendo i conti. Per la presidenza del Copasir è in pole Lorenzo Guerini, il M5s rivendica la Vigilanza Rai a Chiara Appendino. La sola consolazione, per la Meloni, non a caso, è che le opposizioni, tra di loro, si stan sbranando e per la cosa più infima di tutti: uno ‘strapuntino’.

 

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
I più recenti
Autonomia, via libera al referendum: centrodestra confida nel quorum mancato
Autonomia, via libera al referendum: centrodestra confida nel quorum mancato
De Cristofaro (Avs): Mobilitazione contro Ddl sicurezza che attacca le radici della Costituzione
De Cristofaro (Avs): Mobilitazione contro Ddl sicurezza che attacca le radici della Costituzione
Autonomia differenziata, Malan (FdI): Se passa referendum resterà in Costituzione ma senza regole
Autonomia differenziata, Malan (FdI): Se passa referendum resterà in Costituzione ma senza regole
Salvini: Va rivista la normativa dello sciopero, discutendone con i sindacati
Salvini: Va rivista la normativa dello sciopero, discutendone con i sindacati
Teleborsa
Le Rubriche

Alberto Flores d'Arcais

Giornalista. Nato a Roma l’11 Febbraio 1951, laureato in filosofia, ha iniziato...

Alessandro Spaventa

Accanto alla carriera da consulente e dirigente d’azienda ha sempre coltivato l...

Claudia Fusani

Vivo a Roma ma il cuore resta a Firenze dove sono nata, cresciuta e mi sono...

Claudio Cordova

31 anni, è fondatore e direttore del quotidiano online di Reggio Calabria Il...

Massimiliano Lussana

Nato a Bergamo 49 anni fa, studia e si laurea in diritto parlamentare a Milano...

Stefano Loffredo

Cagliaritano, laureato in Economia e commercio con Dottorato di ricerca in...

Antonella A. G. Loi

Giornalista per passione e professione. Comincio presto con tante collaborazioni...

Lidia Ginestra Giuffrida

Lidia Ginestra Giuffrida giornalista freelance, sono laureata in cooperazione...

Alice Bellante

Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla LUISS Guido Carli...

Giuseppe Alberto Falci

Caltanissetta 1983, scrivo di politica per il Corriere della Sera e per il...

Michael Pontrelli

Giornalista professionista ha iniziato a lavorare nei nuovi media digitali nel...