[Il retroscena] La svolta di Gentiloni, attacca la Raggi, il Movimento Cinque Stelle e i leghisti. Ma salva Berlusconi
Il premier fa sì campagna elettorale per il suo partito, ma mette nel mirino M5s e “populisti” di centrodestra, leggi Matteo Salvini e la sua Lega, non quelli che, dopo il voto, potrebbero entrare nella “sua” maggioranza. E’ al sindaco di Roma Virginia Raggi che ha riservato quello che, forse, è il primo attacco istituzionale del suo mandato. “C’è scarsa efficienza, ma talvolta l’aiuto del governo è stato accolto con sospettosa riluttanza, quando ha alzato il sopracciglio”, ha detto, riferendosi alla sindaca del Movimento 5 stelle

Per un anno e un mese praticamente non si è fatto vedere. Parlava il giusto, di cose concrete, senza mai alzare il tono della voce. Paolo Gentiloni è stato prima che un buon premier-traghettatore (come gli riconoscono tutti, addirittura Silvio Berlusconi), certamente un grandissimo incassatore. Ora si cambia. Il presidente del consiglio è l’unico leader politico ad avere resistito così a lungo senza cadere in contrapposizioni con Matteo Renzi, che pure in più di un’occasione, ha alzato il tiro contro di lui. Lo ha fatto quando c’era da approvare lo ius soli e il Pd aveva la necessità di trattenere a sè Giuliano Pisapia e un pezzo di quell’area che oggi fa riferimento a LeU e a Piero Grasso, poi, di nuovo, sulla legge di bilancio, che era l’ultima prima del voto del 4 marzo.
"Più cultura e meno visibilità"
L’ex ministro degli Esteri, chiamato a prendere il posto del Rottamatore dopo la sconfitta al referendum, aveva imposto un deciso cambio di strategia comunicativa rispetto al suo predecessore: niente talk show, pochissime interviste, niente materiale per retroscena. “Ai politici serve più cultura e meno ossessione nel cercare visibilità. Oggi una cosa la devi dire subito, se non urli non fai notizia e se non fai notizia non esisti”, ha sintetizzato, ieri, parlando di sè. Qualcuno lo ha definito “grigio”, eppure, a differenza di tutti i premier in carica nell’ultimo decennio (almeno) il presidente del consiglio in carica ha aumentato i consensi e la fiducia degli italiani di mese in mese piuttosto che perderla per strada.
Attenzione al "grigio"
Ecco perché molti si aspettano che sarà lui a raccogliere la sua stessa eredità, che dopo il voto il Pd ed eventuali alleati di centrodestra (Forza Italia e Noi con l’Italia) gli chiederanno di proseguire il lavoro, di rimanere in carica magari dopo avere fatto un lifting alla squadra e innestato alcuni ministri tecnici e berlusconiani. “All'inizio non credevo ce l’avrei fatta. Dopo un mese ho anche avuto una specie di infarto... Ma sono orgoglioso che questo governo, dalle condizioni fragili in cui è nato, sia riuscito a raggiungere i suoi obiettivi strategici: avviare la ripresa, agganciare nuovi posti di lavoro, risolvere le diseguaglianze sociali e occuparsi di diritti”. ha detto ieri. Già perché Gentiloni, in carica per “il disbrigo degli affari correnti” chissà fino a quando, carta di riserva della Repubblica in caso di pareggio, si è buttato in campagna elettorale. Renzi gli ha chiesto una mano per risalire la china e lui gli ha detto ancora una volta sì.
Sinistra di governo, lui ci crede
Niente sparate e promesse vane, ma la rivendicazione dei risultati raggiunti e quella - orgogliosa - di appartenere al Pd, anzi, “alla sinistra”. Ha pronunciato lui stesso, che pure viene dalla Margherita, la parolina magica parlando a Torino, con gli amministratori locali del suo partito: “Possiamo essere orgogliosi dei risultati che abbiamo raggiunto. Abbiamo affrontato ostacoli enormi in questi cinque anni eppure abbiamo dimostrato che una sinistra di governo riesce a portare il Paese fuori dalla crisi”. Sinistra, sì, ma dentro il Pd. “Quando un cittadino sceglie, lo fa scegliendo che cosa un partito rappresenta, per le proposte che facciamo; scelgono Pd perchè siamo la sinistra di governo”. ha aggiunto. Il messaggio è che il Pd oggi è anche Paolo Gentiloni, non solo più quel Matteo Renzi, che, al contrario, sembra avere una crisi di consenso personale secondo i sondaggi. La ri-discesa in campo del premier, che ancora non sa dove sarà in lista, ma potrebbe optare per il solo listino proporzionale per non correre il rischio di bocciature nella sua Roma, sembra essere studiata in modo scientifico, molto politico.
I nemici di Paolo il premier
Gentiloni fa sì campagna elettorale per il suo partito, ma mette nel mirino M5s e “populisti” di centrodestra, leggi Matteo Salvini e la sua Lega, non quelli che, dopo il voto, potrebbero entrare nella “sua” maggioranza. E’ al sindaco di Roma Virginia Raggi che, nel corso del pomeriggio di venerdì, ha riservato quello che, forse, è il primo attacco istituzionale del suo mandato. “C’è scarsa efficienza, ma talvolta l’aiuto del governo è stato accolto con sospettosa riluttanza, quando ha alzato il sopracciglio”, ha detto, riferendosi alla sindaca del Movimento 5 stelle. La critica al “modello Roma”, al quale il Pd ha dedicato una iniziativa apposita, è una delle direttrici della prossima campagna elettorale. I Cinquestelle hanno risposto a tono, ma ormai il siluro era partito, l’opa piddina sull’elettorato grillino almeno nella Capitale era lanciata. Gentiloni non si è limitato a mettere in mezzo i Cinquestelle, che saranno certamente opposizione anche nel prossimo Parlamento, ma anche Lega e forse Fdi, che si sono detti sempre e comunque “indisponibili” a un governo di larghe intese dopo il 4 marzo. “Chi vende la possibilità di eliminare il fenomeno migratorio nelle prossime settimane perché c'è una campagna elettorale vende fumo, chi semina esclusione raccoglie odio”, ha aggiunto, parlando al Sermig. Lo storytelling non prevede più il “tutto va per il meglio” già visto in passato, prevede anche l’autocritica. “Sull’immigrazione si può fare meglio, ma passare da un fenomeno incontrollato e criminale a flussi migratori organizzati e gestiti è la strada migliore”. Piano piano arriveranno i risultati, lascia capire, ma niente negazione del problema. Ecco perché, ancora nelle recenti interviste, il Cavaliere, che non ha nascosto una certa simpatia per lui, ne ha parlato ancora bene: “E’ un gentiluomo”. Qualche settimana fa aveva addirittura ipotizzato di lasciarlo a Palazzo Chigi “per alcuni mesi” in caso di stallo post elettorale, sottolineando dopo che si riferiva però al periodo antecedente alla convocazione di nuove urne. Le distanze tra Gentiloni e il centrodestra comunque restano. Tanto che Gentiloni, valutato dal sondaggista Nicola Piepoli il leader politico più amato del momento nel Paese, torna sull’unico tema “divisivo” col centrodestra, che poi è lo ius soli: “Non ci siamo riusciti ma ci riproveremo. E secondo me si riuscirà a raggiungere l'obiettivo. Riuscirci in questa legislatura sarebbe stato un ottimo risultato, ci abbiamo lavorato con impegno ma non abbiamo trovato i numeri”. Ci penserà lui nella prossima?