Il generale Omicron si abbatte sulla corsa al Colle tra problemi di quorum e troppi contagi
Il ‘bollettino’ del ‘sanatorio’ Montecitorio. La protesta dei parlamentari ‘no vax’ e le risposte dei costituzionalisti
“Diciassette deputati positivi e 18 in quarantena” recita il bollettino interno di quel sanatorio che, ormai, è diventato palazzo Montecitorio e questo, peraltro, in ‘giorni di festa’, cioè non di lavoro e Aula. Il totale fa 35 parlamentari che, se si votasse oggi, per eleggere il 13 presidente della Repubblica italiana, non potrebbero parteciparvi.
Al Senato, invece, non v’è certezza di numeri, ma sarebbero dieci i renitenti alla leva per cause di forza maggiore. Il totale fa 45 assenti, ad oggi. Si spera guariscano in tempo per poter votare, ma un ‘lupo di mare’ di palazzo Montecitorio, il capogruppo di LeU, Federico Fornaro, che di solito è un tipo prudente, oltre che un vero mago dei numeri, stima che “saranno almeno 70/80 i contagiati che non voteranno”. E c’è chi teme fino arrivino fino cento, o 150/200, i non votanti.
I parlamentari delle isole contro il (presunto) apartheid che impedirebbe loro di votare
Ma, giusto per spargere sale sulle ferite, ecco che fa irruzione un altro problema, sempre legato alla pandemia e le ultime decisioni prese dal governo ma che è, in realtà, un problema tutto ‘politico’.
Riguarda la libera circolazione dei parlamentari che, dai loro rispettivi territori, si ritengono ‘impediti’ per raggiungere Roma e votare il prossimo presidente della Repubblica.
La europarlamentare Francesca Donato, ex Lega che aderisce al progetto ‘Euroexit’ (pure no-vax) è la prima a denunciare la possibile, teorica, esclusione di alcuni elettori ‘confinati’ nelle isole: “Dal 10 gennaio tra i siciliani e i sardi, di fatto confinati nelle loro isole, ci saranno almeno cinque parlamentari che non potranno partecipare alle votazioni per il nuovo Presidente della Repubblica”. Si tratta di tre deputati sardi (il leghista cagliaritano Guido De Martini e gli ex grillini Pino Cabras e Andrea Vallascas) e due deputati siciliani (Michele Sodano e Simona Suriano, anche loro ex M5s). Per la Donato, fiera no-vax e anti-Green Pass, “è un fatto eversivo”. Peccato si tratti di parlamentari che hanno scelto, loro sponte, bontà loro, di non vaccinarsi. Bisognerà scartabellare sui Regolamenti per capire se potranno esercitare, o meno, i loro diritti ma, come riconosce uno di loro, il sardo Cabras, che pure non vuole dire se è vaccinato o meno e che denuncia “una discriminazione per tutti gli abitanti delle isole”, “io sarò comunque a Roma, il 24 gennaio, a votare il nuovo capo dello Stato”. Il che rende chiaro la strumentalità della protesta.
Un’altra onorevole ‘ribelle’ a norme e leggi e che non si è vaccinata “per paura, ho problemi di salute”, è la ex M5s Simona Suriano, che però si auto-taglia la testa al toro dicendo che “mi sto recando a Roma prima della segregazione dell’isola, sto percorrendo anche le vie legali, mi sono infatti rivolta alla Corte costituzionale, mi muovo prima per scelta personale, poi non potrò più rientrare in Sicilia”. Ecco un’altra ‘furbetta’: una parlamentare può andare dove vuole, diritto garantito dalla Costituzione, niente e nessuno può impedirglielo, quindi si tratta di denuncia politica.
Lei, però, insiste: “la deroga deve valere per me, per esercitare il mio mandato, come per tutti gli isolani. Questo è un sequestro di persona! A me poi, viene compresso il diritto di rappresentare i cittadini siciliani che mi hanno eletto”. Poi annuncia un coordinamento con altri deputati e senatori che la pensano al suo stesso modo.
Un altro deputato sardo, invece, il leghista Guido De Martini attacca la “dittatura sanitaria” che “m’impedirà di essere a Roma per votare il prossimo capo dello Stato, se tutto resterà come oggi”, parla di apartheid (sic) per i suoi corregionali e si sente “sequestrato” in Sardegna. Idem come sopra. Se vorrà presentarsi, lo farà.
I pareri dei costituzionalisti. Il Pd: “Deroghe alla Djokovic intollerabili agli occhi del Paese”
Insomma, a fare ‘casino’ sono i parlamentari No-Vax, soprattutto quelli che provengono dalle isole, dalla Sicilia e dalla Sardegna, saliti sulle barricate. Senza super Green Pass, che deriva dalla vaccinazione fatta o dalla guarigione dal Covid, non possono prendere traghetti, aerei, treni (come tutti i cittadini, del resto). E perciò non possono raggiungere il Parlamento da lunedì 10 gennaio, quando la prima tranche delle nuove misure decise dal governo entrerà in vigore. Ma se finora non ci sono eccezioni previste, va pur detto che, sui diritti e doveri, obblighi e necessità dei parlamentari decidono gli interna corporis di Camera e Senato. I quali, in verità, in passato, si sono già adeguati all’obbligo del Green Pass e potrebbero farlo anche per il Super Green Pass e, a maggior ragione, per i diversi obblighi vaccinali ma decisioni in tal senso ancora non ci sono.
E mentre i parlamentari no-vax minacciano ricorsi alla Consulta e richiesta di deroghe per esercitare la funzione costituzionale di eleggere il nuovo capo dello Stato, dal Nazareno, la sede del Pd, fanno sapere che “fermo restando il principio di autodichia, politicamente il “metodo Djokovic” applicato ai parlamentari sarebbe intollerabile agli occhi del Paese e un pessimo segnale in giorni di tensione come questi”.
Omicron e il picco dei contagi piombano così in pieno sul voto per il Quirinale ed è un vero risiko politico-costituzionale quello che sta esplodendo: da un lato potrebbe alterare le maggioranze, dall’altro pone interrogativi in punta di diritto. Silvio Berlusconi, ad esempio, pare tema che la tela per una sua elezione al Quirinale venga inficiata proprio dall’esplosione dei casi di Covid a Montecitorio, come scriveva, ieri sul Corsera, Francesco Verderami, perché è evidente che, con un minor numero di presenti e i quorum che restano fissi, raggiungere ‘quota 505’ è più arduo.
I costituzionalisti pure, dicono la loro, ma si dividono tra chi è convinto che una soluzione vada trovata perché i parlamentari assenti forzati (contagiati, in quarantena o impossibilitati a viaggiare) devono essere messi nelle condizioni di esercitare la loro funzione, e chi ritiene che non possano esserci esenzioni alle regole vigenti.
Il professore Sabino Cassese, ospite di Sabato Anch'io (Rai Radio1) spiega: “Questa (del Presidente della Repubblica, ndr.) è una elezione nel senso proprio della parola. Non è previsto e non è consentito un dibattito precedente. C'è semplicemente un voto da esprimere - prosegue Cassese - Le elezioni politiche nazionali si svolgono in luoghi e momenti diversi, nel corso di uno o due giorni. La caratteristica di questa votazione, quindi, consente che le persone che debbono votare votino non nello stesso luogo fisico, ma ad esempio in luoghi fisici vicini, ad esempio a Palazzo Madama. È un mero fatto di svolgimento della votazione. Con gli strumenti tecnici che ci sono oggi è sicuramente possibile”.
In pratica, il costituzionalista Sabino Cassese appoggia la proposta di Stefano Ceccanti, costituzionalista e deputato Pd, di far votare i senatori separatamente a Palazzo Madama per poi scrutinare tutte le schede alla Camera, ma ad oggi pare non se ne farà nulla, nel senso che il ‘voto a distanza’, e non in Aula, ma l’ipotesi la Camera non vuole prenderlo in considerazione.
Di diverso avviso, invece, è il costituzionalista Alfonso Celotto, secondo cui “il voto a distanza non è vietato ma è fortemente inopportuno, non abbiamo precedenti nel voto parlamentare. Nel 2020, in pieno lockdown, ci fu una discussione su questo ma non si arrivò a nulla. Ci sono problemi di privacy e tracciabilità, è soluzione difficile”.
Il tema del quorum e della legittimità del voto
Quanto all'allarme sulle possibili assenze di parlamentari non vaccinati che, a causa dell'entrata in vigore del Super Green Pass sui trasporti, non potranno raggiungere Roma, Celotto ridimensiona il problema: “Per votare serve un numero legale, è importante che ci siano 500 e rotti elettori, l'assenza quindi di 5-10 parlamentari non danneggia in alcun modo il voto. Il problema vero si porrebbe se scoppiasse un cluster in un partito. Se ci fosse un focolaio, con 200 parlamentari coinvolti, allora sì che si potrebbe squilibrare la rappresentanza politica, il pluralismo. A quel punto sarebbe opportuno un rinvio del voto, ma la soglia di reale rappresentatività verrà valutata il 24 gennaio”.
Ma Osvaldo Napoli, esperto e navigato parlamentare ieri azzurro e ora di Coraggio Italia, getta il sasso nello stagno: se il numero dei parlamentari impediti di votare, tra positivi e in quarantena, impedisse di raggiungere il quorum di 505 voti dal quarto scrutinio, andrebbe “rivolto un appello al presidente Mattarella perché rimanga nel suo ufficio” con un “rinvio del voto a data da destinarsi”. In pratica, un regime di prorogatio di Mattarella che, peraltro, garantirebbe la chiusura della legislatura con l'attuale tandem di inquilini al Quirinale e Chigi.
Da questo punto di vista, però, si torna alle parole di Stefano Ceccanti che proprio tale rischio vede: “Sarebbe un problema serissimo perché il mandato di Mattarella scade il 3 febbraio e allora si andrebbe a un regime di prorogatio del presidente attuale o a una supplenza del presidente del Senato, Elisabetta Maria Casellati”. Insomma un bel ginepraio, politico e giuridico.
Certo è che l’impatto sui due quorum (673 voti nei primi tre scrutini, la maggioranza qualificata, e 505 voti dal IV scrutinio in poi, la maggioranza assoluta, calcolati su 1009 Grandi elettori) di più di cento, o duecento, assenti sarebbe devastante. Paradossalmente, un candidato che avesse, nella sua faretra, grandi numeri, cioè una larghissima maggioranza, almeno sulla carta, di partenza (esempio: Draghi), avrebbe vita più facile, nelle prime tre votazioni, di un candidato che punta, dal IV scrutinio in poi, a conquistarsi voto su voto i consensi necessari e spuntarla sul filo di lana (esempio: Berlusconi). In ogni caso, il vulnus democratico sarebbe evidente e drammatico.
Votare al tempo del Covid è un bel problema
Votare un Capo dello Stato, in tempo di Covid, è dunque un maledetto problema, si è capito. E questo a prescindere da tutte le norme igieniche e sanitarie che il collegio dei Questori e il Cts interno della Camera dei Deputati sta prendendo e, la prossima settimana, dovrà ancora prendere.
Del resto, ormai, il ‘generale Omicron’ si sta abbattendo sulla politica italiana e sulle prossime elezioni presidenziali. E’ notizia di ieri che ci sono ben tre ministri contagiati, pur se in via di guarigione (Di Maio, guarito, D’Incà, e Colao, che però non è parlamentare). Una situazione preoccupante su cui l'Ufficio di Presidenza della Camera e il collegio dei Questori ci sta lavorando.
I questori di Camera e Senato – i deputati Gregorio Fontana, Francesco D’Uva, Edmondo Cirielli e i senatori Antonio De Poli, Laura Bottici, Paolo Arrigoni – si riuniranno martedì prossimo, 11 gennaio.
Le misure allo studio del collegio dei Questori
La domanda è se saranno sufficienti le misure prese e allo studio: ingresso a Montecitorio solo con mascherina Ffp2, tampone o Green Pass; voto con lo scaglionamento dei parlamentari (voto per fascia oraria e in ordine alfabetico); aumento del numero dei ‘catafalchi’ cioè le cabine con cui si vota, togliendo le tendine in tessuto damascato che abbelliscono i catafalchi.
Tra le misure già prese, c’è, appunto, il voto con un solo scrutinio al giorno, in luogo dei due canonici, per permettere la sanificazione dell’aula ogni tre ore, nuova chiusura del Transatlantico, l’obbligo di mascherina Ffp2 per tutti, il voto per fasce orarie per impedire che vi siano più di cento Grandi elettori alla volta presenti in Aula, Green Pass obbligatorio, la misurazione della temperatura e tamponi come se piovessero a tutti coloro che entrano senza Super Green Pass.
Potrebbero essere previsti, infatti, tamponi per tutti, per accedere a Montecitorio, anche per i vaccinati con super Green Pass, ora non ancora richiesto per recarsi nelle aule parlamentari.
Tra le misure ancora da prendere, l’installazione di quattro, e non uno solo, ‘catafalchi’ per votare (le cabine elettorali dove il Grande elettore scrive il nome del suo candidato), sostituzione delle – eleganti e damascate – tendine di feltro con altre composte da materiale più facilmente sanificabile e semi-copertura del cortile d’onore (il solo posto dove, ormai, a Montecitorio si può fumare), specie se il Transatlantico sarà ancora interdetto al passaggio, più che dei parlamentari, di tutti gli altri che si affollano quando si vota un Presidente (cronisti, operatori radio e tv, funzionari, portaborse, addetti vari, etc. etc. etc).
“Il convitato Omicron è così incombente che non si può escludere nulla, neppure che occorrano altre misure”, dice angosciato il questore De Poli.