Giorgetti scommette sul debito buono. Per avere un po’ di soldi. Meloni non ci mette la faccia
Approvata la Nadef. Il deficit sale al 4,3, lo 0,7 in più del previsto. Significa quattordici miliardi. Confermato taglio del cuneo e dell’ultima aliquota Irpef. Le premier ha parlato in Cdm. “Tutta colpa dei M5s, ma anche questa volta riusciremo a stupirli”. La difesa e l’elogio di Mps

Alle 20 e 30 di un fine settembre ancora molto caldo, tocca a Giancarlo Giorgetti, il ministro economico, metterci la faccia. La premier ha deciso di non esserci. Ha ringraziato il ministro in apertura di Consiglio dei ministri, avrebbe spiegato, da quanto è filato dalla riunione, che “il quadro economico è difficile, non solo per la complessa congiuntura economica ma perchè dobbiamo fare i conti con la gestione allegra delle risorse pubbliche che abbiamo ereditato, in particolare, dall’ultimo governo Conte”. Ha promesso una manovra economica “all’insegna della serietà e del buon senso e che mantenga gli impegni presi con gli italiani: basta sprechi, tutte le risorse per i redditi più bassi”. Non erano questi gli impregni presi con gli italiani.Ma tant’è. Ieri sera ha deciso di non prendere parte alla conferenza stampa.
Oggi andrà a Malta per il vertice Med 9. Una trasferta non così complicata da impedirle di guidare la conferenza stampa in cui il governo presenta la sua vera prima Nota di aggiornamento al Def. E’il quadro macroeconomico a consuntivo dell’anno passato e con la previsione per il prossimo. I paletti della prossima legge di bilancio. Ma è anche la fine dei successi economici vantati per tutta la primavera e per tutta l’estate quando i segni + riempivano suggerivano dichiarazioni fotocopia a getto continuo. Il risveglio brusco a tu per tu con una realtà assai più povera ed indebitata del previsto. La presa di coscienza non più rinviabile del “fallimento” di tutte le promesse fatte in questi anni, dalla flat tax a Quota 41, dall’aumento delle pensioni minime al taglio delle tasse. In economia come su altro.
“Allora comincio io questa conferenza stampa fai da te…”dice Giorgetti col solito umorismo mentre conquista la prima sedia nella sala stampa di palazzo Chigi. Lo seguono il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il ministero della Giustizia Carlo Nordio. Il Consiglio dei ministri, durante quanto una partita di calcio, ha approvato infatti anche una nuova stretta sull’immigrazione, sui minori non accompagnati e sulle espulsioni. Ma è la Nadef il piatto grosso.
14 miliardi a debito
“Serietà e buon senso” sono le parole che Giorgetti sottolinea più volte durante l’intervento e poi nelle risposte. “Abbiamo fatto le cose giuste, con responsabilità” insiste. Nel corso del 2023 il Pil viene stimato al +0,8% (+1% nel Def di aprile), 1,2% nel 2024, 1,4% e all'1% nel 2025 e nel 2026. La Nadef indica un deficit tendenziale che sale al 5,2% nel 2023 (doveva essere al 4,5%), 3,6% nel 2024, 3,4% nel 2025 e del 3,1% nel 2026. Nello scenario programmatico invece il deficit è del 5,3% nel 2023 e del 4,3 nel 2024, 0,7% in più rispetto a quanto indicato nel Def. sono 14 miliardi. Quelli che servono per fare una manovra che sarà comunque lacrime e sangue. “Sapremo smentire anche queste previsioni” avrebbe detto la premier durante la riunione del Consiglio spiegando come sia “dovere di un governo responsabile non cercare il consenso ma raggiungere risultati concreti nell’arco della legislatura”. fare ciò che serve al Paese in modo stabile”.
Di fronte a questi numeri Giorgetti ha spiegato con il suo solito stile: sintesi e nessun infingimento. “Non rispettiamo il rapporto Deficit/PIl al 3% ma la situazione complessiva non induce a ritenere di fare politiche pro-cicliche che alimentano la recessione e quindi l’asticella (del deficit, ndr) si sposta a un livello di ragionevolezza”. Il famoso “debito buono” di cui Giorgetti ha fatto tesoro nei mesi in cui ha lavorato gomito e gomito con Draghi. E con cui , si dice, ancora adesso mantenga una certa consuetudine. Il deficit si alza di 0,7 decimali, passa a 4,3%, significa 14 miliardi che sono quelli necessari per fare il minimo indispensabile, una manovra di circa 25 miliardi di cui ne sono disponibili una decina.
Bce e Commissione
Inevitabile la domanda se l’Italia passerà l’esame di Bruxelles a cui la Nadef è stata inviata ieri sera. Giorgetti, ancora una volta è stato lapidario e chiarissimo: “Credo che alla Commissione ci siano persone che hanno fatto e fanno politica e quindi comprenderanno la situazione. Diversamente dai banchieri centrali che fanno il loro mestiere, decidono in autonomia facendo altri tipi di considerazione”. Frecciata ad alto tasso polemico contro le politiche della Bce e di Christine Lagarde: aver alzato per dieci volte di fila il costo del danaro danneggia i cittadini - dal mutuo in su - e un paese come l’Italia così fortemente indebitato. Non poteva mancare una domanda sul Mes di cui l’Italia resta l’unico paese a non averlo ancora sottoscritto (che non vuol dire utilizzarlo). Ma quello del Fondo salva stati è una giravolta che il governo non vuole fare per nessuna ragione al mondo. Eppure dovrà prima i poi firmalo smentendo una volta di più se stesso. Il ministro ancora una volta usa parole chiarissime: “Non vedo la correlazione con il Mes che dipende da altri tipi di valutazioni, onestamente questa retorica di uno scambio tra il Mes e scostamenti vari non l’ho mai posta e mai ne ho sentito parlare”.
Le colpe dei bonus edilizi
Certo anche il debito non accenna a diminuire come invece dovrebbe fare se fossero ancora in vigore le regole economiche europee del Patto di Stabilità. Quali saranno le nuove regole è una delle incognite che ancora gravano sulla scrittura della legge di bilancio. Sappiamo in ogni modo che il 2024 tornerà ad avere regole di bilancio dopo tre anni di sospensione causa Covid. Anni in cui il nostro debito è diventato più mostruoso che mai: 2.859 miliardi. Il rapporto debito/Pil è previsto ridursi dal 141,7% del 2022 al 139,6% nel 2026, appena due punti in quattro anni. “Avremmo certo potuto fare meglio se non avessimo il peso del Superbonus” accusato quindi non solo di aumentare il deficit ma anche di rendere disponibili maggiori risorse per la manovra. “Il motivo per cui il debito non diminuisce come auspicato - ha spiegato Giorgetti - è perchè, ormai è evidente a tutti, il conto da pagare per i bonus edilizi, soprattutto il Superbonus, i famosi 80 miliardi che sono anche ahimè in aumento, sono pagati in 4 comode rate dal 2024. In assenza di questo, il debito sarebbe calato di un punto percentuale ogni anno”. Il Movimento 5 Stelle s’è fatto subito sentire con un comunicato: “La Nadef, con il crollo della crescita, dimostra come il governo Meloni abbia riconsegnato l'Italia alla crescita zero. Nell'ennesimo tentativo di nascondere questo fallimento, Giorgetti palesa scarsa dimestichezza con il concetto di frazione. Con la crescita del Pil 2021-2022, propiziata dalle misure d'investimento del governo Conte II, lo Stato aveva incassato 100 miliardi in più di gettito fiscale, l'attuale esecutivo ha letteralmente dilapidato tutte queste eredità”.
Le misure
Fissata la cornice della Nadef e quindi della legge di bilancio 2024, cominciano a delinearsi gli spazi per le misure che il governo metterà in cantiere. Le risorse sono poche ma i partiti della maggioranza dovrebbero comunque riuscire a portare a casa i desiderata principali su lavoro, pensioni e natalità.
Alzando, come visto, l'asticella del deficit 2024 al 4,3% la Nadef individua nell'extra disavanzo tutti i fondi necessari alla priorità massima condivisa da tutti: il rinnovo del taglio del cuneo fiscale introdotto a luglio (6 punti per i redditi fino a 35mila euro e 7 per quelli fino a 25mila) che vale circa dieci miliardi di euro. E’ il primo punto fermo che il governo è in grado di mettere a venti giorni circa dalla presentazione della manovra. Per tutto il resto la caccia alle risorse continua nel recinto di alcune certezze: vengono confermati l’aiuto ai redditi medio bassi, la decontribuzione già decisa l’anno scorso, gli interventi a favore delle famiglie con figli e l'attuazione della prima fase della riforma fiscale. Giorgetti ha specificato che ci saranno anche le risorse per rinnovare i contratti del pubblico scaduti da due anni. Anche questo un modo per aiutare redditi fino a qualche anno fa decenti e poi diventati all’improvviso insufficienti. “Cominceremo dalla Sanità” ha precisato il ministro. Si tratta però di un primo, molto parziale e anche inevitabile intervento: la rivalutazione totale di tutti i contratti della Pa costerebbe da sola cinque miliardi.che non ci sono. Sulle aliquote Irpef il ministro ha confermato “una prima rivisitazione” e il passaggio dalle attuali quattro a tre. Il viceministro Leo aveva spiegato di “voler portare in su l'asticella del 23% per portarla a 28mila euro”. Un'ipotesi per la quale servono circa 4 miliardi di euro se ci si aggiunge la detassazione delle tredicesime. Si vorrebbe insiste anche sull'innalzamento della soglia della tassazione agevolata per i fringe benefits, elevandola dai 258 euro ai 3mila euro, erogati dalle imprese a favore dei loro dipendenti. Ma tutto dipende dai soldi disponibili. Quadro che non sarà chiaro finchè Bruxelles non avrà deciso quali regole di bilancio far scattare dal prossimo anno.
Le pensioni
Per le pensioni il governo è già da tempo consapevole di non poter fare quello che aveva promesso. Dai primi idi agosto tutti i ministri hanno imparato il mantra del programma di legislatura per cui ci sono cinque anni di tempo per realizzarlo. Forza Italia e Lega si sono adeguate. C’è un minimo di lavoro da tutelare, però. Si punta quindi ad innalzare le minime, a prorogare Quota 103 e l’Ape sociale per i lavoratori disagiati, integrandola con un'Ape donna e con un aiuto per i giovani che potranno usare la previdenza integrativa per uscire dal lavoro a 64 anni. Si tratta di norme per lo più esistenti e che devono essere confermate. Un pacchetto che peserà solo per 1-2 miliardi. Niente da fare invece per la costosa (4 miliardi) rivalutazione degli assegni. La natalità, tema prioritario per l'esecutivo, ha già sul tavolo una serie di ipotesi: dagli aiuti per le famiglie con almeno 3 figli ai bonus per il secondo figlio, agli sgravi per le mamme che lavorano. Per tutto servirebbero circa 1,5 miliardi. La lista prosegue con i due miliardi di spese indifferibili e i due necessari alla sanità. Serve qualcosa anche per il capitolo imprese: il ministro Adolfo Urso vuole rifinanziare la Nuova Sabatini (la legge che prevede agevolazioni a sostegno degli investimenti in beni strumentali e tecnologie), un bonus per l'autotrasporto e una riforma del fondo di garanzia della Pmi.
Il caso Mps
L'elenco delle coperture fuori dal deficit non è altrettanto lungo. Si guarda alle privatizzazioni, ma senza per ora perimetrare i possibili ricavi. “Le faremo, anche il riordino delle agevolazioni fiscali”. Quanto rende? Il ministro risponde “un miliardo”. Non è chiaro se già nel 2024 e se il ricavato riguarda entrambe le voci. E qui vanno spese due parole su Monte dei Paschi, la storica banca senese, la prima banca del mondo, al centro da anni di una forte ristrutturazione dopo il crollo dovuto alle inchieste. Mps è dello Stato e da anni si parla di una sua vendita. In queste ore c’è stata molta speculazione sul titolo. Quasi ad anticipare la vendita finale proprio per alleggerire lo Stato e fare un po’ di cassa. Giorgetti è stato tanto chiaro quanto severo: “Il se e il quando le privatizzazioni verranno effettuate lo decide il ministro dell'Economia. Mps è una storia di un grande successo italiano, una banca solida. Se e quando verranno decise delle operazioni lo deciderà il ministro dell'Economia e lo dirà evitando i fenomeni di speculazione che invece sembra di vedere in questi giorni. L'obiettivo è fare politica industriale. Mps puo' rappresentare una leva per costituire un polo forte. Non abbiamo necessita' di fare cassa subito”. Un’apertura di credito e un attestato di stima che mette a tacere molte speculazioni. I senesi certamente ringraziano.
Altri soldi potrebbero arrivare dall'anticipo della gara delle concessioni del Lotto e dalla tassa sui giochi. Dalla tassa sugli extraprofitti delle banche dovrebbero entrare due miliardi. Anche qui Giorgetti ha voluto mettere i puntini sulle “i” quando gli chiedono se quell’operazione ha consumato l’affidabilità del sistema Italia. “La versione finale di quel decreto - ha detto Giorgetti - è stata una grande operazione di politica industriale per cui alla fine le nostre banche saranno tra le più solide al mondo”. L’extragettito infatti può essere messo a bilancio per rafforzare il patrimonio oltre che essere versato allo Stato.
Altri 2-3 miliardi arriveranno dalla Global minimum tax, mentre dalla plastic e sugar tax circa 650 milioni e 300 milioni dalla spending. Anche su questo il ministro è chiarisismo: “Aspetto ancora che i ministeri mi consegnino la loro proposta di tagli (al 10 settembre ne sono arrivate tre, ndr), nel caso non dovessero arrivare ci penserà il Mef”. L’obiettivo è un risparmio di due miliardi.
Le voglie di Salvini
Restano così molto incerte le proposte di Salvini, dal minicondono edilizio a quello per le microcartelle. O anche della voluntary disclosure sui capitali detenuti all’estero e sulle cassette di sicurezza. Giorgetti non sembra amare i condoni. Anche se necessari per fare cassa. Ha confermato invece che ci sarà un primo stanziamento per il Ponte sullo Stretto, “tutto dipende dallo stato di avanzamento del progetto”. Se si comincia a lavorare, bene. Altrimenti non se ne fa di nulla.