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Grandi manovre al centro. Renzi lancia terzo polo. Calenda chiede risposte a Letta

Un fine settimana di contatti e incontri. Stamani la decisione di Azione. Ieri il Pd ha nei fatti messo alla porta il leader di Italia Viva facendo pubblicare un sondaggio che bolla Renzi come inutile, quasi dannoso alla coalizione

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
Carlo Calenda
Carlo Calenda (Foto Ansa)

Le ore della notte sono state lunghissime. Chi sbaglia ora, rischia di portarsi dietro il fardello per i prossimi cinque anni. Sono scelte difficili. Per lo più imposte da scelte di altri. Parliamo dell’alleanza “tecnica” di centrosinistra, il campo largo di cui il Pd e il segretario Letta dovrebbero essere il baricentro con tanti altri intorno a portare il loro contributo. Negli anni sono stati chiamati “cespugli”, “nanetti”. Adesso sono le “quattro punte” in attacco. Ma queste punte litigano tra di loro. E ieri più del giorno prima. I rossoverdi- Sinistra italiana e i Verdi - anche ieri sono tornati in piazza a manifestare contro il gassificatore di Piombino (“da qui passa la sicurezza nazionale” hanno ripetuto in queste ore il ministro Cingolani e il premier Draghi) ingaggiando uno scontro verbale via social con i “compagni di strada” di Calenda. Il padrone di casa Letta lancia la patrimoniale (più tasse di successione oltre un certo patrimonio) per finanziare un bonus ai diciottenni e un altro presunto cespuglio (Italia viva) replica: non dobbiamo aumentare le tasse. Il Nazareno butta acqua sul fuoco, "attenti alle fake news che circolano in queste ore" (ad esempio la candidatura di Luigi di Maio nell’uninominale di Reggio Emilia, praticamente Bibbiano) e però lo stesso Nazareno distribuisce un sondaggio riservato all’interno da cui risulta che Italiaviva e Renzi devono essere mesi alla porta “perchè non portano voti”. Strano modo di tenere insieme la grande alleanza a quattro punte.

Il tweet di Matteo Renzi

Dopo l’annuncio di nuove tasse, la messa in mora dell’agenda Draghi, le marce contro il gassificatore di Piombino, Matteo Renzi rompe l’indugi intorno all’ora i pranzo e lancia l’hastag #terzopolo. Il tweet parla da solo: “la sinistra apre la campagna elettorale candidando Di Maio e parlando di tasse. La destra di Salvini e Meloni la conosciamo: sovranisti e populisti. C’è un mondo che chiede di votare altro. Noi ci siamo #terzopolo”. Nel primo pomeriggio è ospite di Lucia Annunziata a “Mezz’ora in più” su Rai3. La scelta sembra fatta e la sintesi dei ragionamenti condivisi con più esponenti di Italia viva è più o meno questa: “Da soli o con Calenda. E’ rischioso, lo sappiamo ma il Pd non ha la nostra agenda, è troppo schiacciato a sinistra, soprattutto ha ancora troppo risentimento con noi, questioni personali, peccato!”. Matteo Renzi risponde così a Lucia Annunziata: “Sono due anni e mezzo che mi dite che questo piccolo partito non conta niente ma con questo piccolo partito abbiamo mandato a casa Conte e abbiamo portato Draghi a palazzo Chigi. Io sono quello che l'ha portato. Conte, Salvini e Berlusconi lo hanno mandato a casa” e se con “un gruppo di persone capaci riusciremo ad entrare anche nella prossima legislatura, avremo la stessa forza con la quale abbiamo mandato a casa Salvini al Papeete e Conte”. Insomma, Iv ha poco da spartire “con Salvini e Meloni, ovviamente” e assai poco “anche con Fratoianni e Di Maio”. Se gli schieramenti sono questi “andremo da soli”. L’hastag terzo polo è già lanciato.

Una nuova mossa del cavallo?

La speranza è che le ultime riflessioni di Carlo Calenda - che, come vedremo, alle dieci di sera scrive a Letta e pone condizioni pesanti per un’intesa - lo portino lontano da un apparentamento con i Dem. “Se al centro ci saranno anche altri a cominciare da Azione, noi lo rispetteremo. Altrimenti sarà un voto a un piccolo partito che però segnerà anche la prossima legislatura”. Un piccolo partito che, con questa legge elettorale, rischia di restare fuori. Ma Renzi guarda con fiducia alle urne: “Il mio obiettivo come Italia Viva è superare il 5%” promettendo agli italiani ancor più incisività in caso di fiducia: “In questo Parlamento avevamo il 3% di parlamentari, se con il 3% siamo riusciti a salvare l'Italia dal Papeete, mandare a casa Conte e portare Draghi, si figuri cosa possiamo fare con il 5%”. Renzi pensa di prendere voti da quell’elettorato di centro-destra deluso per la fine del governo Draghi. Lo stesso dove crede di poter pescare Calenda.
Italia viva, azzoppata sul nascere nel 2019 da un’incbiesta della magistratura che ha sindacato su come fare politica, andrà quindi da sola. Salvo improbabili colpi di scena clamorosi nelle prossime 48 ore. Ma è pur vero che mentre Letta ha già digerito la scissione (febbraio ’17) fatta da Bersani, Speranza e D’Alema inserendo Articolo 1 direttamente nelle liste Pd, il segretario fatica anche a pronunciare il nome di Renzi al di là di qualche possibile interlocuzione. Quindi quella di Renzi è anche una scelta obbligata per difendere la dignità di una scelta (Italia viva) e di quelle idee progressiste che dovevano essere il core business del Pd ma piano piano hanno lasciato sempre più spazio a statalismo ed assistenzialismo. “Io non cerco di sistemarmi da qualche parte e non sono disponibile a qualsiasi ruolo” ha precisato più vote. “Non mi interessa un seggio in cambio delle mie idee. Non mi interessa - rivendica - e l'ho dimostrato 6 mesi fa con l'elezione della presidenza della Repubblica in cui mi è stato offerto di tutto. Per avere il Conte ter mi fu offerto un ministero. Io dissi: Voglio Draghi non Renzi”.

Il sondaggio del Pd

Renzi conclude l’intervista intorno alle 16. Passa un’ora e su alcuni siti legati alla sinistra compare un sondaggio commissionato dal Nazareno di cui in questi giorni si era parlato ma che nessuno aveva visto. Per l’appunto diventa pubblico ieri pomeriggio sul sito di Repubblica che tratta Renzi come un nemico. Peggio: un fastidioso ingombro. “Tra i leader meno amati in Italia, tra i più detestati dal popolo del centrosinistra in generale…” si legge nell’attacco dell’articolo. “Una rivelazione Ipsos misura il gradimento del leader di Italia viva, che risulta bassissimo (4%) anche sul totale della popolazione, indipendentemente dall'appartenenza politica. Tutto questo spiega perchè Enrico Letta è restio all'alleanza con il senatore di Firenze”. Non sono i presupposti per un’alleanza. Neppure tecnica.

La lettera di Calenda

Letta deve però tenersi stretto la punta liberal-progressista di Calenda. Far fuori Renzi è sempre stato nei piani del Nazareno. Calenda è invece necessario. In molti collegi proporzionali sarà necessario quel tipo di elettorato per provare a spuntare qualche seggio. Ma i tempi stringono ed è arrivato il tempo delle risposte definitive. Ecco che ieri sera Letta ha lanciato un “appello accorato” affinchè Calenda torni sui suoi passi e desista dall'ipotesi di dar vita ad un terzo polo con Renzi. Una scelta che, avverte il leader dem, favorirebbe solo la destra. Letta torna a mettere in campo tutta la “generosità” e la volontà di “unire, le porte sono aperte”. Anche Calenda, dopo aver dettato le sue condizioni (no all'alleanza se dentro ci sono anche Sinistra italiana, Verdi, Di Maio e i transfughi dei 5 stelle), è andato in pressing sul Pd chiedendo una risposta che non è ancora arrivata. In una lettera inviata ieri sera intorno alle 22 al numero uno del Nazareno, i vertici di Azione e Più Europa hanno chiesto al segretario dem risposte chiare anche sul programma, sul quale bisogna trovare punti di omogeneità. Ad esempio, viene spiegato, come si fa ad iniziare la campagna elettorale lanciando una patrimoniale? Insomma, si osserva da Azione e Più Europa, ci sono tanti elementi che ci accomunano, dal salario minimo ai diritti, ma su altrettanti bisogna fare chiarezza, come ad esempio sulle infrastrutture energetiche, le politiche fiscali: su questi temi occorre trovare punti di compatibilità. Ma il nodo principale per sbloccare l'alleanza, ribadiscono nelle lettera Bonino e Calenda, è che Letta dica no a chi non ha sostenuto il governo Draghi (Sinistra italiana e Verdi) e a chi lo ha fatto cadere (M5s e ex M5s, ma anche Di Maio): nessun voto di Azione potrà andare nel maggioritario a questi esponenti. Il che, tradotto, significa che il Pd può “ospitarli” ma nel proporzionale. Del resto, viene ricordato, è un sacrificio che le forze di centro sono pronte a compiere con nomi che possono far storcere il naso agli elettori dem negli uninominali (come ad esempio le due ministre ex Fi). La destra, avverte Calenda, “non si batte senza costruire una prospettiva di governo. Non si costruisce una prospettiva di governo se non si condividono dei contenuti. La stagione del 'tutti contro' è finita perchà ha dimostrato di essere fallimentare”. Il leader di Azione chiede “coerenza e serietà. Queste elezioni si possono vincere se, come ha fatto Draghi nel suo discorso al Senato, si è in grado di dire dei sì e dei no e indicare una rotta precisa”.

Liste agitate

La lettera, recapitata ieri sera verso le 22, chiede risposte che devon oancora arrivare. Al di là dell’accorato appello di Letta ieri sera dal palco delle feste dell’Unità: “Un terzo polo in questo momento è il modo migliore per aiutare le destre e credo che le destre non abbiano bisogno di ulteriori aiuti”. Ma al terzo polo, quale che sarà, non basta più nemmeno questa narrazione del tutti contro tutti, “o Meloni o Letta”. E’ il tempo - dice Renzi - delle “proposte concrete che qualcuno si assume le responsabilità di realizzare”. Anche i collegi sono in fermento. Più del dovuto. A Pisa, ad esempio, le assemblee provinciali hanno premiato il lavoro svolto dai parlamentari eletti e uscenti, primo tra tutti Stefano Ceccanti che produce un lavoro insostituibile di analisi, proposta e raccolta dati oltre che sentinella della Carta costituzionale. Ma Letta dovrebbe candidare nel più sicuro proporzionale uno o una fedelissima. Ma nel maggioritario, senza i centristi e il terzo polo Calenda-Renzi, può diventare assai complicato strappare qualche seggio.

 

 

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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