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Il "grande sonno" del Parlamento e l’agenda che attende Draghi. Lo stop ai lavori e tutti i nodi ancora aperti

Il viaggio di Salvini molto probabilmente non si terrà. Un flop politico e mediatico che non aiuta la maggioranza, se si considera che anche i 5Stelle vogliono imporre il voto sull'invio di armi all'Ucraina

Ettore Maria Colombodi Ettore Maria Colombo   
Salvini e Draghi (Ansa)
Salvini e Draghi (Ansa)

Il Grande Viaggio – stile Marco Polo – della Politica italiana, quello di Matteo Salvini a Mosca, alla disperata ricerca di “una via per la pace” (e di grande visibilità per se stesso) molto probabilmente non si terrà. Salvini sarebbe, di fatto, dovuto già partire o avere già le tappe del viaggio già organizzate, ma finora è rimasto con un pugno di mosche in mano. Tra improbabili, nuovi, consiglieri diplomatici e tanta ‘voglia’ di fare, non accompagnata da altrettanta accortezza, il leader della Lega non si sapeva chi avrebbe visto: Putin? Praticamente impossibile. Lavrov, il ministro degli Esteri? Forse, chissà.

I vertici del partito di Putin, Russia unita, con cui la Lega vanta un antico gemellaggio e patto di solidarietà e consultazione (stile partiti comunisti occidentali con il Pcus ai tempi della guerra fredda)? Possibile, forse persino probabile.

Ma il viaggio è naufragato, tra mille critiche, motteggi, sfottò e soprattutto imbarazzi del governo italiano, che, invece, una ‘via’ (seria) per mettere intorno allo stesso tavolo Russia e Ucraina ci stava – e ci sta – provando per davvero. Persino la diplomazia vaticana, con cui Salvini vanta antichi rapporti e teorici avalli, si è tirata indietro, imbarazzata. Insomma, un flop politico e mediatico gigantesco che Salvini si riprometteva di fare “se le condizioni lo permettono e se sarà utile alla causa della pace”, il che pare proprio che non sia.

Intanto il M5s parla di "appoggio esterno"

Il guaio è che lo stesso fallimento di Salvini, cioè di un leader sottoposto a fortissime critiche interne al suo partito, oltre che esterne, non aiuta la maggioranza di governo ad andare avanti, se si considera che il partito di maggioranza relativa, i 5Stelle, ormai ogni giorno sono attraversati da pulsioni ‘sfasciste’ e si vocifera da settimane che, in previsione del voto sulle comunicazioni del premier in vista del prossimo Consiglio europeo (non questo, straordinario, che si tiene in questi giorni, ma quello ‘ordinario’ del 22/23 giugno), vogliono imporre un voto, in Parlamento, su teorici nuovi invii di armi in Ucraina e sono pronti a passare all’appoggio ‘esterno’ al governo – un ‘appoggio’, quello esterno, che di fatto sancirebbe la fine della maggioranza di governo. Queste sarebbero le intenzioni di Giuseppe Conte che vorrebbe così far risalire la china, nei sondaggi, al suo partito, sempre più in crisi, con un’iniezione di visibilità (al prezzo di una crisi?).
 
Ma se quello del 21 giugno, quando Draghi si presenterà in Parlamento, prima del Consiglio Ue, sarà la prova del nove della sua maggioranza, non mancano altri scogli e possibili, nuovi, incidenti, sulla strada del governo guidato da Mario Draghi.

La settimana politica: il ddl Concorrenza

La nuova settimana politica inizia con l'approdo del ddl concorrenza in Aula al Senato, poi ci sarà, appunto, il Consiglio europeo (straordinario) a cui partecipa il premier Mario Draghi e, infine, lo stop ai lavori parlamentari per le celebrazioni del 2 giugno e fino alle elezioni amministrative, e al referendum, del 12, come vedremo più avanti.
 
A Palazzo Madama l'approvazione del tanto discusso ddl sulla concorrenza non dovrebbe, però, almeno ad oggi, riservare sorprese. Merito della mediazione trovata tra le forze di maggioranza sul nodo delle concessioni balneari. Sarà il governo a definire i criteri degli indennizzi da riconoscere agli imprenditori del settore balneare che non dovessero riuscire a rinnovare le concessioni con il demanio. L'intesa supera l'ultimo ostacolo per il via libera al ddl Concorrenza. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, come riporta l'emendamento frutto dell'accordo, il ministero delle Infrastrutture e quello del Turismo dovranno varare dei decreti delegati con la "definizione di criteri uniformi per la quantificazione dell'indennizzo da riconoscere al concessionario uscente" che sarà "a carico del concessionario subentrante". Obiettivo raggiunto, dunque, per Draghi che aveva segnalato la necessità di approvare il ddl entro la fine di maggio, dopo la lettera di avvertimento inviata alla presidente del Senato, Elisabetta Casellati, e che aveva ‘minacciato’ il ricorso all’arma della questione di sfiducia, che l’accordo ha sventato.

Draghi in questi giorni volerà a Bruxelles

Nell'attesa, il premier si prepara al Consiglio Europeo Straordinario incentrato su energia, Ucraina e difesa a Bruxelles che si tiene il 30 e 31 maggio a Bruxelles. Il giorno dopo, Draghi è atteso alle celebrazioni per il 2 giugno, Festa della Repubblica.

2 giugno, le ‘feste’ della Festa della Repubblica

Ad anticipare le celebrazioni per il 2 giugno, il giorno prima, il I giugno, è in programma il concerto al Quirinale, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e dei capi missione accreditati in Italia. L'Orchestra del teatro "La Fenice" di Venezia, diretta dal maestro Myung Whun Chung, eseguirà musiche di Ludwig van Beethoven e Pietro Mascagni.

Cancellato, invece, come ormai succede da almeno due anni, quando è scoppiata la pandemia, il tradizionale appuntamento e ricevimento vip per le Autorità dello Stato, e molti altri invitati, ai Giardini del Quirinale. Mattarella predica, da anni, sobrietà, rigore e stile e non è ancora il momento di ‘riattivare’ un occasione che vedeva sfilare i personaggi politici e della società civile nei Giardini del Quirinale, una ‘passerella’ cui il Capo dello Stato ha rinunciato e chissà se mai verrà ripresa in futuro. Ciò non toglie che, il I giugno, i giardini del Quirinale saranno aperti, ma ai cittadini comuni, che potranno visitare e scoprire le meraviglie del Quirinale e il Presidente sarà lì ad accoglierli.
 
Invece, giovedì 2 giugno, alle ore 9.15, il capo dello Stato, alla presenza delle più alte cariche istituzionali, renderà il tradizionale omaggio all'altare della Patria con la deposizione di una corona d'alloro con nastro tricolore. Saranno presenti le più alte cariche, compreso il presidente Mario Draghi. Dopo il sorvolo delle Frecce tricolori sui cieli di Roma, Mattarella riceverà, in via di San Gregorio, la presentazione dei reparti schierati per la rivista e assisterà alla tradizionale parata militare dalla tribuna presidenziale di via dei Fori Imperiali: anche lì sarà un bagno di folla.

Gli altri appuntamenti politici del mese: armi in Ucraina, delega fiscale e dl Aiuti

Ma l’agenda politica è e resta fitta. Dopo la chiusura delle Camere – dal I giugno al 13 giugno (due settimane), come vedremo tra loro – arriveranno al pettine molti altri nodi. Prima di tutto, la delega fiscale, con dentro la revisione degli estimi catastali, che pure ha creato non pochi problemi politici dentro la maggioranza (sempre per ‘colpa’ di Lega e FI) che arriverà nell’aula della Camera il 20 giugno. Subito dopo, appunto, il voto su mozioni e risoluzioni dei partiti della maggioranza sulla base delle comunicazioni che il Presidente del Consiglio terrà, il 21 giugno, in merito alla crisi in Ucraina e in vista del Consiglio Ue (ordinario, stavolta) del 22/23 giugno. Sarà in quell’occasione che l’M5s paleserà le sue reali intenzioni: se metterà ai voti un dispositivo ‘stringente’ sul ‘no’ all’invio di nuove armi si aprirà una crepa non piccola dentro le forze della maggioranza di governo che potrebbero portare, come conseguenza, il tanto vagheggiato ‘appoggio esterno’. Da quanto si sa, l’M5s sta preparando una risoluzione contraria all’invio di ‘nuove’ armi all’Ucraina assai insidiosa che sta preparando, su mandato di Conte, la capogruppo al Senato, Castellone, cercando di far convergere anche la Lega. Inoltre, entro il 30 giugno, si dovrà votare anche il dl Aiuti, con le norme pro-inceneritori (specie per quanto riguarda la città di Roma): se venisse messa la fiducia, dal governo, sul testo attuale, il M5s già annuncia il suo ‘no’. E anche lì la crisi di governo sarebbe a un passo.

Parlamento chiuso per ferie, cioè per elezioni

Ma se questi sono i principali appuntamenti politici, va anche detto che il Parlamento resterà fermo e inerte per ben due settimane, dal I al 13 giugno. Una chiusura lunga, un po’ inusuale.

Prima delle ferie estive mancano ancora un paio di mesi – di solito scattano ai primi di agosto e durano fino a metà settembre inoltrato – ma a breve deputati e senatori hanno deciso comunque di volersi comunque godere qualche altro giorno di relax. A meno che, ovviamente, non siano impegnati sul territorio per comizi e appuntamenti elettorali per le amministrative (e i referendum sulla giustizia) del 12 giugno. Per undici giorni, infatti, Camera e Senato chiuderanno i battenti sia per consentire i festeggiamenti del 2 giugno, Festa della Repubblica, sia, soprattutto, sia per dare ai parlamentari la possibilità di fare campagna elettorale in vista delle elezioni comunali del 12 giugno e per i referendum sulla giustizia. Ma vediamo nei dettagli i motivi e le modalità della chiusura del Parlamento.

Il 30 e il 31 maggio alla Camera proseguono le normali attività. Commissioni e lavori dei deputati non subiranno nessuno stop. Al Senato ieri, 30 maggio, si votava il ddl Concorrenza e non ci sono state, al riguardo, particolari sorprese.
 
Palazzo Madama chiuderà i battenti a partire dal 31 maggio e fino al 12 giugno. Dalla capogruppo di Forza Italia al Senato, Anna Maria Bernini, è infatti arrivata la richiesta che fosse concesso anche il 31 maggio come giorno di chiusura (mentre la Camera si fermerà dal I giugno) per consentire agli azzurri di seguire la riunione del Partito Popolare europeo a Rotterdam a cui parteciperà anche Silvio Berlusconi.

Una prassi consolidata, ma che colpisce

Lo stop ai lavori parlamentari in vista delle elezioni non è sancita dai regolamenti di Camera e Senato, ma è una consuetudine adottata da sempre. “Serve a garantire che i parlamentari possano fare campagna elettorale sul territorio ed è una prassi che regola l'equilibrio delle funzioni”, spiega il dem Stefano Ceccanti, costituzionalista ed esponente della commissione Affari costituzionali di Montecitorio.
 
Il 12 giugno ci sarà l'election day: si andrà alle urne per le elezioni amministrative e per esprimersi sui cinque quesiti del referendum sulla giustizia promossi da Lega e Radicali. Poi dal 13 giugno riprenderanno i lavori parlamentari, ma dopo il voto ci saranno i commenti, le polemiche, le discussioni tra le forze politiche su chi ha vinto e chi ha perso e dunque riprenderanno al ralenty.
 
Insomma, lo stop ai lavori parlamentari è ‘prassi’ – anche consolidata – e, in fondo, non c’è niente di male a prendersi un po’ di ‘ferie’. Però fa sempre una certa impressione vedere i parlamentari che approfittano di ogni occasione per ‘marcare visita’. Con tutti i nodi da sciogliere, i problemi da affrontare le scadenze delle leggi da convertire e dei piani del PNRR da rispettare, fa sempre un po’ specie vedere il Parlamento che, al lavoro, preferisce il ‘grande sonno’ vacanziero…

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