Il futuro di Forza Italia, a oggi, è imprevedibile
Forse ci sarà un ‘garante’ (Letta), di certo una guerra tra correnti, forse anche un nuovo simbolo

Il momento che tutti, dentro Forza Italia, temevano è arrivato. Prima ancora delle ipotesi di ‘successione’, che pure vi sono, ovviamente, è ancora – e così sarà a lungo, fino ai funerali e oltre – il momento della ‘commozione’. E, certo, del rimpianto per quello che Silvio Berlusconi avrebbe potuto ancora fare, per il suo partito. Solo sabato scorso, prima dell’ultimo ricovero, quello fatale, avrebbe dovuto riunione ad Arcore i ministri e i big azzurri per l’ennesimo rilancio della sua prima, indimenticabile, creatura, quella Forza Italia che, dopo la lunga parentesi del Pdl, era tornata a chiamarsi con il nome primigenio.
Il big bang del dolore, si diceva, è in continua espansione: l'addio a Silvio Berlusconi infiamma di dolore e di rispetto la politica e le istituzioni, comprese le reazioni di leader internazionali. Davanti al San Raffaele il "popolo di Silvio", come viene definita la folla, ha già iniziato la veglia funebre che culminerà con i solenni funerali di Stato dell'ex Presidente del Consiglio e attuale Senatore della Repubblica, che saranno celebrati nel Duomo di Milano. Ma la domanda resta: e ora? si chiedono tutti, senza però volere esternare prematuramente e inopportunamente come poter immaginare la politica e soprattutto Forza Italia senza Berlusconi. Se l'asse ereditario, rappresentato dai cinque figli, Marina, Piersilvio, Barbara, Eleonora e Lugi (più, probabilmente, ma da verificare anche l'ultima compagna, Marta Fascina) è, nei fatti, già definito, l'eredità politica consistente nella leadership di Forza Italia è ancora tutto da verificare. E se la figlia Marina valorizzerà l'esperienza e rilancerà il brand di Silvio Berlusconi, sul piano prettamente politico si prospetta invece una reggenza di garanzia in attesa che vengano definiti gli equilibri all'interno di Forza Italia. Un partito che pure conta cinque Ministri, 44 deputati, 18 senatori e diversi Presidenti di Regione, fra i quali Schifani in Sicilia, Occhiuto in Calabria e Cirio in Piemonte. Fra i vari nomi che stanno circolando per la figura del ‘garante’, assieme a quello dell'attuale Vice Premier e vice Presidente del Partito, Antonio Tajani, spicca quello di Gianni Letta, storico braccio destro del Cavaliere a Palazzo Chigi.
Già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio in tutti i Governi Berlusconi, Gianni Letta è per credibilità ed esperienza il baricentro di Fi fra le tendenze leghiste, che fanno capo alla capogruppo al Senato Licia Ronzulli e all'ex Capogruppo alla Camera Alessandro Cattaneo, e quelle prevalenti verso Fratelli d'Italia di Tajani. In attesa di una inedita verifica congressuale, la gestione politica governativa e amministrativa affidata al garante consentirebbe di traghettare Forza Italia e l'eredità berlusconiana fino all'approdo nelle liste per le europee del giugno 2024. Elezioni alle quali gli esponenti di Forza Italia si presenteranno sull'onda lunga del patrimonio politico di Silvio Berlusconi, la cui una profonda impronta non potrà essere ignorata. Una sorta di miracolo annunciato – così sperano – o di disastro conclamato, se – come è possibile – di qui a un anno la sua eredità, politica e morale, presso l’opinione pubblica, sarà stata già rimossa.
Certo è che, se non si è mai preparati alla morte di un padre, nemmeno quando si è ormai fatto pace con l'idea che sia solo una questione di tempo, non c'è nessuna comunità politica più di Forza Italia, così imprescindibile dal suo leader, che abbia più diritto, oggi, di sentirsi orfana. La morte di Silvio Berlusconi è quella di un sovrano assoluto, che lascia il suo partito-regno volutamente senza eredi perché a nessuno dei potenziali prìncipi che in passato si sono affacciati all'orizzonte, alla fine, è stato mai consentito di superare il test del ‘quid’ che abbatté, tanto per dirne di alcuni, non solo Alfano ma anche, negli anni, Scajola, Verdini, pure Fini. Alla commozione seguita alla notizia della morte, tra parlamentari e dirigenti, si mescola perciò il grande interrogativo su cosa accadrà in futuro, se sarà possibile ancora mantenere quel tesoretto di voti pur lontano dai fasti della doppia cifra di un tempo. E' questione che non lascia affatto indifferente nemmeno Giorgia Meloni, perché di fatto Forza Italia è diventata negli ultimi mesi il partito-cuscinetto tra Lega e Fdi, una sorta di ammortizzatore nella competizione tra la presidente del Consiglio e Matteo Salvini. Per questo, viene raccontato da autorevoli fonti di maggioranza, già nella fase del precedente ricovero di Berlusconi durato 45 giorni, si sono poste le basi per quello che accadrà da domani in poi. L'orizzonte per tutti è quello delle Europee, Giorgia Meloni da mesi coltiva il progetto di un'alleanza a Bruxelles tra i Conservatori, di cui è presidente, e il Partito popolare europeo, che a Roma è appunto rappresentato da Forza Italia.
Antonio Tajani è in questo disegno il gancio diretto con l'Europa ma anche naturalmente destinato a prendere in questo momento in mano le redini del partito. Non solo è il coordinatore di Fi, ma anche vice-premier e capo delegazione al governo: in pratica il primo collegamento tra partito azzurro ed Esecutivo, quindi maggioranza. E la stabilità della premier a Palazzo Chigi è anche interesse dei figli di Berlusconi, poco sensibili alle sorti di Forza Italia e molto di più al benessere delle aziende. Per questo, viene raccontato, si sarebbe da tempo aperto un canale diretto tra Meloni e Marina Berlusconi. Proprio a questo rapporto diretto si legherebbe la svolta 'governista' che Forza Italia ha subito a fine marzo, quando Berlusconi ha silurato il capogruppo alla Camera, Alessandro Cattaneo, e Licia Ronzulli dal coordinamento della Lombardia per piazzare rispettivamente Paolo Barelli e Alessandro Sorte, l'uno uomo di fiducia di Tajani, l'altro di Marta Fascina. Già, Marta Fascina. La quasi moglie che gli è rimasta accanto fino all'ultimo secondo, ha nei mesi più recenti acquistato sempre più influenza nelle decisioni di Berlusconi sul futuro del partito, anche perché tra le pochissime persone ammesse al suo cospetto. Ci sarebbe lei dietro le ultime riorganizzazioni interne decise dal Cavaliere e, soprattutto, dietro quelle che - si racconta - stava per prendere. Come la divisione della struttura in tre aeree, da affidare a suoi uomini di fiducia. C'è chi giura che la mira finale fosse quella di collocare un suo fedelissimo addirittura al coordinamento, al posto di Tajani. Un progetto, se vero, che ormai è rimasto e resterà sulla carta.
Per l'attuale vice-premier adesso l'obiettivo deve essere quello di evitare il 'tana liberi tutti', almeno fino alle Europee. Perché finora ci si poteva trincerare dietro il 'siamo tutti berlusconiani', ma ora ognuno penserà per sé. Per questo, spiegano alcune fonti azzurre, difficilmente ci si può aspettare che Tajani provochi ulteriori scossoni, magari andando a penalizzare i 'ronzulliani', già ridimensionati due mesi e mezzo fa. E' anche una questione di numeri e quelli del Senato, dove quell'ala del partito è piuttosto consistente, non concedono troppi margini al governo. Insomma, l'obiettivo è quello di provare a tenere la situazione 'congelata' per almeno dieci mesi, poi si capirà dove potrà confluire quell'eredità, se ci sarà solo un travaso di elettori altrove o se nascerà un più grande partito del centrodestra. Per quanto riguarda, invece, le dichiarazioni di dirigenti di peso azzurri, vecchi e nuovi, al netto del fatto che, ieri, è stato il momento del cordoglio e non certo quello dell’analisi, alcune fanno già capire la partita che sta per aprirsi.
“Da oggi Forza Italia non esiste più" dice Gianfranco Micciché, che grazie a Marcello Dell'Utri fin da giovane è entrato in Fininvest e poi è stato tra i pionieri del partito. Uno che va giù dritto al punto. Forza Italia senza Silvio Berlusconi da oggi difficilmente esisterà ancora è il timore di molti. Il fondatore, del resto, alle precedenti Europee, quando il partito era dato per scomparso ha sfiorato comunque il dieci per cento dopo l'ennesima discesa in campo. Adesso senza di lui tutti gli esponenti forzisti dovranno navigare in mare aperto: ognuno per una direzione che ha già in parte si è fatta vedere con la nascita di diverse micro correnti tra gli azzurri in questi mesi. Quella legata alla sua compagna, Marta Fascina, formata dai giovani amici della first lady, Tullio Ferrante e Alessandro Sorte, che hanno un rapporto solido con chi ha guidato Berlusconi nelle ultime uscite e scelte. Il simbolo è quel che può ancora valere in Forza Italia, partito che per il resto ha solo debiti e viveva da tempo delle donazioni di tutti gli esponenti della famiglia Berlusconi. Famiglia che, sembra, di continuare a sostenere il partito non ne vuol sapere.
Altra corrente è quella dei governisti, cioè i forzisti più vicini a Giorgia Meloni o già organici al cerchio meloniano: il ministro degli Esteri Antonio Tajani e i suoi due fedelissimi, Paolo Barelli e Fulvio Martusciello. Il ministro forzista sta lavorando in Europa per conto di Meloni per costruire l'asse tra conservatori e popolari in vista del rinnovo dell'europarlamento previsto il prossimo anno. Tajani a inizio anno sembrava essere entrato nel mirino di Fascina, ma ooi, con le arti della diplomazia, Tajani è rientrato nel giro e nel mirino sono rimasti Alessandro Cattaneo, tolto da capogruppo, e Licia Ronzulli.
C'è poi l'area di chi ha cercato di non appiattire il partito su Meloni, che negli ultimi mesi è stata messa da parte e che è composta dal vicepresidente della Camera Giorgio Mulé, dall'ex capogruppo (appunto ex) Alessandro Cattaneo e dalla capogruppo in Senato e fedelissima di Berlusconi fin dagli anni delle polemiche per le cene eleganti, Licia Ronzulli. Nella galassia azzurra ci sono poi i governatori, che si muovono in ordine sparso: dal presidente della Sicilia, Renato Schifani, al collega della Calabria Roberto Occhiuto, passando per il governatore del Piemonte Alberto Cirio, del Molise Donato Toma e Basilicata Vito Bardi.
Cosa faranno adesso tutti i forzisti senza il leader? In Renzi alcuni ripongono le speranze di un futuro azzurro magari rafforzando il Terzo polo con l'ex presidente del Consiglio leader: su questo fronte ci sono alcuni governatori, come Schifani, ma anche la stessa Ronzulli, e importanti ex forziste sono già in questo campo, da Mara Carfagna a Mariastella Gelmini.
Di certo c'è che Meloni su tutti ha bisogno di un partito moderato: e ne ha bisogno non solo per gli equilibri in Parlamento, ma anche per il lavoro che sta portando avanti con Weber in Europa per costruire l'asse conservatori-popolari. Alle prossime elezioni i popolari di Weber rischiano di non avere eurodeputati eletti in Italia se crolla Forza Italia e non si creerà una alternativa: i centristi del centrodestra, da Lorenzo Cesa a Maurizio Lupi, Luigi Brugnaro e Giovanni Toti di Noi Moderati, sperano in una lista unica per le Europee magari ancora con il simbolo di Forza Italia ma che guardi avanti. E anche questo, cioè il possibile ‘nuovo’ nome di FI alle europee sarà un terreno di scontro non facile, non prevedibile ma presto di certo non più rinviabile. Senza il Cavaliere, infatti, anche il nome stesso di FI potrebbe cambiare e diventare qualcos’altro. Certo è che un’era politica si è chiusa per tutti. Per la politica italiana, ma anche per Forza Italia.