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E’ il gioco del cerino ma si chiama “verifica parlamentare”. Lega, Fi e M5s decidono di non decidere

Dopo cinque giorni di tira e molla e mercato delle bandierine, Conte e il centrodestra di governo aspettano di “ascoltare Draghi” prima di decidere se dare la fiducia. Un’altra giornata di stop and go. Con Letta che ha cercato di lasciare il cerino in mano al centrodestra. I tempi per seguire il voto oggi e domani

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
(Foto Ansa)
(Foto Ansa)

Il quinto e ultimo giorno della “verifica” è stato se possibile il peggiore di tutti. Il suk di “bandierine” e “rivendicazioni”  tra i partiti del centrodestra di governo e il Movimento 5 Stelle è proseguito oltre la mezzanotte. La cosa sorprendente è che siamo in sostanza ad un nulla di fatto. “Aspettiamo di sentire cosa dice Draghi” dicono da Villa Grande, la residenza romana di Berlusconi dove il padrone di casa ha riunito dall’ora di pranzo fin dopo la mezzanotte  Salvini, Tajani, Cesa e Lupi più i capigruppo (ma non i ministri nè della Lega nè di Forza Italia, non un bel segnale). “Aspettiamo l’intervento di Draghi” ha preso ancora tempo, una volta di più, Giuseppe Conte al quinto giorno di assemblea permanente dei suoi gruppi.

A sera riuniscono i parlamentari anche Enrico Letta e Matteo Renzi (stesso orario ma sale diverse a Montecitorio). Il leader di Iv è da cinque giorni molto chiaro sul dà farsi: "Avanti con Draghi su quattro, cinque punti, quelli che servono al Paese che si è mobilitato in queste ore affinchè il premier resti al suo posto. prendere o lasciare”. Enrico Letta, che ieri mattina ha incontrato Draghi a palazzo Chigi, ieri sera ha detto ai gruppi Pd: “Io spero di superare questa prova, il pertugio è oggettivamente difficile e complicato”. La cosa importante è che in questi cinque giorni  surreali  “sia emersa la nostra capacità di avere i piedi ben piantati dentro il Paese. E il nostro popolo riconosce come positivi questi 18 mesi di governo Draghi a cui nelle prossime ore andrà la nostra più assoluta fiducia”.

Il gioco del cerino

Insomma, i cinque giorni che avrebbero dovuto chiarire, illuminare, ragionare responsabilmente sui motivi della crisi per  capire se è il caso di andare avanti e in che modo, hanno fotografato la situazione per quello che è: irrecuperabile nel centrodestra di governo e tra i 5 Stelle. Perchè oggi il Senato sarà il luogo, appunto, delle bandierine e delle rivendicazioni e non della costruzione di un percorso comune da realizzare nei prossimi otto mesi, quelli che restano per una fine ordinata della legislatura. Dunque, se dovessimo stare al presente, i motivi della crisi per come li ha spiegati Draghi - “azione noi governo bloccata” - oggi saranno confermati. Ma la crisi di governo molto probabilmente rientrerà. Perchè la ragion di Stato e i dosier internazionali sono più importanti delle bandierine e delle rivendicazioni. Certo il gioco del cerino - ovverosia vediamo a chi resta appicciata la responsabilità della crisi - andato in scena in questi giorni è stato molto triste. Soprattutto per Mattarella e per Draghi.   

1-X-2

Detto questo, oggi può veramente succedere di tutto. 1-X-2, cioè tutto è possibile, nulla è scontato. Ieri all’ora di pranzo la crisi sembrava, tra mal di pancia e non detti, volgere verso la soluzione: tirare avanti ancora qualche mese con Draghi premier, Conte e Movimento fuori “sostituiti” dai governisti con Crippa e D’Incà e un rimpastino – almeno due ministeri da rimpiazzare – per premiare centrodestra di governo e centristi. All’ora di pranzo, mentre Berlusconi, Salvini, Lupi, Cesa e capigruppo erano riuniti a pranzo a villa Grande si materializza però una nuova occasione di contesa. Il fatto in realtà è accaduto la mattina intorno alle 9 – il segretario del Pd Enrico Letta è stato visto entrare e poi uscire da palazzo Chigi – ma solo alle 14 diventa una bomba ad orologeria. Quando qualche bene informato suggerisce al desco di villa Grande che “Letta sarebbe andato a spiegare a Draghi che forse riescono a riportare dentro Conte e il Movimento”. Nessuno conferma. Nessuno smentisce. Resta che Draghi ha incontrato Letta e poi è salito al Quirinale.

Inoltre, in parallelo  a questa notizia, comincia a girare che “il fatto politico nuovo”, cioè la scissione di Crippa con una trentina di deputati e pochi senatori, “sta rallentando e rischia di non andare in porto”. E così dalla riunione del centrodestra salgono nuovi minacciosi segnali di fumo:  “Perché Draghi ha incontrato il segretario del Pd?”;   “Cosa stanno tramando?”,  “Letta cerca di recuperare Conte…”. E allora sapete cosa c’è: “Il centrodestra di governo può anche votare la fiducia ma almeno due ministri sono inadatti a proseguire, Lamorgese e Speranza…”. Chiederne la sostituzione, anche solo provarci, vuole imboccare il precipizio verso la crisi di governo. La più “al buio” che si possa ricordare tra i  72 governi della storia della Repubblica. Ovvio destino di una legislatura, la XIX, che resterà nei libri di storia per i numerosi esempi di situazioni inedite e incresciose.

In serata comunque Draghi riceve a palazzo Chigi anche Salvini, Tajani, Cesa e Lupi. “E che problema c’è – era filtrato in giornata dalla sede del governo – in questi 521 giorni il presidente Draghi ha ricevuto tutti coloro che lo hanno chiesto in base alla disponibilità dell’agenda. Letta lo ha chiesto ieri sera ed è venuto stamani. Se lo chiederanno Salvini e Tajani, c’è posto anche per loro. come sempre”.  

Voto sdoppiato

Non resta che aspettare oggi. Draghi parlerà alle 9.30 al Senato, seguiranno cinque ore di dibattito (o forse meno) a cui seguirà la replica del premier. In questo frattempo la maggioranza (di quanti e di chi ancora non si sa) dovrebbe presentare la risoluzione su cui sarà chiesta la fiducia. Il professor Ceccanti, costituzionalista e deputato Pd, suggerisce la formula più sicura, “la Camera, ascoltate le comunicazioni del presidente del Consiglio e le approva”. Una parola in più potrebbe risultare destabilizzante vista la situazione. A quel punto è prevista la replica di Draghi e la votazione nominale, cioè ciascun senatore dovrà passare sotto il banco della Presidenza ed esprimere il suo voto. Ciascuno ci dovrà mettere la faccia.

E ciascuno potrà misurare la coerenza tra quanto è stato detto in queste ore e quello che sarà fatto. Si narra che Draghi abbia in tasca due discorsi: uno di rottura e uno per dire “si, resto, ma alle mie condizioni” che devono valere per tutti, per Conte e anche per Salvini. Non ne avrebbe un terzo, in tasca. Comunque non c’è dubbio che oggi la giornata sarà tutta da ascoltare e da vivere minuto dopo minuto. Esiste anche l’opzione che ascoltati tutti gli interventi Draghi decida di non procedere neppure al voto e di salire al Colle per rassegnare dimissioni questa volta “irrevocabili”. Difficile perché in questo caso sarebbe Draghi ad intestarsi, davanti agli italiani che gli chiedono di restare e alle cancellerie occidentali in pressing da giorni, una crisi che Lega e 5 Stelle hanno cercato con  cura giorno dopo giorno.

La Camera voterà giovedì. Ma a questo punto sarà un voto abbastanza “irrilevante”. I giochi si fanno oggi. E’ oggi che il capogruppo M5s Davide Crippa, contro cui ieri si è scatenato il linciaggio della comunicazione 5 Stelle, dirà se farà o meno il gruppo. Se la collega del Senato Castellone dirà che M5s vota la fiducia, sarà Conte che è andato sulle posizioni di Crippa. Viceversa, la lista per il nuovo gruppo sarà notificata subito dopo alla presidenza della Camera.

 

 

 

 

La cronaca della giornata

Ieri mattina, fino all’ora di pranzo appunto, è sembrato prevalere il buon senso e la ragion di Stato. Soprattutto internazionale. Per Draghi, si spiegava, sarà prevalente non tradire la fiducia, e il proprio standing, in un momento in cui si decidono dossier delicatissimi. Ieri Putin è stato in Iran con Erdogan e ci sono buone notizie per sbloccare le riserve di grano ucraino ferme nei silos e nei porti. Potrebbe, dovrebbe, essere il primo tassello di una prossima trattativa di pace. E’ noto quanto Draghi abbia seguito questo dossier fin da maggio. Domani, inoltre, la Bce farà salire i tassi dopo undici anni di fermo e al tempo stesso Lagarde dovrà spiegare le modalità dello scudo antispread. Decisioni di politica monetaria che hanno visto in questi mesi Draghi protagonista, a volte critico, seppur dietro le quinte. Il fatto è che le democrazie occidentali non vogliono rinunciare alla figura di Draghi alla guida dell’Italia. Questo è certamente il richiamo a cui il premier ha dato più ascolto in questi giorni. Motivo per cui all’ora di pranzo si propendeva per una soluzione “di continuità” alla crisi di governo. Un Draghi 1 con qualche rimpasto.

 

Letta rovescia la crisi sul centrodestra

Ma all’ora di pranzo cambia di nuovo tutto. La salita al Colle di Draghi viene registrata quasi come “un atto dovuto”. Che non sposta il bilancino della crisi. Cosa che invece fa la visita di Letta che ha portato al premier spiragli sul fatto che Conte i 5 Stelle possano alla fine votare la fiducia. Il centrodestra di governo picchia i pugni sul tavolo. Se così fosse, sarebbero loro e non più Draghi a doversi rimangiare la promessa: mai più al governo con Conte e i 5 Stelle. Draghi aveva detto: “Mai un Draghi bis, mai senza i 5 Stelle”. Gli osservatori della crisi restano colpiti dal fatto che l’incontro Letta-Draghi sia stato reso pubblico. Se il Presidente del consiglio deve avere un incontro segreto ha mille modi per farlo. E allora perché questa pubblicità? Di sicuro il segretario dem, dall’inizio della crisi nel mirino del centrodestra perché “il campo largo del centrosinistra è diventato il campo santo e il Pd non sapendo più con chi allearsi non vuole il voto anticipato”, con questa mossa ieri è riuscito in modo abbastanza plateale a puntare i fari della crisi sul centodestra e a toglierli dal Movimento e da Conte. Dal punto di vista del Nazareno una buona mossa: se Conte dovesse rientrare e votare, sarebbe il centrodestra ad assumersi la responsabilità della crisi. Salvini e Berlusconi a decidere: basta, andiamo a votare. Per consegnarsi, però, a Giorgia Meloni.

E Conte decide di non decidere

In questo frattempo Conte e il Movimento sono in parte usciti di scena. Anche questa è tattica. L’ex premier ha avuto un’indigestione e ha fatto una notte (tra domenica e lunedì) in ospedale. Nei fatti ha aperto venerdì scorso un’assemblea di parlamentari e organi direttivi che è stata continuamente aggiornata ma mai chiusa. Ancora ieri sera il Movimento, di nuovo riunito, non aveva deciso cosa fare oggi. Certo, le posizioni sono chiare e assai nette: i senatori vogliono uscire dalla maggioranza e votare contro; i deputati sono divisi. Conte si mostra a capo dei falchi. Ma gli conviene fare la colomba (il falco c’è già e si chiama Alessandro Di Battista). Anche la non decisione è tattica, così come tenere appese le persone per non farle decidere. Il risultato è che per sapere cosa faranno M5s occorre aspettare stamani l’intervento della capogruppo Castellone. E che  “il fatto politico nuovo”, cioè la lista con i nomi dei deputati che votano la fiducia a Draghi e che andrebbe nei fatti a “sostituire” il Movimento in maggioranza, ieri si è inceppata. “Inutile – è il ragionamento dei grillini pro-Draghi - decidere ora se gli altri non hanno ancora deciso. Inutile annunciare l’uscita se poi anche gli altri voteranno la fiducia”. Un pasticcio megalattico. In questi giorni in assemblea sono volati insulti e minacce. Comunque vada, Conte è destinato a subire un’altra scissione: o se ne vanno i senatori o se ne vanno Crippa e un gruppetto di 20-30 persone.

 

Salvini e Tajani da Draghi

La delegazione del centrodestra di governo ieri sera ha incontrato Draghi per circa un’ora. Bocche cucite all’uscita. Il vertice del centrodestra è proseguito a Villa Grande fino dopo la mezzanotte: Conte non voterà, m5s fuori e saranno loro i responsabili della crisi. Ma anche i veri vincitori: andare all’opposizione ma far proseguire la legislatura è sempre stato il Piano A di Conte. Che Draghi aveva messo in forse con le dimissioni. La riunione dei parlamentari Pd è iniziata alle 22 alla Camera. Il barometro in serata è tornato verso il sereno, cioè verso la soluzione della crisi in continuità. Tra oggi e domani saranno decise le regole d’ingaggio. Pronte però a saltare alla prima curva stretta. Cioè al prossimo voto di fiducia.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani   
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