Manovra: ecco quali sono le tasse più evase e quanto valgono. Le professioni nel mirino del fisco
Secondo il Def, il Documento di economia e finanza 2019 servono poco meno di 7 miliardi di euro e vanno reperiti non con nuove tasse ma aumentando il gettito di quelle esistenti contrastando evasioni e frodi. Avvocati, gioiellieri, idraulici, albergatori nel mirino

Dal governo dei condoni alla caccia all’evasore. Insieme al rapporto con l’Europa, è la politica fiscale – o, più esattamente, il suo spirito – l’altra grande svolta dal governo gialloverde al governo giallorosso, ora ufficialmente sancita nei documenti di bilancio. Da Palazzo Chigi, dal ministero del Tesoro, dai vertici dei partiti escono dichiarazioni che si preoccupano di persuadere e rasserenare: né inseguimenti strada per strada, né esecuzioni sommarie, manette solo simboliche. Piuttosto, incentivi, allettamenti, percorsi obbligati, meno scappatoie con il contante, fine della complicità degli utenti, spiega il Def, il Documento di economia e finanza 2019. Ma dai numeri non si scappa. A chiudere il cerchio della manovra 2020, servono poco meno di 7 miliardi di euro (lo 0,4 per cento del Pil) da reperire senza nuove tasse, ma – specifica il Def - aumentando il gettito di quelle esistenti, grazie a “nuove misure di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali”. E chi deve aumentare il gettito, ovvero tirar fuori quei 7 miliardi? Avvocati, gioiellieri, idraulici, albergatori, industriali. E’ la logica implacabile di qualsiasi lotta all’evasione: dall’Irpef, all’Iva, infatti, a evadere è quasi esclusivamente il lavoro autonomo e d’impresa.
L'evasione supera i 109 miliardi di euro l'anno
Lo spiega, con dovizia di dati, il Rapporto sull’evasione allegato allo stesso Def. Nella media del triennio 2014-2016 (per cui esistono dati definivi) l’evasione ha superato i 109 miliardi di euro l’anno. Tolti i contributi sociali non pagati, di tasse evase vere e proprie restano 98 miliardi di euro sottratti al fisco. Di questi, ben 84 miliardi vanno ricondotti a autonomi e imprenditori, impegnati ad evadere Irpef, Iva, Ires, Irap e le imposte che li riguardano: ovvero, su 100 euro di tasse evase, 85 le hanno fatte sparire idraulici, gioiellieri, industriali. In questa mappa, i lavoratori dipendenti, che sono tre volte più numerosi degli autonomi, sono solo una nicchia, presente, per così dire, per interposta persona. Ammonta, infatti, a 5,5 miliardi di euro l’Irpef evasa dai dipendenti “non in regola” e che, quasi sempre, preferirebbero esserlo e pagare le tasse. Le ispezioni condotte nel 2018 ne hanno scoperti circa 160 mila, di cui oltre 40 mila completamente in nero.
L'Iva è l'imposta più evasa in assoluto
L’imposta più evasa in assoluto, in realtà, è l’Iva: nel 2017, il gettito che, sulla base dell’attività economica, sarebbe dovuto entrare nelle casse dello Stato e manca, invece, all’appello, ha superato i 37 miliardi di euro. Secondo più di un esperto, le dimensioni del buco sono dovute soprattutto ai grandi contribuenti, piuttosto che allo spolverio di piccoli studi professionali o artigianali. Lo stesso ragionamento vale per tasse sulle società, come l’Ires (dove l’evasione 2017 supera gli 8 miliardi di euro) e l’Irap (5,5 miliardi di euro). Ma la puntualizzazione non vale per l’Irpef, specificamente destinata alle persone fisiche. Nel 2017, il tax gap (ovvero i soldi che mancano all’appello, rispetto al gettito coerente con lo sviluppo dell’economia) nell’Irpef versata dagli autonomi ha superato i 32 miliardi di euro. Più o meno – per avere un termine di paragone – il 2 per cento del Pil, cioè il deficit di bilancio che speriamo l’Europa ci autorizzi.
Professionisti, commercianti, imprenditori: evasione a livelli stratosferici
Del resto, è questo lo zoccolo duro dell’evasione italiana. Il rapporto sull’evasione, come ogni anno allegato al Def, calcola anche (mettendo a confronto gettito teorico e gettito mancante) la propensione ad evadere. In altre parole, la probabilità che quella tassa non venga pagata. Nel caso dell’Iva, all’appello manca poco più di un quarto del gettito che sarebbe legittimo aspettarsi. Più o meno, il buco nelle entrate ha le stesse dimensioni per l’Ires e per l’Irap. Per l’Imu sulle seconde case e per la Tasi, la tassa sulla spazzatura, siamo sullo stesso livello: manca il 25-26 per cento del gettito dovuto. Sul canone Rai, si evade molto meno: il 10 per cento. E, sugli affitti, siamo sotto l’8 per cento.
Rispetto a questo - comunque allarmante, rispetto al resto d’Europa - tasso di evasione, con l’Irpef, ovvero con le imposte personali di autonomi e imprenditori, siamo a livelli stratosferici, una sorta di bonanza fiscale. La propensione ad evadere calcolata dal Rapporto per il 2017 è pari al 69,6 per cento. In altre parole, ogni anno, su 100 euro di imposta da pagare, professionisti, artigiani, commercianti, imprenditori, se ne tengono 70 e ne versano solo 30.