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Caso Giuli, in attesa di Report è l'ora delle colombe, Meloni non può permettersi di sostituirlo

A circa un mese dalla sostituzione dell’ex ministro Sangiuliano, la premier si ritrova a dover affrontare un nuovo caso

Giuseppe Alberto Falcidi Giuseppe Alberto Falci   
Caso Giuli, in attesa di Report è l'ora delle colombe, Meloni non può permettersi di sostituirlo
Il ministro della Cultura, Giuli (Ansa)

Se le avessero detto che sarebbe esploso un altro caso politico, sempre al ministero della Cultura, sotto elezioni - si vota in Liguria domani e dopodomani, regione piccola ma strategica per gli equilibri politici - Giorgia Meloni non ci avrebbe creduto. L’inquilina di Palazzo Chigi si era pentita di aver chiuso l’affaire Sangiuliano in due settimane, avrebbe preferito una sostituzione più veloce e indolore. Senza strappi, senza interviste al Tg1, senza alcuna drammatizzazione. Anche perché il danno di immagine, seppur di note inferiori, c'è stato. 

E invece a circa un mese dalla sostituzione dell’ex direttore del Tg2 si ritrova a dover affrontare il caso Giuli. Domani sera sarà il giorno di Report che ha già prodotto le dimissioni del capo di gabinetto del ministero della Cultura, Francesco Spano, per un conflitto di interesse e che potrebbe scatenare altre polemiche.

Sono dunque ore delicate tra Palazzo Chigi e via del Collegio romano. Il ministro della Cultura attende in silenzio la puntata di Report, si dice «tranquillo», ha avuto un colloquio telefonico con Giorgia Meloni e anche con  il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari con cui i rapporti non sarebbero idilliaci. Giuli è consapevole delle nuove indiscrezioni che potrebbero riguardarlo. «Vedrò la puntata a casa, in collegamento telefonico con l’avvocato. Ma so già cosa trasmetterà Report - confida a chi lo ha sentito - Manderà in onda un estratto di una intervista a Rainaldo Graziani, fondatore di Meridiano Zero e figlio del fondatore di Ordine Nuovo Clemente Graziani, che mi definisce traditore». Probabile poi che verranno riproposti due servizi già andati in onda nel 2020 e che ricostruiscono il contributo di Giuli al programma elettorale della Lega di Matteo Salvini.

Anche su questo cosa il ministro della Cultura sa come difendersi e avrebbe detto ai suoi: «Giorgia sapeva tutto, e mi disse: “Benissimo, però ricordati anche di noi”».  

Emergono poi nuove indiscrezioni sul «nuovo caso Boccia». Ne ha parlato il critico d’arte Alberto Dambruoso in una clip pubblicata ieri sui social da Report. «Mi era stato detto di occuparmi della mostra sul futurismo ma dopo un anno e mezzo mi hanno comunicato che dovevo fare un passo indietro perché erano arrivate voci irriguardose al ministero nei miei riguardi, e che non avevo avuto alcun incarico formale». Nel servizio del mancato incarico (ecco perché si somiglia al caso Boccia) si spiega che era stato Sangiuliano ad affidare al critico di co-curare la mostra sul Futurismo. A un certo punto ci sarebbero stati problemi sui costi e Sangiuliano avrebbe nominato un comitato organizzatore, di cui faceva parte anche Giuli, allora alla guida del Maxxi, che avrebbe tagliato circa 300 opere, promuovendo invece i quadri di un gallerista romano, Fabrizio Romano molto vicino a Fratelli d’Italia e legato al presidente della commissione Cultura di Montecitorio, Federico Mollicone che smentisce e minaccia già querela.


Si dovrà attendere domenica sera per capire cosa succederà. Vicenda che si intreccia con la nomina del nuovo capo di gabinetto. Raccontano che Giuli avrebbe detto no a due nomi. Si tratta di Cristiana Luciani che lavora all’Authority per la privacy ed è la moglie del deputato di Fratelli d’Italia Luca Sbardella. E poi si sarebbe opposto a Valentina Gemignani, direttore generale al ministero dell’Economia e compagna dell’ex parlamentare di centrodestra Basilio Catanoso. Girano anche altri nomi come Giorgio Carlo Grugnoni vicecapo di gabinetto e Donato Luciano, attuale capo dell’ufficio legislativo. Due profili al momento accantonati perché il loro spostamento costringerebbe a fare altre nomine. Ecco perché il ministero starebbe lavorando a una terza figura. Va da sé, concertata con Palazzo Chigi.


Tutto questo come si diceva sopra avviene nelle ore del voto in Liguria. Una partita importante anche in chiave centrodestra in virtù dell’inchiesta giudiziaria che ha costretto alle dimissioni i vertici della Regione. Vincere da quelle parti, per la coalizione di Meloni-Tajani-Salvini, sarebbe un modo per allontanare le polemiche e affrontare in maniera più soft i vari dossier, fra cui anche quello del ministero della Cultura. Dalle parti di Palazzo Chigi si sta cercando in queste ore di spegnere il fuoco. I decibel hanno superato i livelli consentiti. Lo scontro dentro Fratelli d’Italia tra l’ala di Fazzolari e l’innercircle di Giuli c’è stato e ha rischiato di logorare ancor più l'esecutivo. Evidente che Meloni non possa permettersi di rompere con Giuli, non solo perché salterebbe il secondo ministro in poco meno di un mese. Non può farlo anche per un’altra regione.

A difendere il ministro c’è Arianna Meloni. Quest’ultima è amica personale della sorella del ministro, Antonella, ma è anche legatissima al titolare del ministero di via del Collegio Romano. Insomma, un passo indietro di Giuli colpirebbe il cuore di Palazzo Chigi. Ragion per cui anche l’avversario interno del ministro, il sottosegretario Fazzolari prova a spegnere il fuoco: «Ci conosciamo da più di trent’anni, è una persona che stimo e della quale apprezzo la grande professionalità. Gli attacchi scomposti che gli sono stati rivolti da quando è diventato ministro sono sconcertanti e fanno ben capire quanti interessi abbia da difendere la sinistra all’interno del ministero della Cultura». Si vedrà.

Giuseppe Alberto Falcidi Giuseppe Alberto Falci   
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