[L’intervista] Gori, lo sconfitto: “Populisti troppo forti. Ora al Pd serve una nuova leadership”
Intervista al candidato governatore del Partito Democratico: “Rifarei tutto. La debolezza del PD non ha aiutato”. Nessun rimpianto per il candidato del centro-sinistra sconfitto da Attilio Fontana. “Ora però il Pd riparta da idee e leadership nuove”
“Io sono sempre abbastanza autocritico ma in questo caso mi sento di dire che abbiamo fatto veramente una bella campagna ed è quello che mi stanno riconoscendo in tanti: sindaci,amministratori, cittadini che si sono messi in marcia insieme a mein questi lunghi mesi”. E’ sereno Giorgio Gori, il candidato del centro-sinistra in Lombardia sconfitto senza appello dal rivale Attilio Fontana nella corsa al Pirellone. Lo raggiungiamo quando ha appena telefonato al suo rivale, per complimentarsi della vittoria. Sono all’incirca le 20 di sera. I dati del Viminale, con il 26% delle sezioni scrutinate, fotografano un risultato netto: Fontana 53,4% , Gori 26,7%.
Gori, ha fatto qualche errore in questa campagna elettorale? Qualcosa che cambierebbe col senno di poi?
“No. Ripeto: è stata una campagna bella, fatta a testa alta eparlando delle cose che interessano i lombardi. Il risultato sperato non è arrivato solo perché con evidenza ci sono dinamiche politiche nazionali che rompono gli argini e tracimano nella dimensione regionale: sostanzialmente ritroviamo gli stessi numeri della Camera e del Senato anche dentro il voto regionale”.Il dato politico è netto: “Vince Salvini, vince il suo candidato imposto alla coalizione e che poco si è concesso in questa campagna nel dire quali fossero le sue proposte per la Lombardia. Fontana si è limitato a dire: andiamo avanti così e a ripetere gli slogan di Salvini su sicurezza e immigrazione. Slogan, non soluzioni”, puntualizza il candidato sconfitto. “Perché i problemi ci sono, sono ovviamente molto sentiti dai nostri cittadini ma ovviamente richiedono risposte all’altezza della complessità che presentano”.
A proposito di dinamiche nazionali: nel risultato lombardo ha influito il vento forte della destra populista ma anche nella stessa misura l’onda negativa della dèbacle renziana.
“Non c’è dubbio. Con un Pd in buona forma il risultato regionale sarebbe stato diverso”
Matteo Renzi si è dimesso ma ha anche fatto capire che continuerà a gestire il Nazareno in attesa della fase congressuale. C’è stata su questo punto una presa di posizionemolto netta da parte del capogruppo Zanda, dietro cui si intravvedono i nomi di altri big del partito: non solo la fronda interna di Franceschini e Orlando, ma parrebbe lo stesso Gentiloni.
“Non ho avuto il tempo di seguire le agenzie. Io dico che il dato politico significativo è che Renzi ha dato le sue dimissioni. E’ un atto politico coerente, serio, fatto nel giorno di una sconfittacosì netta ed è la premessa affinché il Partito Democratico possa ricostruirsi intorno a nuove idee e nuove leadership, come è giusto che sia. Del resto, fra parte un po’ del gioco della politica: o si vince o si perde. A volte le sconfitte possono essere la premessa di vittorie che verranno, se le si prende con l’intelligenza del caso.
Lei ha anche detto che in Italia c’è bisogno di una sinistra riformista in Italia. Ma chi può portare avanti la bandiera del riformismo oggi all’interno del PD nell’orizzonte del dopo Renzi? Ha un nome in mente?
“Non lo so, quel che so è che io non farò mancare il mio sostegno”.
La Lombardia resta una roccaforte leghista. Il gruppo dirigente del Pd regionale si rimette alle scelte del partito. Lo sfogo di Gori: “Servono idee e leader nuovi”
La dèbacle renziana travolge anche il candidato vicino al Segretario nazionale del PD in Lombardia, Giorgio Gori. Una distanza che man mano che passano le ore appare sempre piùincolmabile per il Sindaco di Bergamo, a capo di una coalizione di centro-sinistra orfana dell’appoggio di Leu che con tutta evidenza,a giudicare dalla forbice, non sarebbe stato determinante: il dato dello scrutinio, ormai sufficientemente chiaro a fine serata, fotografa la portata della valanga verde, con oltre 20 punti di distacco fra il candidato del centro-destra Attilio Fontana e Giorgio Gori. Sin dalle prime ore dello spoglio però le proiezioni non davano speranze: alle 16 quella che si avvicinava di più era quella di Swg, che dava un 46,20% contro il 28% con il 70% di copertura dei seggi. Il primo ad ammettere la sconfitta “netta e chiara” dal comitato elettorale di corso Buenos Aires era stato il segretario dem lombardo Alessandro Alfieri, che interpellato sulle possibili dimissioni del gruppo dirigente regionale aveva detto di essere “a disposizione del partito”, aggiungendo poi, con uno sguardo al Nazareno dove si consumava in contemporanea il redde rationem della segreteria nazionale: “Renzi ha intelligenza e saggezza, il Pd deve essere guidato in un momento non facile. Sono convinto che prendera' scelte migliori nei confronti del partito". Gori, dal canto suo aveva fatto sapere che non avrebbe parlato prima che lo facesse il Segretario nazionale. Un gesto di stile, tratto distintivo della campagna del sindaco di Bergamo, che però a fine serata, davanti alle dimissioni-non dimissioni del titolare del Nazareno è sembrato prendere le distanze dalla sua leadership. “Ora il Pd deve ricostruirsi attorno a nuove idee e nuove leadership”, ha detto nell’intervista realizzata per TiscaliNews, subito dopo la sua conferenza stampa serale.