Giorgia star e un Primo Maggio da record: bonus in busta paga e posti di lavoro. Da gennaio però
L’anno scorso fu il taglio del cuneo e gli aumenti in busta paga. Quest'anno si punta tutto sulle misure del Decreto Coesione. Via libera a Rizzo e Santoro
“Giorgia” ha pronto un altro Primo Maggio da record. Lo scorso anno convocò il Consiglio dei ministri per annunciare il taglio delle tasse sul lavoro redditi fino a 35.000 euro (di sei punti) e di 7 punti percentuali per i redditi più bassi, fino a 25.000 euro. Nella stessa seduta la premier decise anche fine del reddito di cittadinanza distinguendo tra chi può lavorare e chi no. Tutte misure che hanno camminato e che però dovranno essere finanziate di nuovo per il prossimo anno. Quest’anno il Consiglio dei ministri è anticipato ad oggi - domani quindi sarà rispettata la festa dei lavoratori - e la proposta è ugualmente di quelle che farà parlare: fino a cento euro in più in usta paga ogni mese per i redditi complessivi fino a 28 mila euro. A partire da gennaio prossimo.
l programma del Cdm
C’è questo e molto altro nel menu del Cdm in calendario dalle 11:30 e di cui la premier ha anticipato alcune portate nell’incontro avuto nel pomeriggio con i sindacati. Che tutto questo coincida con l’avvio della campagna elettorale per le Europee (e le amministrative, circa quattro mila comuni) è ovviamente solo una coincidenza. O forse no. A qualcuno potrebbero venire in mente che questi cento euro assomigliano tanto agli 80 euro che l’allora premier Renzi alle Europee del 2014 fece trovare subito in busta paga a chi percepita un reddito fino a 26 mila euro. Quella misura, che fece gridare allo scandalo le opposizioni a cominciare dalla neonata Fratelli d’Italia, divenne poi strutturale.
“Sconti” alle liste no Nato, pacifiste e contro l’Europa
Mentre la premier illustrava ai sindacati le misure in arrivo oggi, il sottosegretario Fazzolari riceveva a palazzo Chigi Marco Rizzo, ex Partito comunista e coordinatore di “Democrazia sovrana e popolare”, lista che si riconosce nel dire no alla Nato e no all’Europa. Tena del colloquio le modalità di presentazione delle liste elettorali per le Europee e la richiesta di riduzione delle firme. “Abbiamo chiesto di rispettare la democrazia” ha spiegato Rizzo che ha citato ben due casi, le Europee del 2019 e le politiche del 2022 in cui bastavano tra le 60 e le 70 mila firme. Fazzolari ha ascoltato e, pare, preso atto. Da qui la speranza che oggi il Consiglio dei ministri dia il via libera ad uno sconto di firme tramite un decreto. Rizzo ha raccolto circa settantamila firme ma è ancora al di sotto del minimo consentito (75 mila). L’eventuale decreto andrebbe a beneficiare anche la lista di Michele Santoro che proprio ieri ha annunciato di aver comunque raggiunto il quorum nelle isole. Al di là della scelta liberale di andare incontro a chi ha dovuto raccogliere le firme in meno di due mesi, non sfugge a nessuno che entrambe le due liste, Rizzo e Santoro, andrebbero a rosicchiare voti all’estrema sinistra, e anche all’estrema destra, secondo quella tendenza rossobruna che è l’ultima stravaganza della politica.
La coesione e il lavoro
L’incontro con i sindacati a palazzo Chigi è terminato ieri quasi alle 21.30. Per il governo, oltre a Meloni, c’erano il vicepremier Matteo Salvini, i ministri Raffaele Fitto, Giancarlo Giorgetti (in video collegamento) Marina Calderone, Adolfo Urso, il viceministro Maurizio Leo e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Per le organizzazioni sindacali erano presenti Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Cida, Cisal, Confintesa, Confsal e Usb.
Tante sigle, alcune certamente minoritarie e molte delle quali figlie della destra. A gennaio 2025 i lavoratori dipendenti troveranno in busta paga un’indennità di 100 euro. “Per averne diritto - dice la bozza del decreto dovranno avere un reddito complessivo non superiore a 28.000 euro, con coniuge e almeno un figlio a carico, oppure per le famiglie monogenitoriali con un unico figlio a carico”. Nelle scorse settimane, invece, le bozze circolate parlavano di un bonus all’interno della tredicesima. Portare il bonus nel ’25, non grava su questa legge di bilancio. “La linea di azione è quella di sostenere chi cerca un lavoro, chi assume e chi intende mettersi in proprio partendo dalle categorie che oggi più difficilmente trovano lavoro”.
La riforma della Coesione
Le misure sul lavoro rientrano nella più ampia cornice della riforma delle politiche di coesione, “la prima delle sette aggiunte nella revisione del Pnrr approvata a dicembre dalla Commissione europea”. A fronte, occorre ribadire, di una quindicina di riforme ritardate o cancellate. Ma senza quelle riforme l’Italia non sarà mai un paese normale e competitivo. Obiettivo della riforma è “accelerare l’attuazione e l’efficienza delle politiche di coesione europea 2021-2027, superare i divari infrastrutturali tuttora esistenti ed accrescere la competitività e l’attrattività del Mezzogiorno e dell’Italia”. Per farla breve: l’Europa mette a disposizione dell’Italia 75 miliardi di euro ( di cui 43 di risorse europee) e però noi li spendiamo poco e male. Con questa riforma, “faremo di più e meglio”. Ce lo auguriamo tutti, ovvio. Vorrebbe dire un bel passo avanti per un Paese, il nostro, che riesce a spendere, quando va bene, tra il 50 e il 60% dei fondi Ue.
Palazzo Chigi è stato stranamente generoso di spifferi ieri sera. La riforma della coesione prevede “specifiche norme per sostenere ricerca e innovazione specie nel settore della transizione energetica e digitale”. Per l’istruzione sono previste misure per sostenere “l’estensione del tempo pieno”, la “riqualificazione delle aree industriali” con interventi per la produzione di energie da fonti rinnovabili. La riqualificazione e la messa in sicurezza, anche, del patrimonio culturale italiano.
Le misure sul lavoro
Nel decreto Coesione anche le misure “in materia di lavoro”: l’occupazione dei giovani, delle donne e di alcune categorie di lavoratori svantaggiati. Ci sarà la riduzione degli oneri contributivi per i nuovi assunti per due anni, i cento euro per i redditi fino a 28 mila euro e “specifiche disposizioni” per l’avvio di nuove attività distinte per il Centro Nord e il Mezzogiorno. Non è finita: nel ddl che verrebbe da chiamare magico - del resto i soldi disponibili sono tanti ma non per questo spendibili - sono previste “azioni per riqualificare i lavoratori di grandi imprese in crisi, così da favorire l’incrocio tra domanda e offerta di lavoro”. Crescita dell’occupazione, riduzione della disoccupazione e degli inattivi sono i goal del decreto di oggi. Magico, appunto.
All’uscita le varie sigle sindacali hanno commentato. Spicca il sarcasmo di Pierpaolo Bombardieri (Uil). “Abbiamo fatto l’incontro con il presidente del Consiglio e il risultato è questo: un chilo di carne 25 euro, un litro di olio 12 euro e un chilo di parmigiano 25 euro, per un totale di circa 60 euro: è la cifra che il governo promette come premio per gennaio prossimo. C’è solo questo. Servono invece politiche industriali e interventi strutturali. E i pensionati sono rimasti esclusi”.
L’Autonomia, arma di distrazione di massa?
Al di là di Bombadieri, anche la Confsal è molto cauta: “Molte misure, senza dubbio. L’importante è che almeno qualcuna di queste diventi strutturale con effetti reali”. Cautela e “vediamo meglio domani i dettagli” anche da parte della Cisal, la sigla di autonomi e partite Iva.
E comunque, delle serie che nei prossimi 50 giorni deve essere silenziata ogni dubbio e incertezza, il rumore delle indiscrezioni uscite ieri da palazzo Chigi è certamente servito a silenziare ciò che è successo in aula alla Camera: l’arrivo del ddl sull’Autonomia differenziata. Salvini voleva issare la bandiera il 29 aprile ed arrivare ad approvazione prima del voto 8-9 giugno. Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno ingoiato e si sono voltati dall’altra parte. Ma quanto può durare ancora? “Per sempre dice” Salvini.