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Il grande esodo: il M5S è come un rubinetto sempre aperto. Dopo la Meloni ora è Salvini ad attrarre i grillini

Boom degli arrivi di parlamentari nella Lega. Si concentrano soprattutto in due direzioni. Quelli che vengono da Forza Italia e quelli che vengono dal MoVimento Cinque Stelle

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Marco Zullo (foto Ansa)
Marco Zullo (foto Ansa)

Il futuro entra in noi molto prima che accada diceva Rainer Maria Rilke, divino poeta. Ecco, a Tiscali.it, funziona così: e così in questi giorni in Parlamento sono successe alcune cose che avevamo anticipato qualche settimana fa, a movimentare una settimana parlamentare abbastanza sonnolenta: Giovanni Sanga, il deputato bergamasco che era subentrato il 20 gennaio all’ex ministro ed ex segretario del Pd Maurizio Martina, andato alla FAO, si è dimesso per fare il presidente della SACBO, la società che gestisce l’aeroporto di Orio al Serio, e al posto suo è subentrata la prima dei non eletti Graziella Leyla Ciagà, ex assessore della giunta di Giorgio Gori a Bergamo. Giunta degna di un grande sindaco, umanamente innanzitutto.

E, esattamente come Martina e come Sanga, anche la neodeputata ha aderito al gruppo Pd di Montecitorio. Proprio come ha fatto il senatore Gianni Marilotti, professore e scrittore eletto nel collegio senatoriale uninominale di  Cagliari con il MoVimento Cinque Stelle che, dopo essere passato al Gruppo per le Autonomie, aver provato a tenere in vita Conte con gli Europeisti, essere stato confinato per qualche giorno nel Misto, ha finalmente trovato casa nel Pd.

E, visto che il MoVimento è una sorta di rubinetto sempre aperto in uscita, ha salutato anche un quinto eurodeputato: dopo i quattro andati nei Verdi europei, Marco Zullo, alla seconda legislatura, ha salutato la compagnia e si è accasato da indipendente in Renow Europe che mette insieme tutti i riformisti europei, cioè per lui sovranista il gruppo più europeista di Strasburgo e Bruxelles: lì ci sono i rappresentanti di Italia Viva, gli uomini di Emmanuel Macron e anche Sandro Gozi, renziano italiano eletto in Francia, che è il minimo comune multiplo e contemporaneamente il massimo comune denominatore fra questi due concetti.

Ma al di là di questi assestamenti naturali, è altrove che occorre guardare per vedere il terremoto: e cioè il boom degli arrivi nella Lega, che si concentrano soprattutto in due direzioni. Quelli che vengono da Forza Italia e quelli che vengono dal MoVimento Cinque Stelle.

Matteo Salvini e i suoi sono in un momento di boom parlamentare, ancor più significativo dopo che avevano perso per strada due deputati (Carmelo Lo Monte, andato nel Misto e approdato alle truppe di Centro Democratico di Bruno Tabacci e Gianluca Vinci, che ha lasciato la Lega dopo l’appoggio al governo Draghi ed è andato in Fratelli d’Italia), un senatore (Claudio Barbaro, in disaccordo con la riforma dello sport ed approdato a Fratelli d’Italia, la sua casa naturale) e due eurodeputati: Vincenzo Sofo, che era entrato dopo la Brexit ed è passato nel gruppo di Giorgia Meloni non avendo condiviso l’appoggio a Draghi, e Andrea Caroppo, che si è fatto un suo movimento, “Sud in Testa”.

Ma a fronte di cinque addii, sono molti di più gli arrivi, che hanno portato la Lega ad essere saldamente il secondo gruppo di Camera e Senato (oltre che il partito europeo più votato e che ha portato a Strasburgo e Bruxelles il maggior numero di eurodeputati guidati dal capodelegazione Marco Campomenosi, uno dei pochi politici che riconcilia con la politica): a Montecitorio 131 leghisti e 165 pentastellati; a Palazzo Madama soli 11 senatori di distanza 75 per il MoVimento e 64 per la Lega.

Partiamo dagli azzurri, che almeno erano alleati a inizio legislatura.

A Palazzo Madama è diventata leghista in corso d’opera, provenendo dal gruppo di Forza Italia, Elena Testor. A Montecitorio,è stato uno stillicidio di addii alle truppe berlusconiane in direzione di Salvini: Antonino Minardo, poi Benedetta Fiorini, quindi Maurizio Carrara insieme a Laura Ravetto e Federica Zanella e, ultimo nella serie, Antonino Germanà, che era stato eletto con Forza Italia e poi era andato nel Misto nelle truppe di Maurizio Lupi. E, giusto per restare al centrodestra, la decadenza di Luca De Carlo di Fratelli d’Italia (poi diventato senatore) per un errore nei conteggi, ha aperto le porte della Camera a un altro leghista: Giuseppe Paolin.

Ma la calamita salviniana funziona soprattutto per gli ex pentastellati, con cui hanno condiviso l’esperienza del primo governo di Giuseppe Conte e della maggioranza gialloverde, trovandosi sostanzialmente bene.

A dire il vero, c’è anche un padre nobile, un predecessore di tutti questi, che è Marco Zanni, oggi capogruppo di Identità e Democrazia, l’eurogruppo dove siede da Lega, che nella scorsa legislatura venne eletto con le preferenze nelle file del MoVimento Cinque Stelle – lui, bergamasco bocconiano di Lovere, davvero un talento politico – e questa volta è tornato nelle aule di Strasburgo e Bruxelles, dove fa tandem con Campomenosi, sempre con le preferenze, ma eletto con la Lega.

La strada di Zanni, dal MoVimento alla Lega, è stata percorsa a Montecitorio da Antonio Zennaro e da un gruppo di senatori che si fa ogni giorno più numeroso e l’ultimo dei quali è Francesco Mollame, uscito qualche settimana fa dal gruppo pentastellato, rimasto in attesa nel Misto per qualche tempo e nei giorni scorsi approdato ufficialmente nel gruppo leghista di Palazzo Madama.

Al Senato nel gruppo della Lega siedono lo stesso Salvini, Roberto Calderoli, il presidente dei senatori Massimiliano Romeo, l’ex ministro e attuale sottosegretario Gian Marco Centinaio, tutti nomi e volti acchiappasenatori.

E anche la legge elettorale ce ne mette del suo: nel collegio di Sassari, quello del Nord Sardegna, dopo la morte della senatrice pentastellata Francesca Maria Bogo Deledda, che aveva vinto il collegio nel 2018, si è provveduto alle suppletive e lì sono stati gli elettori ad affidare il collegio alla Lega, anzi per la precisione al Partito Sardo d’Azione alleato con il Carroccio, eleggendo il senatore Carlo Doria.

A differenza che a Montecitorio, infatti, a Palazzo Madama, nella denominazione della Lega c’è anche il Partito Sardo d’Azione, rappresentato a inizio legislatura da Christian Solinas, poi diventato presidente della Regione Sardegna, e oggi proprio dal senatore Doria.

Ma, oltre a questo passaggio da un seggio del MoVimento a uno leg-psdazionista, sono molti i senatori ex pentastellati convertiti sulla via della Lega e Mollame è solo l’ultimo caso di passaggio.

Prima di lui era capitato, nel momento del voto sul MES, a Ugo Grassi, Stefano Lucidi e Francesco Urraro e, più tardi, a Alessandra Riccardi.

E, esattamente come abbiamo raccontato la scorsa settimana per Fratelli d’Italia è la prova che il MoVimento del 2018 non era di destra, né di sinistra, ma trasversalissimo.

E che chi cambia gruppo ha visto che, nella scorsa legislatura, gli unici tre deputati tornati nei vari Parlamenti sono stati solo quelli passati al centrodestra.

Utile insegnamento, evidentemente.

Tu chiamale, se vuoi, elezioni.

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
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