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Il giovedì nero di Giorgia Meloni tra la protesta dei trattori e l'affondo della Cei

Giuseppe Alberto Falcidi Giuseppe Alberto Falci   
La presidente del Consiglio in occasione di un vertice intergovernativo tra Italia e Romania a Villa Doria Pamphili
La presidente del Consiglio in occasione di un vertice intergovernativo tra Italia e Romania a Villa Doria Pamphili (Ansa)

Era stata annunciata in pompa magna l’informativa di Giorgia Meloni sui migranti al consiglio dei ministri. Non si parlava d’altro tra Camera e Senato. Cosa dirà? Quali novità declamerà?  Tutto era pronto ai minimi dettagli. La giornata, oltretutto, era favorita dall’approvazione del protocollo sull’accordo tra Italia e Albania sui migranti. Tutto questo avrebbe dovuto arginare la manifestazione dei trattori. Città prese d'assalto, proteste in diverse parti dello Stivalo. 

La festa del governo rovinata

Invece d’un tratto la festa del governo viene rovinata dall’uscita di monsignor Gian Carlo Perego. Non uno qualsiasi, quest’ultimo. Ma il presidente della Commissione per le migrazioni della Conferenza episcopale. Una sorta di ministro dell’Interno dei vescovi. «Oggi - tuona - il Senato ha approvato l'accordo Albania-Italia per il trattenimento di migranti che la Guardia costiera salverà in mare. 673 milioni di euro in dieci anni in fumo per l'incapacità di costruire un sistema di accoglienza diffusa del nostro Paese, al 16° posto in Europa nell'accoglienza dei richiedenti asilo rispetto al numero degli abitanti». 

L'accordo tra Italia e Albania 

Il commento di monsignor punta dritto alla strategia di Palazzo Chigi. Per lui, l'accordo tra Italia e Albania  sancisce «una nuova sconfitta della democrazia». Quei «seicentosettantatre milioni di euro potevano rigenerare non solo la vita di molte persone (3.000), ma la vita anche delle nostre comunità. Seicentosettantatre milioni di euro che avrebbero significato posti di lavoro e un indotto economico». E ancora:  «Seicentosettantatre milioni spesi anche perché guardiamo maggiormente a vendere armi - le spese per gli armamenti sono aumentate del 3,7% rispetto all'anno precedente, raggiungendo i 2240 miliardi di dollari, il livello più alto mai registrato (Sipri) - e a finanziare conflitti - sono 56 gli Stati che nel 2022 si trovavano in situazioni di conflitto armato, 5 in più dell'anno precedente (Sipri)-, piuttosto che a costruire pace. Uno spreco di risorse pubbliche. Un nuovo atto di non governo delle migrazioni, di non tutela degli ultimi della terra». 

La nota della Cei

La nota della Cei arriva, dunque, nel pieno del consiglio dei ministri. Lo stato maggiore di Palazzo Chigi non si aspettava certo un’uscita di tale entità. A piazza Colonna cala il silenzio. Non ci sono commenti ufficiali in sede di governo. La risposta viene affidata a una serie di parlamentari di Fratelli d’Italia. Il primo a replicare è Attilio Balboni, presidente della commissione Affari costituzionale a Palazzo Madama. Balboni non solo difende il provvedimento dell’esecutivo ma si scaglia contro Perego: «Riguardo le dichiarazioni del Monsignor Perego sull'approvazione da parte del Senato del ddl di ratifica del Protocollo tra il governo italiano e quello albanese, ritengo che prima di criticare il Parlamento italiano per le leggi che legittimamente approva, dovrebbe piuttosto pensare a chiarire se risponde al vero, come si afferma in una inchiesta pubblicata da Panorama, che la Fondazione Migrantes da lui presieduta ha veramente versato 20 mila € alla Mare Jonio, associazione guidata da Casarini, l'estimatore di Toni Negri ed indagato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. E in caso la notizia sia vera, a chiarire da dove provengono e se i donatori fossero al corrente della destinazione dei fondi». La lettura che si dà da quelle parti è che si tratti di un attacco da parte della Cei all’esecutivo e in particolare alle politiche migratorie del governo. I meloniani sono infatti i più scatenati. Interviene anche Wanda Ferro: «La Cei contro il governo italiano per l'accordo con l'Albania sui migranti? Monsignor Perego non è nuovo a queste cose, le sue sono parole dure che dispiacciono. La Chiesa sia più collaborativa: così come tutti gli attori principali, può essere una parte attiva nel fronteggiare, accogliere e integrare, ma attraverso delle regole. Non abbiamo intenzione di venir meno all'accoglienza e alla solidarietà, ma affermiamo con determinazione un principio chiaro: in Italia si entra legalmente. Vogliamo governare i flussi anziché subirli, evitando di portare il Paese al collasso. Le accuse della Boldrini? Le respingiamo al mittente, abbiamo ereditato una situazione disastrosa. Lei pensa che la solidarietà si fermi a una banchina del porto. Blocco navale tramontato? No, si sta cercando di metterlo in piedi attraverso il piano Mattei». E ancora, ecco il capogruppo di Fd’I a Montecitorio, Tommaso Foti: «L'accordo tra Italia e Albania approvato definitivamente al Senato rappresenta una soluzione all'avanguardia per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori. Alla base di questo protocollo che lancia un nuovo modello di cooperazione internazionale, c'è la difesa dei confini nazionali e Ursula von der Leyen lo ha definito 'un modello innovativo basato su un'equa distribuzione delle responsabilità con i paesi terzi in conformità con gli obblighi derivanti dal diritto comunitario e internazionale».

La difesa di Tajani

A sera, a difesa dell’operato dell’esecutivo, esce allo scoperto anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «Non mi sembrano soldi buttati in mare, poi ognuno ha la sua opinione. Sono soldi che vengono ben spesi, per affrontare la questione migratoria con un Paese che è candidato a far parte dell'Unione Europea. Oggi c'era Blinken lì». 

Tutto questo non attenua quello che in Transatlantico viene ribattezzato il «giovedì nero» del governo. Tra i trattori che sfilano a pochi passi dai palazzi della politica e l’affondo della Cei, Meloni si ritrova a dover fronteggiare due fronti complicati. Ed è vero che la protesta dei trattori sembra un po’ sgonfiarsi, visto che ormai a manifestare sono rimasti i più riottosi avversari dell’esecutivo, capeggiati dall’ex forcone Danilo Calvani. Eppure in qualche modo anche quest’ultimo sta infastidendo la narrazione dell’esecutivo. Non a caso Calvani prende di mira il ministro dell’Agricoltura: «Lollobrigida ha un deficit di nozioni tecniche e un deficit di statura istituzionale. Non può rappresentarci e non deve parlare a nome nostro. Dice di essere amico di Coldiretti che è un'associazione che ha rovinato l’agricoltura. Abbiamo creato qualcosa di importante che non finirà qua- ha aggiunto- la gente è con noi ed è stufa. La loro disperazione e l'ingiustizia che subisce è confluita in questa grande iniziativa. Abbiamo capito che il popolo è che con noi. Ha gli stessi nostri problemi». 

Giuseppe Alberto Falcidi Giuseppe Alberto Falci   
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