"Che ci stiamo a fare nel governo Meloni?". Il mal di pancia di Forza Italia, un disagio che va a esplodere
In uno scenario politico sempre più polarizzato ed estremo, e con il campo largo che fatica, la truppa di Tajani comincia a scalpitare impaziente
«Ma cosa ci stiamo a fare noi al governo?», si domandano da qualche ora le truppe di Forza Italia. L’anima centrista dell’esecutivo Meloni ribolle. I distinguo investono diversi dossier. Ultimo in ordine di sequenza il decreto carceri, a cui hanno dato sì il via libera gli azzurri tra mal di pancia e minacce di voto contrario. Insomma, grande caos nella maggioranza. Sia come sia, nessuno nel palazzo oggi scommette su uno strappo modello Gianfranco Fini. Non ci sarà il «che fai, mi cacci?», espressione ormai cult della seconda Repubblica.
Non appartiene alla storia di Forza Italia tradire gli alleati. Il centrodestra - così come lo conosciamo oggi - è nato da un'intuizione di Silvio Berlusconi dopo la fine della Repubblica dei partiti. E tale resterà. Non ci sarà mai dunque una tradimento. Più che altro si parla a bassa voce di una riflessione che è iniziata da quelle parti. Antonio Tajani è vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, ha un ottimo rapporto con Giorgia Meloni, gode della stima del Capo dello Stato Sergio Mattarella, ma è evidente che qualcosa sia successo nelle ultime settimane.
Il tema è: Forza Italia può restare in un governo di destra-centro e non incidere sull’azione dell’esecutivo? Dibattito aperto nel Transatlantico di Montecitorio. I parlamentari più vicini ad Antonio Tajani sono convinti che il vicepremier e segretario del partito stia facendo tutto il possibile e che i risultati delle elezioni europee dimostrano che è premiante la postura degli azzurri. Gli avversari interni di Tajani sono invece convinti che tutto questo non sia sufficiente e che sia necessario aprire una riflessione interna alla coalizione di governo mettendo una serie di puntini sulle i. Risultato finale? Discussione accesa dalle parti degli azzurri con una serie di scontenti che escono allo scoperto con maggiore frequenza.
Il decreto carceri ha fatto esplodere la bottiglia. Forza Italia non ne può più di accettare qualsiasi cosa arrivi dall’esecutivo. «Non riusciamo a portare a casa niente» lamentano i membri azzurri in commissione Giustizia. Un malessere che è diffuso e viene messo nero su bianco in un’intervista al Foglio dal vicepresidente della Camera, Giorgio Mulè: «È ora di uscire da questa discarica giustizialista. Se il problema del sovraffollamento carcerario non riusciamo a risolverlo, allora che ci stiamo a fare al governo?».
E ancora, sempre Mulè: «In Italia circa il 20 per cento dei detenuti è ancora in attesa di un giudizio di primo grado. In migliaia soffrono le pene dell’inferno e saranno poi giudicati innocenti. Lega e Fratelli d’Italia hanno sensibilità diverse, va bene, ma noi come Fi abbiamo l’obbligo di invitarli a ragionare». I malumori attraversano tutto il partito fondato da Silvio Berlusconi. Cristina Rossello, coordinatrice cittadina azzurra di Milano, osserva: «Alla grave situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari si risponde anche con l'istituzione del commissario straordinario per l'edilizia penitenziaria con tempi d'azione precisi e rapidi. Una figura che potrà essere particolarmente interessante e in linea con il programma da sempre propugnato da Forza Italia per Milano. La strada è lunga e non è questo certamente un percorso esaustivo, come ben chiarito dal segretario nazionale Antonio Tajani, che ha organizzato un mese di incontri e presenze delle rappresentanze politiche territoriali di FI nei singoli penitenziari».
E sempre Rossello fa sapere che «ci siamo divisi i compiti: alcuni colleghi in visita in carcere e altri di noi in Aula a lavorare sulla legislazione. In parallelo il governo sta lavorando a ulteriori soluzioni a breve e medio termine per il sovraffollamento carcerario. Anche il presidente della Repubblica, che ha sempre manifestato grande attenzione al riguardo, seguirà con attenzione gli sviluppi di questo piano d’azione». Le perplessità del gruppo di Forza Italia riguardano anche altri dossier. Flavio Tosi, europarlamentare di Forza Italia, si dice ad esempio perplesso sull'emendamento al ddl Sicurezza, che mette una stretta al settore della canapa industriale, vietando la coltivazione e la vendita della cannabis light. «Io sono un liberale - spiega Tosi - , attenzione liberale, non libertario, significa che ai divieti assoluti preferisco sempre le posizioni di buon senso e pragmatiche che tengono conto di una visione complessiva e dei pro e contro di qualsiasi misura. Il tema è complesso, la comunità scientifica esprime posizioni ancora contrastanti, perciò giusto discuterne, sono però convinto che vietare tout court non sia la soluzione».
Anche perché, continua Tosi, «va detto chiaramente che non stiamo parlando di venditori di droga - sottolinea -, o spacciatori, quelli sono per strada e vanno contrastati duramente. Da sindaco sono sempre stato in prima linea nelle azioni contro lo spaccio. In questo caso però siamo di fronte a imprenditori che hanno investito dei soldi e creato un indotto che genera anche decine di migliaia di posti di lavoro». È intervenuta sul tema anche Paola Boscaini, deputata di Forza Italia, che dice: «Credo che prima di chiudere 21 mila attività bisogna pensarci».
Tutto questo fotografa un partito che riflette sia sui rapporti con il governo sia internamente sul futuro. Non è dato sapere come andrà a finire. Certo è che il partito azzurro oggi non ha un disegno alternativo all’esecutivo di centrodestra. Eppure la politica ci insegna che queste cosa non si programmano e possono presentarsi da un momento all'altro. Pesano di sicuro i posizionamenti in Europa dove Un partito Fi collocata in maggioranza e il cui leader, Tajani, è uno dei punti di riferimento dei popolari. Non a caso gli azzurri auspicavano che Meloni votasse Ursula von der Leyen. D'ora in avanti avranno dunque un solo obiettivo: far riflettere Lega e Fratelli d’Italia. Se possibile, fargli cambiare indirizzo in Italia e in Europa. Ecco perché Meloni non dovrebbe sottovalutare questi segnali che arrivano dalla casa azzurra. Certo, oggi non ci sono le condizioni per rompere. La storia degli azzurri dice così. E lo dice dal 1994. Domani chissà.