Gas, via libera al conto K. Ma pagheremo in euro. Cessato pericolo su rifornimenti e nuova stangata
Nel fine settimana è arrivato il parere dei legali della Commissione chiamati a decidere se e in quale momento il doppio conto in euro e in rubli richiesto da Putin può violare le stesse sanzioni imposte dall’Europa. Restano ancora alcuni dubbi

La chiusura dei rubinetti dovrebbe essere scongiurata. Il conseguente impazzimento delle bollette anche. Anzi, dovremmo andare verso una stabilizzazione dei prezzi. Al ribasso. Bruxelles ha infatti sciolto il rebus del pagamento del gas russo secondo le modalità richieste dall’ultimo decreto di Putin, ovverosia il doppio conto corrente uno in euro (o dollari) e l’altro in rubli, e ha garantito che tutto questo non comporta alcuna violazione delle sanzioni. Non tutti i dubbi sono stati in realtà risolti. Tutto questo significa che tra oggi e domani potremo pagare regolarmente Gazprom. Tutte le nostre scadenze sulle forniture di gas infatti cadono intorno alla metà di maggio
In zona Cesarini
Il comitato di saggi e legali ha impiegato quasi un mese - è stato incaricato ai primi di aprile - per valutare e decidere. Lo ha fatto in zona Cesarini, a pochi giorni dalle nuove scadenze sui pagamenti del gas a Mosca. Nei fatti è un via libera per le aziende europee di procedere assecondando le richieste del Cremlino pur senza violare le sanzioni. Il divieto di pagare in rubli resta. Succede che le società, una volta versata la somma in euro o in dollari, con una dichiarazione pubblica potranno considerare rispettati i loro obblighi contrattuali con Mosca. A quel punto, la conversione in rubli è un passaggio che riguarderà soltanto la Russia. E al quale Bruxelles - e tutte le aziende europee che acquistano gas dalla Russia per rivenderlo nei rispettivi paesi - si ritiene estranea. Non hanno voluto seguire questa procedura Polonia e Bulgaria i cui pagamenti erano in scadenza a fine aprile. Mosca ha tagliato le forniture 24 ore dopo la scadenza. A metà maggio sarebbe toccato a molti altri paesi europei, tra cui l’Italia. Draghi ha sempre fatto appello a Bruxelles perchè scrivesse un parere e una interpretazione chiara e autentica sul dà farsi. Nel frattempo una decina di aziende europee, tra cui Eni, si erano portate avanti e hanno predisposto l’apertura del conto anche in rubli. Confidando nel via libera dei legali. E per evitare sorprese dell’ultimo minuto.
Il decreto di Putin
Il rebus, di non facile soluzione, era nato il 31 marzo scorso quando il Cremlino ha varato un decreto che obbligava le aziende europee ad aprire due conti per acquistare il gas: uno in euro e uno in rubli. Decretando l'adempimento dei patti solo una volta che il versamento fosse stato convertito in moneta nazionale. L'ordinanza però non precisava la tempistica per il cambio di valuta e coinvolgeva direttamente la Banca centrale russa, colpita dalle sanzioni dell'Occidente. Tutti elementi che, secondo gli esperti Ue, si traducevano in un'elusione delle sanzioni.
In queste settimane Bruxelles ha messo nero su bianco che i pagamenti potevano essere eseguiti esclusivamente in euro o in dollari così come prevedono tra l’altro i contratti stipulati con Gazprom. I primi pareri non facevano riferimento ai rubli e sl secondo passaggio previsto dal decreto Putin: una volta pagare le forniture in euro sul conto corrente in euro, chi deve fare la conversione a Mosca nel conto corrente in rubli?
Un approccio che a diversi Stati membri non è bastato: in tanti, Italia inclusa, hanno chiesto maggiore chiarezza. Nessuno voleva correre il rischio del paradosso di aggirare le sanzioni imposte a Mosca.
Spiragli
Qualche spiraglio nelle ultime due settimane era arrivato. A cominciare dal ministro degli Esteri Lavrov che nella famosa intervista a Rete 4 disse che “non ci sarà alcun taglio di forniture per l’Italia”.
Un altro spiraglio è arrivato nel weekend scorso direttamente da Gazprom che, in una lettera inviata ai clienti, ha assicurato che i versamenti possono essere completati in euro e ha dichiarato l'estraneità della Banca centrale russa al cambio di valuta, escludendo quindi un ruolo diretto dell'Istituto centrale nel mirino delle sanzioni. Un compromesso che Bruxelles ha colto al volo. Venerdi' sera a palazzo Berlaymont il direttore generale della Dg Energia della Commissione europea, Ditte Juul-Joergense, ha convocato i rappresentanti dei Paesi Ue per illustrare l'aggiornamento delle linee guida pubblicate il 21 aprile. La exit strategy si concretizza di fatto in una dichiarazione che le aziende europee, a pagamento in euro effettuato, sono tenute a pubblicare e che esaurisce gli obblighi verso Mosca.
Restano comunque ombre. E divisioni
Ancora una volta l'esecutivo comunitario non chiarisce se le compagnie possano aprire anche il secondo conto in rubli presso GazpromBank non a caso l’unica banca che non è finita sotto la mannaia delle sanzioni. Una zona grigia evidenziata anche dal premier Mario Draghi che giovedì scorso a Washington aveva indicato come non vi sia un divieto ufficiale Ue di pagare in rubli e che molti, tra cui Berlino, lo avessero già fatto.
La controversia sul gas però continua a spaccare i Ventisette. Italia, Germania, Francia e Ungheria intendono proseguire su questa via, anche perchè GazpromBank non è tra gli istituti sanzionati dall'Ue. Ma c’è chi - come Polonia, Baltici e Olanda - si oppone alla discrezionalità e pretende regole più rigide, appellandosi alle ripetute dichiarazioni nette della stessa presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: “Pagare in rubli viola le sanzioni”. Infatti le aziende pagano in euro. La conversione in rubli non è più cosa che le riguarda.
Oggi una nuova riunione
La questione tornerà sul tavolo degli ambasciatori europei mercoledì. Nel frattempo, c'è da sciogliere anche il nodo sull'embargo al petrolio russo. Oggi i ministri degli Esteri si confronteranno a Bruxelles. “Discuteremo del sesto pacchetto sanzioni e del petrolio ma la nostra priorità, come Italia è il gas e il tetto massimo al prezzo del gas” ha spiegato ieri il ministro Di Maio. Che sembra dare per acquisito e completo il parere legale sul pagamento delle forniture. Il tetto al prezzo del gas è la prossima battaglia su cui concentrare tutte le energie. “E’ una misura che l'Europa deve fare il prima possibile” perchè “rischiamo che i prezzi dell'energia vadano fuori controllo”. Mettere il “tetto” (il cap), vorrebbe dire anche poter fare con una certa tranquillità il riempimento degli stoccaggi (che invece vanno a rilento per via delle continue oscillazioni al rialzo) che sono la garanzia per il funzionamento del Paese nel prossimo inverno. Per il ministro Di Maio “non ci sono timori sulle forniture di gas all’Italia” perché “sulle quantità l'Italia non ha da temere”, ma “noi negoziamo le quantità, non il prezzo” e “serve un regolamento dell'Ue che dica che oltre un certo punto non si può andare perché le famiglie non ce la fanno e s’impoveriscono”. Tenere duro ancora un anno. Almeno. Poi a metà 2023 la conversione energetica - cioè il distacco dalla dipendenza da Mosca - sarà ad un punto tale da poter iniziare a vedere la discesa. Ora in questo primo anno se riusciremo a sostituire 8-9 miliardi dei 29 che importiamo dalla Russia, sarebbe già un miracolo.
La settimana della verità
E poi c’è il fronte politico interno. Inizia oggi una settimana interessante. Con tanti momenti della verità. Sull’invio di armi: giovedì il premier Draghi sarà in Parlamento e si vedrà finalmente dove inizia e dove finisce il bluff di Conte che minaccia la crisi di governo se l’Italia invia nuove armi all’Ucraina che, per l’appunto, sono già state inviate come da mandato parlamentare votato anche dai 5 Stelle. Il momento della verità su Conte passa anche dalla Commissione Esteri del Senato dopo il doppio caso Petrocelli/Ferrara: domattina ci sarà l’elezione del nuovo presidente ( voto segreto). Passerà Ettore Licheri, candidato di Conte, o Simona Nocerino, candidata di Di Maio? C’è una terza ipotesi, che il Movimento perda la presidenza della Commissione. Anche questo sarebbe un guaio per Conte. Non resta che attendere.