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Balneari, rischio manovra correttiva, Ilva: comincia l’anno e no, non va tutto bene

L’intenzione è quella di prendere altro tempo e mettere in salvo un’altra stagione. Poi si vedrà, con la nuova Commissione. Il 15-16 gennaio

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
La premier Giorgia Meloni (Shutterstock)
La premier Giorgia Meloni (Shutterstock)

E meno male che “andava tutto bene”. Così Giorgia Meloni aveva definito la situazione e il clima nella maggioranza il 4 gennaio durante la conferenza stampa. Era stata anche molto attenta, la premier, a non disturbare uno dei due vice, Matteo Salvini, più in difficoltà per la vicenda Anas ma senza dubbio anche il più rivendicativo e il più agitato nella coalizione. Lo aveva rassicurato sull’inchiesta (“non deve andare in aula”), lo aveva compreso sulle alleanze europee: “Con Afd non se ne  parla, con Le Pen se ne può parlare”. Insomma, camminano un po’ sulle uova, e però Meloni era stata abile a non rompere nulla.

Fatto sta che in 48 ore è saltato tutto nuovo, alleanze e agenda. Sulle prime non si trova l’accordo a livello locale  e ieri anche il mite Tajani (Fi) ieri ha avvisato: “Alle Europee si devono candidare tutti i leader della maggioranza oppure nessuno”. E’ terrorizzato, il leader di Forza Italia, di un plebiscito per Giorgia Meloni che finirebbe per disintegrare una maggioranza già ora decisamente melonicentrica e quindi sbilanciata.

Subito i nodi al pettine

E si sta complicando anche l’agenda. Che la premier nella stessa conferenza stampa aveva cercato di liquidare dicendo che “era troppo presto per occuparsi di dossier economici” o che “era tutto sotto controllo”. Come, ad esempio, sui balneari e sulle concessioni per il commercio ambulante, dossier riportato alla ribalta dal Capo dello Stato che ha denunciato “profili di incostituzionalità” nel momento in cui le licenze vengono rinnovate tacitamente per altri dodici anni. Idem per i balneari.

Per le concessioni balneari però il governo deve decidere subito, non può più rinviare: entro il 16 gennaio Palazzo Chigi dovrà fornire le risposte alle osservazioni della Ue in materia di uso degli arenili. La Commissione potrebbe deferire l'Italia alla Corte di Giustizia europea con il rischio di relative sanzioni. La procedura d’infrazione è già avviata. Insomma, il tempo dei rinvii è finito. E anche quello delle trappole, verrebbe da dire. L’ultima risale a pochi giorni fa: Matteo Salvini, in qualità di ministro delle Infrastrutture ha fatto uno sconto del 4,5% ai canoni già ridicoli delle spiagge per assorbire l’inflazione. Ma che strano: nessuno stipendio è stato indicizzato in base all’inflazione.

Verso un nuovo rinvio

In conferenza stampa Meloni disse che “l'obiettivo ora è una norma di riordino che consenta di intervenire sull'attuale giungla, in un confronto con la Commissione europea e con gli operatori, per evitare l'infrazione e dare certezza della norma”. Aggiunse anche il suo governo “ha fatto qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima, la  mappatura per verificare il principio della scarsità del bene che è alla base dell’applicazione della direttiva Bolkestein”.

Ovvero, il governo ha realizzato una mappatura delle spiagge per capire in quale percentuale siano oggi adibite a stabilimenti, attività ricreativa e ristorazione. La direttiva comunitaria del 2006 prevede infatti che “l'autorizzazione rilasciata al prestatore non ha durata limitata” ad eccezione di alcune fattispecie. E i bandi vadano fatti qualora “il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività  sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali”. Con grade sorpresa, è venuto fuori che “al momento sarebbe utilizzato in concessione poco più del 30% delle coste”. Dunque sarebbe così dimostrata la non scarsità del bene e le spiagge non devono essere messe a bando. Con questa proposta Salvini si era presentato nell’ultimo Consiglio dei ministri dell’anno ma persino nella maggioranza - dove sono tutti molto amici dei balneari - deve essere sembrata eccessiva. La decisione fu così rinviata. Nel frattempo si è aggiunta la lettera del Capo dello Stato.

La scarsità del bene

In questi primi giorni dell’anno, la maggioranza sta valutando di irrobustire il “punto fermo” - secondo loro ma non secondo altre mappature -  della scarsità (in sostanza in Italia avremmo il 70 per cento di spiagge libere) aumentando il numero di spiagge in concessione da affidare tramite gara e la stessa procedura potrebbe riguardare anche le vecchie concessioni. Nei bandi di gara sarebbe data una corsia preferenziale al concessionario “uscente” e dovrebbe essere anche allegata una mappatura con relativa stima degli investimenti realizzati.

In realtà la faccenda è molto più complicata.  I numeri del settore, frammentari, sono di per sè parte del problema. Poichè le mappature esistono ma ognuno ha fatto la sua,  si parla di concessioni per quasi 6.600 stabilimenti su ottomila km di costa che frutterebbero circa 130 milioni di euro annui di canoni di utilizzo a fronte di un fatturato medio di 260 mila euro. Secondo Assobalneari “le concessioni non sono scadute, scadranno il 31 dicembre 2024 con possibilità per gli enti concedenti (i comuni, in genere, ndr) di prorogarle di un anno in caso di impossibilità oggettiva. La Corte di Giustizia europea si è già espressa chiedendo all'Italia di eseguire la mappatura. Il tavolo tecnico deve ultimare l'acquisizione dei dati relativi a laghi e fiumi”. Quello del canone sarebbe “un falso problema” visto che gli attuali concessionari pagano “esattamente quello che gli viene richiesto”. Una gigantesca machina di consenso che fa leva su canoni ridicoli rispetto al bene che viene dato in concessione e a quello che rende quel bene. Al netto del fatto che gli scontrini sono un bene assai raro negli stabilimenti balneari. I controlli, pure.

Il nodo delle nuove concessioni

Pochi giorni e sapremo. Già giovedì quando dovrebbe essere convocato il consiglio dei ministri. La prospettiva di affittare altri pezzi di costa  limitando così gli spazi riservati alle spiagge libere ed aggirando la Bolkestein sta facendo inorridire le opposizioni. “Non vorremmo che il governo, per aggirare la direttiva Bolkestein, decidesse di aumentare le concessioni oggi esistenti e di mettere a bando quelle che oggi sono considerate spiagge libere” ha avvisato ieri Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e coordinatore dei sindaci Pd. La tentazione, nella maggioranza, è quella di prendere altro tempo con la scusa della mappatura. E guadagnare altre sei mesi che vuol dire la stagione, senza un nulla di fatto. Poi, con la nuova Commissione, si vedrà. Dieci anni di rinvii. Nessuno come noi.

La riunione Ecofin

Se questa è la prima rogna dell’anno, ce n’è un’altra subito sul tavolo e che riguarda il destino dell’Ilva di Taranto. Un dossier anche questo che non si risolve nonostante i miliardi messi sul tavolo negli anni. Già oggi ci sarà una vertice a palazzo Chigi ma la soluzione non c’è. Infine  la prossima settimana ci sarà (15-16) la prima importante riunione economica dell’anno. I ministri Ecofin si vedranno di persona dopo che hanno firmato da remoto il nuovo Patto di stabilità. Per Giorgetti sarà il primo faccia a faccia di una partita per lui tripla che riguarda anche le conseguenze del no alla ratifica del Mes e la probabilità di una manovra correttiva a cui dover mettere subito le mani.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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