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[La polemica] Le gabbie per migranti di Salvini e la pericolosa ignoranza del premier Conte

Insieme a Pio La Torre, a Falcone, Borsellino e a tutti i magistrati e forze di polizia uccisi dalla mafia, Piersanti Mattarella è uno di quei figli di cui la Sicilia e il Mezzogiorno sono orgogliosi. Se il premier Conte dà l’esempio di rimozione di una storia collettiva alle fondamenta della nostra Repubblica, il ministro dell’Interno Matteo Salvini continua nella sua offensiva mediatica contro l’immigrazione

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
Conte e Salvini (Ansa)
Conte e Salvini (Ansa)

Non ha ritenuto neppure di farsi aiutare dal web, da Google per appuntarsi quel nome di battesimo che non conosceva. No, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nella sua replica per il voto di fiducia alla Camera, ieri pomeriggio l’ha chiamato il «congiunto», il parente. Facendo torto a una storia straordinaria di un politico, democristiano, governatore della Regione Siciliana, che era bravo, onesto e impegnato contro la mafia.

Vuoto di memoria

Si chiamava Piersanti Mattarella e fu assassinato dalla mafia il 6 gennaio del 1980, mentre era in auto con la moglie, i due figli e la suocera. Freddato da un killer probabilmente della destra eversiva su mandato di Cosa nostra. Ha impressionato l’opposizione, questo “vuoto di memoria”, tanto che il capogruppo del Pd, Delrio, rivolto verso gli scranni del governo, ha urlato a Conte il nome di “Piersanti”.

Vittime della mafia

Al Presidente Conte deve essere sfuggita anche la presentazione nei programmi informativi televisivi del film su Pippo Fava, il giornalista catanese ucciso da Cosa Nostra. Uno degli autori, anche lui cresciuto nella redazione dei “I Siciliani” di Pippo Fava, Michi Gambino, ha ricordato che dopo quell’assassinio, tra i pochi messaggi di solidarietà giunti alla redazione de “I Siciliani” ci fu anche quello di Piersanti Mattarella.

Immigrati reclusi

Insieme a Pio La Torre e naturalmente a Falcone, Borsellino e a tutti i magistrati e forze di polizia uccisi dalla mafia, Piersanti Mattarella è uno di quei figli di cui la Sicilia e il Mezzogiorno sono orgogliosi.
Se il premier Conte dà l’esempio di rimozione di una storia collettiva alle fondamenta della nostra Repubblica, la mafia e la lotta alla mafia, il ministro dell’Interno Matteo Salvini continua nella sua offensiva mediatica contro l’immigrazione. Adesso, proponendo le gabbie, i centri di permanenza, dove tenere reclusi gli immigrati che dovranno essere espulsi.

Solo campagna elettorale?

Ogni giorno il ministro dell’Interno Matteo Salvini dichiara guerra ai migranti. Speriamo che lo faccia solo perché queste sono le ultime ore di una campagna elettorale amministrativa che porterà domenica prossima al rinnovo di 761 amministrazioni comunali (e i sondaggi danno un exploit della Lega di Salvini).
E, dunque, Salvini si prepara a costruire nuovi Centri per il rimpatrio che fino a pochi anni fa le Regioni del Nord si rifiutavano di autorizzare e che oggi, secondo il ministro leghista, non vedono l’ora di realizzarle. «Saranno centri chiusi - ha spiegato il ministro - affinché la gente non vada a spasso per le città». Come bestie, chiusi nelle gabbie che il rancore e il razzismo vogliono costruire. Sono davvero questi i sentimenti della maggioranza degli elettori di questa maggioranza?

Liste d’attesa e rimpatri

Gran parte dei migranti che arrivano in Italia vengono identificati negli hotspot, e poi trasferiti nei Centri di accoglienza e nelle strutture che ospitano i richiedenti asilo. E sono quasi duecentomila. Chi non ha diritto alla protezione umanitaria viene messo nella lista di attesa dei rimpatri se l’Italia ha sottoscritto accordi di riammissione con i paesi d’origine. E a essere onesti, sono pochi gli accordi in vigore perché nel frattempo, in questi anni, gran parte dei paesi di provenienza di migranti hanno vissuto rivoluzioni e terrorismo islamico.
L’Europa per cui tifa Salvini e la sua maggioranza sembra orientata a erigere nuovi muri anti immigrati. Noi speravamo nella solidarietà europea, nella rinegoziazione del Trattato di Dublino. Ma tutto ė saltato.

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
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