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Il governo Draghi è in continua trasformazione, proprio come il lievito madre

E' record nella storia della Repubblica, forse insieme al governo Ciampi

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Foto Ansa
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Ogni giorno, i presidenti delle Camere Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati si sono abituati a controllare la buca delle lettere della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, sapendo che è un periodo in cui il postino suona spesso, anche due volte, un giorno addirittura tre. Poi, dopo che controllano la cassetta, guardano la carta intestata e solitamente è quella della presidenza del Consiglio dei ministri. Hanno anche imparato, Fico e Casellati, a riconoscere le grafie dei mittenti. Per un certo tempo, il “grafomane” era Giuseppe Conte, che in gennaio ha comunicato le dimissioni delle ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti e del sottosegretario Ivan Scalfarotto, con la contestuale assunzione delle rispettive deleghe ad interim; poi ha mandato un’altra lettera con la notizia della nomina di Piero Benassi a sottosegretario con delega ai Servizi Segretii. Fino all’ultima lettera, letale, quella delle dimissioni del proprio esecutivo.

Ma nelle ultime settimane il mittente è sempre più spesso il nuovo premier Mario Draghi, con missive che i presidenti delle due Camere leggono solitamente qualche giorno dopo: il tempo per il postino di compiere i pochissimi metri che dividono Palazzo Chigi da Montecitorio e le poche decine di metri in più fra piazza Colonna e l’ingresso del Senato, non quello centrale di piazza Madama, ma quello laterale dove c’è l’ufficio designato alla ricezione della posta, in piazza dei Caprettari 79. Quindi le lettere vengono protocollate, compulsate, commentate dai presidenti con i loro staff e poi lette alla prima seduta utile, appena la rispettiva Camera viene convocata.

Ed è attraverso l’annuncio di queste lettere nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama che è possibile ricostruire tutti i cambiamenti del governo Draghi, che è come il lievito madre, non si ferma mai.

Il primo carteggio è del 13 febbraio 2021, quando il presidente del Consiglio dei ministri scrisse a Fico e Casellati: “Caro Presidente, La informo che il Presidente della Repubblica, con propri decreti in data 12 febbraio 2021, ha accettato le dimissioni rassegnate il 26 gennaio 2021 dal Gabinetto presieduto dal professor Giuseppe Conte, nonché le dimissioni dalle rispettive cariche rassegnate dai sottosegretari di Stato. Avendo accettato l'incarico di formare il Governo conferitomi in data 3 febbraio 2021, il Presidente della Repubblica mi ha nominato, con proprio decreto in data 12 febbraio 2021, Presidente del Consiglio dei Ministri. Con ulteriore decreto in pari data, il Presidente della Repubblica, su mia proposta….”. E via con la lista dei ministri con quelli senza portafoglio e quelli invece titolari fin da subito di un dicastero.

La seconda lettera, contestuale, è stata quella con cui è stato scelto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il dottor sottile di Draghi, Roberto Garofoli, nominato ufficialmente dalla prima seduta del Consiglio dei ministri, quella di insediamento dopo il passaggio della campanella fra Conte e Draghi: “Inoltre, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta e sentito il Consiglio dei Ministri, ha nominato il presidente di sezione del Consiglio di Stato Roberto Garofoli sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con le funzioni di segretario del Consiglio medesimo”.

L’ultima lettera della prima serie di Draghi, invece, è stata dedicata al conferimento delle Deleghe dei ministri senza portafoglio, indicati invece nella prima solo con la lista dei nomi e senza gli incarichi, a differenza invece di quelli alla guida di un ministero “vero”: “Infine, con mio decreto in data odierna, sentito il Consiglio dei Ministri, ho conferito ai Ministri senza portafoglio, a norma dell'articolo 9 della legge 23 agosto 1988, n. 400, i seguenti incarichi: all'onorevole Federico D'Incà i Rapporti con il Parlamento; al dottor Vittorio Colao l'Innovazione tecnologica e la transizione digitale; all'onorevole Renato Brunetta la Pubblica amministrazione; all'onorevole Mariastella Gelmini gli Affari regionali e le autonomie; all'onorevole Maria Rosaria Carfagna il Sud e la coesione territoriale; all'onorevole Fabiana Dadone le Politiche giovanili; alla professoressa Elena Bonetti le Pari opportunità e la famiglia; alla senatrice Erika Stefani le Disabilità; all'onorevole Massimo Garavaglia il Coordinamento di iniziative nel settore del turismo. Firmato: Mario Draghi”.

Fin qui, tutto normale, con un unico elemento a cui fare attenzione, la presenza di Garavaglia in questa seconda lista, perché in quel momento il MIBACT non era stato ancora “spacchettato” e quindi, Dario Franceschini era stato nominato Ministro per i Beni e le attività culturali e per il turismo e quindi, quel giorno, sulla carta c’erano due ministri per il Turismo, uno col portafoglio, Franceschini, e uno senza, Garavaglia.

Ovviamente, si trattava di un espediente obbligato, comunicato da Draghi fin dal momento in cui ha sciolto la riserva per la formazione del governo, in attesa della legge di istituzione del ministero autonomo del Turismo. Delega ballerina quest’ultima e carissima alla Lega, visto che Gian Marco Centinaio nel Conte uno aveva accorpato proprio il Turismo alle politiche agricole e forestali, togliendolo al MIBACT, dove è tornata col Conte bis.

Il 25 febbraio, dodici giorni dopo la prima serie di lettere, è arrivata quella successiva con la comunicazione degli altri 39 sottosegretari, con il contestuale giuramento al Quirinale.

E sono serviti altri cinque giorni per la rivoluzione nominalistica dei ministeri quando i presidenti di Camera e Senato hanno scandito in aula: “Comunico che, in data 2 marzo 2021, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha inviato al Presidente la seguente lettera: “Onorevole Presidente, informo la Signoria Vostra che, a seguito dell'emanazione del decreto-legge 1° marzo 2021, numero 22, recante disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, ha nominato il professor Roberto Cingolani Ministro della Transizione ecologica, il professor Enrico Giovannini Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, l'onorevole Dario Franceschini Ministro della Cultura e l'onorevole Massimo Garavaglia Ministro del Turismo. Firmato: Mario Draghi”.

Se di Franceschini e di Garavaglia si è detto, così come del loro ministero che prima era uno solo e ora sono due, per dieci giorni Giovannini era stato ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, prima che il MIT si transustanziasse in MIMS, mentre negli stessi giorni la delega oggi rivoluzionaria di Cingolani era stata quella più classica di ”ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare”.

Altri dieci giorni e il 12 marzo è arrivata una nuova lettera di Draghi, quella del quarantunesimo sottosegretario, quello designato allo Sport, che dipende dalla presidenza del Consiglio, dopo Garofoli il primo giorno e gli altri 39 tutti insieme: “Onorevole Presidente, informo la Signoria Vostra che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, sentito il Consiglio dei Ministri, ha nominato la signora Valentina Vezzali a sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Firmato: Mario Draghi”.

E, anche stavolta, è stata una scelta in discontinuità con il governo precedente: nel Conte bis, infatti, Vincenzo Spadafora era ministro senza portafoglio per le Politiche Giovanili e lo Sport, mentre nel Conte uno la delega allo Sport era del “Garofoli” della situazione, che era Giancarlo Giorgetti.

Altre due settimane e nuova lettera draghiana a Casellati e Fico: “Onorevole Presidente, la informo che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, ha accettato le dimissioni rassegnate dalla senatrice Simona Flavia Malpezzi dalla carica di sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Firmato: Mario Draghi”.

Infatti Flavia Malpezzi, dopo la svolta rosa di Enrico Letta, è diventata presidente dei senatori del Pd al posto di Andrea Marcucci e Draghi e il Consiglio dei ministri, mercoledì scorso, hanno già provveduto alla sua sostituzione con una nuova sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, nello specifico con la delega ai Rapporti col Parlamento, a fianco del ministro pentastellato Federico D’Incà, la cui nuova braccio destro piddina sarà un’altra senatrice Dem, Caterina Bini.

Contemporaneamente Marina Sereni, sottosegretaria al ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale con Luigi Di Maio, sarà la prima dei sei viceministri previsti per il governo Draghi. Tutto questo sarà ufficializzato nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama appena riprendono le sedute, a partire da martedì. Ma Casellati e Fico ormai ci sono abituati: quando suona il postino è una lettera di Draghi.

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