FdI calamita irresistibile per gli ex grillini: sono già 6 quelli passati con la Meloni
Fra tutti i fuorusciti dal MoVimento della scorsa legislatura, solo in tre sono tornati in Parlamento o all’Europarlamento, tutti nel centrodestra, mentre fra tutti quelli andati nel centrosinistra o in vari movimenti sovranisti non se ne è salvato mezzo
Qual è l’irresistibile attrazione che spinge ex del MoVimento Cinque Stelle ad aderire a Fratelli d’Italia? Cos’è che fa rotolare sempre più ex pentastellati fra le braccia di Giorgia Meloni? Partiamo dalle motivazioni più prosaiche: fra tutti i fuorusciti dal MoVimento della scorsa legislatura, solo in tre sono tornati in Parlamento o all’Europarlamento, tutti nel centrodestra, mentre fra tutti quelli andati nel centrosinistra o in vari movimenti sovranisti non se ne è salvato mezzo.
Le motivazioni
Per la cronaca erano Walter Rizzetto, tornato a Montecitorio proprio in Fratelli d’Italia, Vincenza Labriola, rieletta in Forza Italia, sempre alla Camera, e Marco Zanni, eletto nuovamente (e vale di più perché a Strasburgo e Bruxelles ci sono le preferenze) nella Lega all’Europarlamento dove è capogruppo di Identità e Democrazia e lavora in tandem con il capodelegazione italiano Marco Campomenosi, Dioniso e Apollo, praticamente.
Seconda motivazione di quelle meno nobili: Fratelli d’Italia è data da tutti i sondaggi in forte crescita e quindi gli attuali 34 deputati e 19 senatori sono molto sottostimati rispetto a quello che ci si aspetta nelle prossime elezioni e c’è molto spazio per nuovi ingressi nel partito e nei gruppi.
Poi, però, ci sono anche motivazioni molto più politiche, a partire dal fatto che – effettivamente – nella loro composizione, oltre che nel loro elettorato, i parlamentari pentastellati sono trasversalissimi e quindi comprendono anche una larga base di destra-destra.
E, soprattutto, ultimamente, il fatto di essersi posto all’opposizione del governo Draghi da parte del partito di Giorgia Meloni funziona da calamita per gli ex pentastellati che erano anime perse nel gruppo Misto.
Casa preferita
Insomma, un po’ per tutti questi motivi, ultimamente Fratelli d’Italia è diventata una delle case preferite degli ex del MoVimento: il primo, a Montecitorio, come detto è stato Walter Rizzetto, eletto nei Cinque Stelle nella scorsa legislatura, rimasto un po’ nel Misto, fondatore di un gruppo di ex pentastellati che si è battezzato Alternativa Libera, uscito dal suo gruppo nel momento in cui era scivolato troppo a sinistra alleandosi con Possibile di Pippo Civati, tornato nel Misto e infine approdato a Fratelli d’Italia, dove è stato rieletto in questa legislatura, sempre in Friuli-Venezia Giulia, sul proporzionale.
In questa legislatura, invece, alla Camera, il primo ad arrivare è stato Salvatore Caiata, il nome più noto delle liste del MoVimento in Basilicata, presidente del Potenza Calcio che non venne ammesso nel gruppo pentastellato per non aver reso nota un’inchiesta su di lui per riciclaggio, inchiesta poi archiviata.
Caiata, eletto nel collegio uninominale di Potenza, imprenditore e laureato in scienze economiche, era uno dei fiori all’occhiello voluto nei collegi uninominali da Luigi Di Maio.
Inizialmente andò nel Misto-Misto, poi con gli altri espulsi dal MoVimento prima ancora che iniziasse la legislatura, fondò una componente che metteva insieme un italiano eletto all’estero del MAIE, il Movimento associativo italiani all’estero e il “suo” logo “Sogno Italia”. Ma il sogno durò poco e Caiata andò in Fratelli d’Italia, dove si trova benissimo, tanto da essere diventato coordinatore del partito in Basilicata, anche se da poche ore è alle prese con un’altra inchiesta su reati di autoriciclaggio che l’ha portato a sospendersi dal ruolo, con la speranza di una nuova archiviazione.
Poi è toccato a Davide Galantino, eletto in Puglia con il MoVimento, militare di truppa con la licenza media, che presto si è segnalato fra i più duri critici dei Cinque Stelle in aula, capace di infiammare Montecitorio fra pro e contro. Anche lui ha fatto immediatamente carriera in Fratelli d’Italia guadagnandosi sul campo il ruolo di delegato d’aula del gruppo alla Camera.
Altri tre in arrivo
Ora, sono in arrivo altri tre neomeloniani, che sono stati presentati in una conferenza stampa nella sede del partito e oggi e nei prossimi giorni vedranno ufficializzata la loro scelta anche in aula.
Due sono a Montecitorio: uno, Massimiliano De Toma, era uscito dal MoVimento per andare nel Misto, è stato eletto sull’uninominale a Roma nel collegio del quartiere Collatino, ha la licenza media anche lui come titolo di studio e fa il commerciante. L’altra è Rachele Silvestri, impiegata e perito industriale, eletta nelle Marche che, come De Toma, era uscita dal MoVimento per andare nel Misto. E, anche quella volta, come oggi, De Toma e Silvestri, avevano scelto lo stesso giorno: il 9 gennaio 2020.
E martedì, quando tornerà a riunirsi il Senato, arriverà anche la prima ex pentastellata di Palazzo Madama in Fratelli d’Italia: Tiziana Carmela Rosaria Drago che anche se ha quattro nomi è una sola.
La senatrice Drago, insegnante di Trecastagni, in provincia di Catania, è stata eletta nel collegio uninominale senatoriale di Acireale ed era uscita dal MoVimento Cinque Stelle per andare nel Misto, chiedendo più volte di portarsi in dote il nome e il simbolo di Alternativa Popolare-Popolo Protagonista, gli eredi del partito di Angelino Alfano che anche alla Camera avevano trovato ex pentastellati a rappresentarlo.
Ma, in verità, nonostante reiterate richieste, la presidenza del Senato e l’ufficio di presidenza non hanno mai concesso il nome e il simbolo alla senatrice Drago che, mentre i suoi colleghi alla Camera firmavano un patto federativo con Cambiamo! di Giovanni Toti, invece non seguiva i quattro senatori totiani. Fino al colpo di scena di ieri e all’adesione a Fratelli d’Italia.
I temi della famiglia
A spingere l’ex pentastellata verso il partito di Giorgia Meloni è stata soprattutto la sua attenzione ai temi delle famiglie tradizionali, che l’aveva spinta addirittura a partecipare, unica del MoVimento, al convegno di Verona del Family day, a fianco di molti cattolici tradizionalisti e con l’ostracismo del resto del suo partito.
E proprio la famiglia era stata al centro dell’intervento della senatrice Drago nell’ultima fiducia al Senato sul governo Conte bis (quella del Var di Ciampolillo, per intenderci), con tanto di riferimento al tema del presidente del Consiglio nella sua replica e citazione personalizzata, non sufficiente però a portare la senatrice, data fra gli incerti, a favore del governo giallorosso.
Il governo Draghi
E anche sul governo Draghi, la senatrice siciliana ex pentastellata era stata protagonista di un colpo di scena: data fra i favorevoli, alla fine si era astenuta, anche stavolta intervenendo in aula “in dissenso dal suo gruppo” che era il Misto e quindi ovviamente il dissenso era meramente una formula tecnica, e spiegando che la famiglia avrebbe dovuto avere più spazio nel programma del nuovo esecutivo. Insomma, niente Drago per Draghi. Per Giorgia, da ieri, però sì.